La società a cui la multinazionale degli elettrodomestici sta perfezionando la cessione dello stabilimento nel capoluogo campano esce allo scoperto: "Non siamo fantasmi. Guidare uno stabilimento non è uno scherzo, quindi abbiamo chiesto delle garanzie", dice Rodolphe Schmid al Corriere del Mezzogiorno. E alla domanda sui "soldi veri" da investire per la riconversione, ammette: "Questo è un problema che stiamo affrontando"
La Prs-Passive Refrigeration Solutions SA esiste, produce in Cina, ma non sa ancora se comprerà davvero lo stabilimento Whirlpool di Napoli e, in ogni caso, per l’avvio della nuova fabbrica serviranno almeno due anni e non verranno riassunti tutti i 420 lavoratori impiegati nel sito. La misteriosa società svizzera che ha avviato l’acquisizione del ramo d’azienda della multinazionale di elettrodomestici viene allo scoperto con un’intervista del suo presidente, Rodolphe Schmid, al Corriere del Mezzogiorno. E i contorni della cessione restano nebulosi. Non solo per la pregressa esperienza fallimentare del membro del Cda e amministratore delegato, Alberto Ghiraldi, svelata mercoledì da Ilfattoquotidiano.it.
“Non siamo fantasmi, sono cinque anni che siamo qui e quattro che abbiamo il 30 per cento delle azioni di uno stabilimento in Cina, l’Oak, società con capitale da 30 milioni di euro, con centinaia di dipendenti, che produce container refrigeranti”, sostiene Schmid spiegando che in cambio della licenza del brevetto di Ghiraldi sulla “refrigerazione passiva” la Prs ha ottenuto il 30% delle azioni della compagnia cinese.
“Anni addietro – continua Schmid – proprio in Italia abbiamo costruito due prototipi di container refrigeranti anche per proporre la nostra tecnologia ai grandi gruppi industriali italiani che invece ci hanno snobbato”. Un’esperienza, forse, riconducibili alla Nomos di Ghiraldi che – come raccontato da Ilfattoquotidiano.it – contava 5 dipendenti e ottenne 1,5 milioni di euro di finanziamento da Finlombarda Gestioni SGR attraverso il fondo Next, ma nel 2011 è entrata in liquidazione volontaria. Nel maggio 2017 si è chiuso il fallimento e, ha raccontato l’ad della ‘cassaforte’ della Regione Lombardia, i tentativi di recupero crediti nei confronti dell’attuale amministratore di Prs non sono andati a buon fine.
In ogni caso, spiega Schmid, “ancora non abbiamo firmato alcun acquisto” e “ci dobbiamo pensare bene prima di fare un passo importante” come quello dell’acquisizione di una fabbrica con 400 persone. “Guidare uno stabilimento non è uno scherzo, quindi abbiamo chiesto delle garanzie prima di avere la certezza di venire a Napoli”. Anche perché, annuncia il presidente di Prs, “prima di avviare la produzione sono necessari almeno due anni”. In ogni caso, specifica, il posto di lavoro non sarà garantito a tutti gli attuali occupati: “L’impegno che abbiamo è di mantenere 300 dipendenti”, spiega dallo studio (in condivisione con altre aziende) di corso Elvezia 16 a Lugano.
E alla domanda sui “soldi veri” da investire per la riconversione, Schmid ammette: “Ecco questo è un problema che stiamo affrontando, non abbiamo due milioni di dollari di capitale, ma stiamo verificando la situazione, sono questo che stiamo trattando a fondo, anche perché l’investimento che va fatto sullo stabilimento sarà importante”. Quindi l’affondo sui sindacati: “Devono stare tranquilli, perché il nostro prodotto per l’Italia potrebbe essere stupendo. Se non ci mettono i bastoni tra le ruote possiamo fare un buon lavoro”. Il presidente di Prs sostiene infatti che proprio dai rappresentanti dei lavoratori dipenda la buona riuscita dell’investimento: “Speriamo che ci sia qualcuno che dica ai sindacati e ai lavoratori di stare calmi. Ora non dipende più da noi, ma soprattutto dai sindacati che sono molto forti in Italia come qui in Svizzera”.