di Monica Di Sisto

Dopo la presa di posizione del Parlamento irlandese, il Parlamento austriaco ha votato il 18 settembre – con voto compatto di 4 su 5 dei principali gruppi politici – un veto sulla possibilità che il governo sottoscriva l’Accordo di liberalizzazione commerciale tra Europa e i Paesi del Mercosur: Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay.

L’iniziativa non è stata presa dalle forze sovraniste austriache, ma dal Partito Socialdemocratico (Spo). Il deputato Jörg Leichtfried presentando l’atto nell’emiciclo d’oltralpe ha spiegato che “in tempi di crisi climatica, avere più prodotti che attraversano il mare quando possiamo produrli qui in Europa significa prendere la strada assolutamente più sbagliata”. Alla vigilia della Settimana di sciopero globale per il futuro contro i cambiamenti climatici lanciata dalle ragazze e dai ragazzi di Fridays for Future, il Parlamento austriaco ha lanciato, così, un segnale al resto dell’Europa: non è obbligatorio liberare le mani del commercio se ci costa il futuro dei nostri figli.

L’accordo bipartisan per il voto contro l’accordo commerciale è stato sicuramente stimolato dalle elezioni incipienti: ora in Austria vige un governo tecnico e secondo un sondaggio del Krone Zeitung, il 78% degli austriaci voleva che l’accordo venisse fermato. “L’Austria e i cittadini del Mercosur respingono l’accordo”, ha detto la parlamentare del partito conservatore Övp ed ex ministro dell’Ambiente, Elisabeth Köstinger. “Le foreste tropicali del Sud America vengono distrutte dai roghi per fare spazio a della carne di manzo a prezzi stracciati per l’Europa. Come possiamo permetterlo?”.

Purtroppo, invece, in Italia, nonostante da oltre cinque anni l’ampio fronte della Campagna No Ceta – con parlamentari, organizzazioni sociali, sindacali, ambientaliste, dei produttori e comitati locali – denunci i rischi di concorrenza sleale, dumping sociale e ambientale per la sicurezza alimentare, la salute e il clima – cui i trattati di liberalizzazione commerciale dell’Ue come Ceta e Mercosur espongono imprese e cittadini – nessun governo si assume ancora la responsabilità di guardare oltre una valutazione al pallottoliere tra import e export, come ha fatto invece il Parlamento austriaco.

Se si analizza con questa prospettiva il trattato tra Europa e Mercosur, la scelta di sostegno in sordina da parte del governo italiano è particolarmente sorprendente. Questo è il caso in cui, ad esempio, tutte le organizzazioni delle imprese del settore agricolo sono concordi nel chiedere la cancellazione dell’accordo che prevede, secondo i dati diffusi dal principale coordinamento europeo di settore Copa-Cogeca, perdite per oltre 7 miliardi di euro.

Il segretario generale Pekka Pesonen ha rivendicato che la comunità agricola dell’Ue è impegnata per il raggiungimento degli obiettivi dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici: “Vantiamo i più alti standard in termini di sicurezza alimentare, ambiente, salute e benessere degli animali che fanno il successo dei nostri prodotti agroalimentari nel mondo” scrive Pesonen in una lettera aperta alla Commissione europea.

“Sarebbe inconcepibile per qualsiasi produttore dell’Ue tollerare la concorrenza di prodotti che non rispettano le stesse regole, come nel caso del Brasile – specifica il segretario, che alla Commissione rivolge anche su questo tema una domanda secca e puntuale: come si può chiedere agli agricoltori e ai cittadini dell’Ue di investire in tracciabilità, salute e benessere degli animali, ridurre l’uso di antibiotici e astenersi dall’utilizzare determinati metodi e tecnologie di produzione innovativi, mentre un accesso sostanziale al mercato è concesso ad altri che sono in effetti autorizzati a usarli?”.

Il negoziato, durato oltre vent’anni, premia con un successo annunciato il governo di Jair Bolsonaro che, come denunciato in una lettera aperta di oltre 340 organizzazioni europee e dei quattro Paesi del Mercosur, schiera un ministro dell’Ambiente e un ministro degli Affari esteri, entrambi negazionisti dei cambiamenti climatici al punto da abolire i dipartimenti ministeriali competenti. Anche se il Brasile ha firmato l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, si è praticamente liberato della struttura operativa incaricata di implementarlo.

Peraltro il capitolo sullo Sviluppo sostenibile contenuto nel trattato, notevolmente più articolato di quelli previsti in accordi commerciali Ue, prevede riferimenti espliciti al rispetto delle convenzioni ambientali come l’accordo di Parigi sul clima, la Convenzione sulla biodiversità (Cbd), i testi sulla tutela forestale o sulle specie animali, ma non prevede nessun meccanismo sanzionatorio in caso non venissero rispettati gli accordi, anzi lo esclude in modo esplicito.

Se il programma del governo Conte 2 è serio nel voler introdurre un green new deal per il nostro Paese, la lezione austriaca è imperdibile: l’Ue è il secondo maggiore partner commerciale del Brasile, con il 19% di tutta la soia consumata dall’Ue che arriva di là, come il 10% di tutta la carne bovina brasiliana trasformata o consumata in Europa. Soia e carne che sono le principali cause della deforestazione a livello globale, e oggi dei roghi dell’Amazzonia. Fermare il trattato Ue-Mercosur, che ne fa esplodere produzione e commercio, è un atto dovuto per il futuro di tutti.

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