Cinema

Oscar 2020, Il Traditore di Bellocchio candidato dall’Italia. Il regista: “Onore e responsabilità”

È stata Commissione di Selezione istituita dall’Anica lo scorso giugno, su incarico dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, a scegliere questa pellicola per la corsa dell'Italia alla statuetta

di Davide Turrini

La possibile prima volta di Marco Bellocchio agli Oscar. A larghissima maggioranza dei votanti Anica (7 a 2), Il Traditore, film con Pierfrancesco Favino nei panni del pentito di mafia Tommaso Buscetta, è stato designato come film scelto dall’Italia per entrare nella cinquina degli Oscar come Miglior Film in Lingua Straniera.

E vedere Bellocchio concorrere per questa candidatura dopo 54 anni di carriera, fa un po’ sorridere. Perché quando Fellini e De Sica mietevano statuette oltre Atlantico, Bellocchio infilava I Pugni in Tasca e gradualmente destrutturava le coordinate del cinema di papà. Allo stesso tempo, con coerenza e rigore stilistico intatti, negli anni ottanta/novanta, mentre Salvatores e Tornatore fornivano versioni pop d’autore di grandi epopee all’italiana, vincendo gli Oscar, Bellocchio intraprendeva il suo decennio post analisi collettiva con Il diavolo in corpo e Il sogno della farfalla.

Poi si sa, il tempo passa, e i giovani ribelli diventano maestri. E Bellocchio, lo si dica ad alta voce, è un grandissimo maestro. Soprattutto perché in pieni anni novanta e primi duemila con titoli come L’ora di religione, Buongiorno, notte e Vincere è rimasto coerente ad una sua personale poetica di potente ricostruzione onirica del passato, come di un fluttuante magmatico surreale presente, rispettando i dettami del proprio sguardo e delle sue più intime inquietudini, senza cedere ad una vulgata mainstream buona per tutte le stagioni.

Così vedendo che tra i nove votanti (Roberto Andò, Laura Bispuri, Stefano Della Casa, Daniel Frigo, Gianni Quaranta, Mario Turetta, Alessandro Usai, Anne-Sophie Vanhollebeke, Alessandra Vitali) Il Traditore ha superato niente meno che la meglio gioventù del cinema italiano (Martin Eden di Pietro Marcello, La paranza dei bambini di Claudio Giovannesi, Il primo Re di Matteo Rovere, Il vizio della speranza di Edoardo De Angelis) sembra di essere davvero di fronte a quelle situazioni dove il maestro mette in riga tutti gli allievi, non proprio debitori verso il suo cinema (forse Marcello? Ma proprio forse…).

“Pur da vecchio anarchico pacifista e non violento sento come un onore e una responsabilità rappresentare l’Italia in questa sfida”, ha dichiarato il 79enne regista di Bobbio (Piacenza). La tematica ben connotata (mafia), la performance di Favino e la lunga cavalcata attorno a trent’anni di storia italiana potrebbero comunque colpire i giurati dell’Academy che, ricordiamo, dagli anni ottanta ragionano molto per luoghi comuni rispetto ai paesi di provenienza dei titoli. Anche sé un film come Il primo Re di Rovere avrebbe rappresentato meglio le istanze di un’industria come quella italiana che sta cercando, mostrando doti tecniche e artistiche vicine a quelle delle grandi produzioni anglofone, di uscire proprio da queste restringenti etichette cultural nazionali.

Il 13 gennaio 2020 sapremo se Il Traditore è entrato nella shortlist delle nomination che quest’anno da cinque si allarga a dieci titoli. E se la risposta sarà positiva la notte degli Oscar si svolgerà il 9 febbraio 2020. Il Traditore ha avuto la sua anteprima mondiale al Festival di Cannes 2019 e ha raccolto in sala quasi sei milioni di euro. Mentre al recente Toronto Film Festival è stato acquisito da un distributore statunitense di alto livello come Sony Pictures Classics. E questo più di ogni altra cosa nella corsa agli Oscar conta parecchio.

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