Lo studio, pubblicato su Nature Communications, è frutto di una collaborazione internazionale tra l’Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iom), le università di Cagliari e di Oxford e il Centre national de la recherche scientifique (Cnrs)
L’antibiotico-resistenza, che uccide 700mila persone all’anno nel mondo, è una delle sfide più dure per i ricercatori. Ora affrontarla potrebbe essere più facile grazie alla scoperta del meccanismo molecolare con cui aggirare la resistenza agli antibiotici da parte di uno dei quattro batteri più pericolosi del mondo, secondo la classifica dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Lo studio, pubblicato su Nature Communications’, è frutto di una collaborazione internazionale tra l’Istituto officina dei materiali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iom), le università di Cagliari e di Oxford e il Centre national de la recherche scientifique (Cnrs).
Le aziende farmaceutiche faticano a sintetizzare nuovi prodotti. Il consorzio pubblico di ricercatori scienziati dell’Imi, un’iniziativa dell’Ue che si occupa di medicina innovativa, ha avviato una ricerca nell’ambito di un più ampio progetto europeo per affiancare le industrie nella soluzione di problemi di questo genere. “La difficoltà non è identificare le molecole capaci di uccidere i batteri – spiega Matteo Ceccarelli, del Cnr-Iom – quanto quella di renderle capaci di raggiungerli, penetrandone la membrana esterna, un problema che risulta evidente quando si passa dagli esperimenti in laboratorio a quelli in vivo. La membrana di alcuni batteri è particolarmente spessa e affinché l’antibiotico ‘passi’ è necessario trovare dei varchi”. Una possibile via di ingresso è stata svelata nei suoi aspetti molecolari da questo nuovo studio. “Si immagini la spessa membrana che protegge il batterio come un muro con una serie di porte e finestre: sono chiuse, ma esiste una chiave per aprirle. In questo caso la porta è un recettore dal nome Pfea e la chiave si chiama Enterobactin – prosegue Ceccarelli – Il recettore Pfea è una proteina di membrana che si trova sullo strato più esterno del batterio e che ha il compito di lasciar passare le molecole che trasportano il ferro all’interno. Per aprirla, il trucco sta nel legare a questa molecola non solo il ferro, ma anche il nostro antibiotico, cosicché i recettori Pfea vengano ingannati e lascino passare anche il farmaco attraverso la membrana”.
La potenziale via di accesso per far penetrare gli antibiotici è stata studiata nella Pseudomonas aeuroginosa, uno dei quattro batteri considerati dall’Oms i più pericolosi del mondo, responsabile di molte gravi infezioni fra cui la polmonite nei pazienti con fibrosi cistica. “Il recettore Pfea identificato in questa ricerca è tipico del batterio Pseudomonas aeuroginosa, ma se ne possono trovare di molto simili in altri batteri: Escherichia coli, per esempio, ne ha uno (Fepa) che funziona nella stessa maniera”, conclude il ricercatore.