I fatti risalgono all'11 ottobre del 2018 quando quindici poliziotti in servizio nella casa di reclusione hanno trasferito in un'altra cella un detenuto di origini tunisine. Qui, secondo il racconto di altri detenuti, sarebbe avvenuto il pestaggio
L’episodio più grave contestato dalla procura di Siena è quello di un detenuto che sarebbe stato picchiato con pugni e calci in un corridoio e poi lasciato svenuto in una cella. Ma non si tratterebbe di un caso isolato. Nel carcere di San Gimignano, stando agli inquirenti, sarebbero avvenute anche altre violenze da parte di alcuni agenti penitenziari, almeno secondo la denuncia presentata da altri detenuti di quello stesso carcere.
Abusi per cui la procura di Siena ha iscritto nel registro degli indagati 15 poliziotti penitenziari contestando loro una serie di reati, a partire da quello di tortura. Quattro di loro sono stati anche interdetti dal servizio su decisione del gip di Siena Valentino Grimaldi (la procura aveva chiesto invece gli arresti domiciliari) e su tutti è stata aperta anche un’inchiesta disciplinare da parte del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Una vicenda che scuote il Corpo della polizia penitenziaria e che fa rumore anche perché, come ricorda l’associazione Antigone, si tratta di una delle prime applicazioni del reato di tortura, introdotto due anni fa, per la prima volta viene contestato a pubblici ufficiali. “Nei casi di tortura l’accertamento della verità è una corsa contro il tempo. Una corsa che – sottolinea in una nota Patrizio Gonnella, presidente di Antigone- deve essere facilitata dalle istituzioni. Una corsa che richiede la rottura del muro del silenzio da parte di tutti gli operatori che hanno visto gli abusi e le violenze. In questo caso siamo rinfrancati dalla prontezza del lavoro della magistratura e dalla collaborazione del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria … In Italia finalmente i giudici dal 2017 hanno a disposizione una legge (seppur migliorabile) che proibisce e punisce la tortura. È stata questa una battaglia ventennale di Antigone. Siamo ai primi casi di applicazione di questa legge”.
Il pestaggio più grave risalirebbe a un anno fa, 11 ottobre 2018, ed è raccontato dal quotidiano La Repubblica. Vittima un detenuto tunisino di 31 anni, che doveva essere trasferito da una cella all’altra dello stesso penitenziario. Da lui si sarebbero presentati in 15 tra agenti e ispettori, lo avrebbero trascinato in un corridoio del reparto isolamento e poi picchiato, dopo avergli abbassato i pantaloni. Un’aggressione che sarebbe continuata anche quando il detenuto era finito a terra, come ha testimoniato un altro recluso dello stesso reparto che non solo avrebbe udito le urla, ma anche visto tutta la scena dallo spioncino; e che sarebbe stato a sua volta colpito da un guardia con un pugno . A sentire grida e minacce rivolte al tunisino (“Perché non te ne torni al tuo Paese?” ,”non ti muovere o ti strangolo”, “ti ammazzo”) anche altri reclusi, tutti della sezione alta sicurezza, destinata ai responsabili dei reati più gravi, che nella loro denuncia avrebbero riferito pure di altri abusi.
Oltre alla tortura, agli agenti vengono contestati i reati di minacce, lesioni aggravate e falso ideologico, ipotesi che si riferirebbero tutte al tentativo di insabbiare l’accaduto. Alle indagini della procura di Siena ha collaborato anche la polizia penitenziaria, come sottolinea il ministero della Giustizia nella nota con cui annuncia le “doverose valutazioni disciplinari” avviate su tutti gli agenti indagati dal Dap, che ha a sua volta sospeso i quattro già destinatari del provvedimento di interdizione da parte della magistratura.
“Sono pesantissime le accuse mosse nei confronti di alcuni appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria in servizio presso la Casa di Reclusione di San Gimignano, motivo per il quale – . dichiara Gennarino De Fazio della Uilpa – siamo i primi a chiedere agli inquirenti, nei quali riponiamo incondizionata fiducia, e ai vertici del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria di accertare con celerità i fatti realmente accaduti e fare chiarezza”.