“Il fatto non sussiste”. Antonio Angelucci e il figlio Giampaolo sono stati assolti dal tribunale di Roma nell’ambito del processo per la presunta truffa al sistema sanitario del Lazio attraverso la clinica San Raffaele di Velletri, convenzionata con la Regione. Insieme a loro, escono indenni da un processo durato 6 anni, altre 13 persone fra dipendenti della casa di cura e funzionari regionali. Nell’elenco degli assolti anche la dirigente Tiziana Petucci, attuale direttore dell’area Sviluppo Economico della Regione Lazio, promossa nel gennaio scorso da Nicola Zingaretti, fra le polemiche, nonostante i pm avessero chiesto per lei una condanna a 10 anni di carcere.

I magistrati romani, che hanno iniziato a indagare nel 2008, nel febbraio scorso avevano depositato la richiesta di 15 anni di carcere per gli Angelucci e di 10 anni per gli altri imputati. Secondo l’impianto accusatorio, attraverso la clinica dei Castelli romani, la holding di famiglia aveva incassato dalla Regione Lazio, fra il 2004 e il 2010 rimborsi non dovuti per circa 163 milioni di euro, grazie alla compiacenza di alcuni dirigenti regionali, accusati di falso ideologico e abuso d’ufficio, con l’aggravante dell’associazione a delinquere.

Nel processo si era costituita parte civile la stessa Regione Lazio. Di qui le fortissime polemiche sulla promozione di Petucci a capo della direzione Sviluppo Economico, giustificata dall’ente con la necessità di “tutelare la presunzione d’innocenza anche di fronte a possibili richieste di risarcimento”. “La dottoressa Petucci ha sempre creduto nella giustizia e oggi, finalmente, la giustizia ha riconosciuto la sua innocenza”, ha dichiarato il legale della dirigente regionale, Mario Luciano Crea. Oltre a Petucci, fra gli imputati assolti ci sono i funzionari regionali Rodolfo Conenna e Agnese D’Alessio. Nonostante i reati fossero prescritti, il tribunale di Roma ha comunque ribaltato le richieste dei pm assolvendo tutti e 13 gli imputati e, di fatto, riabilitandoli.

“Per noi era una sentenza attesa – ha spiegato a Ilfattoquotidiano.it l’avvocato Tiziana Polverari – perché l’esito del processo era chiaro già dalle risultanze in fase istruttoria. La procura non era di questo avviso e aveva avanzato delle richieste di pena molto dure, ma i giudici, con il loro pronunciamento, non solo hanno escluso qualsiasi ipotesi di reato ma hanno anche certificato la correttezza amministrativa dell’operato degli imputati”.

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