Due guide - pubblicate rispettivamente da Iter Edizioni e da Terre di Mezzo editore - raccontano gli itinerari da Carpegna a Umito, e dei 257 chilometri che si snodano da Fabriano a L'Aquila, toccando gran parte dei comuni colpiti dal sisma
Nuovi itinerari e vecchi eremi. Paesi da scoprire e due percorsi che attraversano, tra arte, cultura e enogastronomia le Marche, da nord a sud. Due percorsi per tutte le “scarpe”, dai camminatori principianti ai più esperti, che regalano una prospettiva diversa della regione, terra di scontri all’epoca del Papato e oggi ancora ferita dal terremoto del 2016. Si tratta dell’Alta via delle Marche, un percorso di 400 chilometri che da Carpegna, in provincia di Pesaro Urbino, arriva fino a Umito, nell’Ascolano, e del Cammino nelle terre mutate, 257 chilometri che da Fabriano scendono fino all’Aquila, toccando gran parte dei comuni colpiti dal sisma, sia quello di tre anni fa che quello del 2009. Due guide uscite nel 2019, pubblicate rispettivamente da Iter Edizioni e da Terre di Mezzo editore, che permettono di immergersi in quei territori ancora poco esplorati. Così tra una tappa e l’altra è possibile scoprire la città sogno di Cosimo de Medici, oppure Elcito, il borgo sospeso tra le nuvole, o ancora vedere (se si è fortunati) il rarissimo Chirocephalus marchesonii, il minuscolo crostaceo che si trova esclusivamente nel Lago di Pilato, sui Monti Sibillini. Un viaggio tra luoghi del silenzio e paesaggi feriti dal sisma anche per conoscere chi ha deciso di restare, con le loro storie simbolo di resistenza e resilienza.
L’alta via delle Marche: un viaggio tra cultura e paesaggio – Seduti attorno al tavolo di un pub. Così due guide escursionistiche, Nicola Pezzotta e Ruben Marucci, ormai quattro anni fa, hanno avuto l’idea della guida marchigiana “A piedi sull’Alta via delle Marche”, edita da Iter edizioni, per far conoscere i luoghi ancora sconosciuti della regione. “Un percorso inedito di 400 chilometri – come spiega a ilfattoquotidiano.it Fabiola Cogliandro che ha partecipato alla stesura – che si snoda da nord a sud, toccando alcune vette ed articolandosi in circa 20mila metri di dislivelli”.
Tanti i parchi che si attraversano a piedi in questi 400 chilometri, percorribili in parte anche in mountain bike. “Dai sassi Simone e Simoncello, al Monte Cucco, fino alla Gola di Frasassi e ai Monti della Laga, le cime toccate sono molte”, specifica Fabiola, per spiegare la scelta del nome, sottolineando che ogni tappa prevede il coinvolgimento di svariate strutture. “Ogni tappa – dice – si caratterizza per l’anima del suo territorio. Per esempio Sassoferrato: ricchissimo dal punto di vista storico artistico ma sconosciuto ai più”. “Un’attenzione particolare, infine, l’abbiamo data agli eremi, come l’abbazia Santa Croce, quella di San Vittore delle Chiuse a Genga, o quella di Sant’Eustachio – racconta ancora Fabiola -. Abbiamo scelto luoghi silenziosi, zone poco battute. Un percorso di sentieri e strade segnate, ma in gran parte dimenticate”. Gli stessi autori, assicura Cogliandro, hanno testato l’itinerario. “Siamo partiti il primo di giugno del 2015 e abbiamo camminato per un mese, a mo’ di staffetta”. Per capire quei luoghi, però, il viaggio bisogna viverlo. Per questo, dopo la guida, il lavoro del team non si ferma qui. “Il prossimo obiettivo è quello di inserire una segnaletica su ogni tappa, valorizzando il percorso ed eventualmente aprendo un sito che promuova il cammino in tutte le Marche, ma non solo”.
Il Cammino nelle terre mutate: “Ascoltare chi vuole ricominciare è già un aiuto concreto” – Quattordici tappe e 250 chilometri per riscoprire quei luoghi feriti, cambiati, un po’ abbandonati a loro stessi, distrutti dal sisma del 2016. È “Il Cammino nelle Terre Mutate” (guida pubblicata da Terre di mezzo editore), “primo itinerario escursionistico solidale in Italia”. Si snoda tra Fabriano e l’Aquila, lungo il sistema di faglie che dal 1997 a oggi ha sconvolto l’Appenino Centrale. La sua storia, racconta uno degli ideatori, presidente del’Associazione Movimento tellurico, Enrico Sgarella, a ilfattoquotidiano.it, inizia già nel 2012. “Avevamo già fatto camminate/eventi per sollecitare la ricostruzione – racconta riferendosi al periodo post terremoto dell’Aquila del 2009 -. E nel 2013 eravamo già passati in quelle zone”.
Tre le associazioni, Movimento tellurico, Federtrek e Ape (Associazione proletari escursionisti), che hanno testato un ipotetico itinerario che scendesse lungo tutta la dorsale. “Mentre lo facevamo nel 2017 abbiamo capito che contribuire a muovere l’economia, entrando in contatto con i territori e ascoltando chi lì decide di voler ricominciare, fosse già un aiuto concreto”. Da qui l’idea di accostare alla descrizione di ogni tappa anche una storia di chi ha deciso di rimanere su quel territorio, facendo conoscere ai camminatori le Terre mutate attraverso le persone e le realtà locali che le stanno facendo rivivere. Due terzi della camminata, sottolinea ancora Sgarella, sono in territorio marchigiano, mentre per un terzo si sfora in Abruzzo.
L’aiuto concreto è soprattutto di tipo economico. “Già nel 2017 – racconta ancora – abbiamo complessivamente creato un indotto di oltre 30mila euro. In alcune tappe eravamo anche in 70”. Il bisogno di dare un alloggio a migliaia di camminatori, infatti, secondo Sgarella, può portare alla riapertura delle strutture già esistenti, o all’apertura di nuove. “Già quest’anno – racconta – ne è stata aperta una a Lagosecco”. Dall’altro lato, è però difficile garantire a tutti un posto per dormire. “È compito della guida far camminare tutti”, anche se, assicura “la lunga marcia prevede la presenza di un pulmino di supporto sempre a disposizione”. Tante le esperienze positive che si possono vivere durante il cammino. “Quest’anno durante il cammino, a Capodacqua (in Abruzzo ndr.) alcuni abitanti ci hanno accolto con una gran festa a pranzo”, e specifica che già qualcuno che faccia sentire le popolazioni meno sole è un traguardo. Da non sottovalutare anche l’esperienza dei camminatori, “che entrano in empatia e si rendono conto con i loro occhi di cosa significhi vivere un’esperienza come quella del terremoto”. Camminando tra le macerie si scoprono così luoghi speciali, “mutati” nel profondo, ma resilienti.