San Marino come una piccola Amsterdam nel cuore dell’Italia. Abbandonata la pratica del paradiso fiscale, e con un debito pubblico triplicato in pochi anni, la Repubblica di San Marino potrebbe puntare sulla cannabis. La proposta di legge presentata da un gruppo di cittadini, che chiedevano di regolamentare il consumo, la produzione e la vendita a scopo ricreativo, senza limiti nei livelli di cannabinoidi, ha ottenuto il via libera del Parlamento sammarinese, in maniera rocambolesca: mercoledì 18 settembre, complice la crisi di governo che si sarebbe poi risolta a notte fonda, e le frenetiche riunioni in corso, al momento della votazione in aula erano presenti solo 33 consiglieri sui 58 previsti. Risultato: la mozione è passata con 18 voti favorevoli (13 i contrari e 2 gli astenuti), innescando così un percorso parlamentare che potrebbe portare, in pochi mesi, a cambiare il volto di “uno degli stati con le politiche più proibizionistiche in Europa in materia di cannabis”, come hanno scritto i cittadini firmatari dell’Istanza d’Arengo, istituto di democrazia diretta previsto dalla costituzione sammarinese. Un documento in cui si fa riferimento al “modello dei coffeeshops olandesi” e si immagina la creazione di associazioni per la coltivazione collettiva della cannabis, “sulla falsariga dei Cannabis Social Club spagnoli”.
Per la piccola Repubblica sarebbe una vera rivoluzione: la legislazione attuale infatti non distingue neanche tra droghe leggere e droghe pesanti, così come non fa differenza tra uso personale e spaccio. Ora, con il voto dell’aula, questa proposta di legalizzazione richiede una risposta dell’esecutivo, che a causa dello scioglimento del Consiglio cambierà volto dopo le elezioni dell’8 dicembre, ma che avrà comunque l’obbligo di rendere attuativa l’Istanza. Il nuovo ministro competente, quello della Sanità, avrà sei mesi per presentare una proposta in commissione: “Non sempre all’approvazione di un’Istanza ha fatto seguito la sua attuazione”, spiega Roberto Ciavatta, consigliere del Movimento Rete, che ha appoggiato la richiesta. “Se il nuovo governo si metterà di traverso ci saranno difficoltà maggiori, perché l’indirizzo del ministro della Sanità sarà decisivo. Noi speriamo di essere presenti nel nuovo esecutivo per dare alla luce questa legge di civiltà, di cui San Marino ha bisogno anche economicamente, e per cui la società civile ha dimostrato di essere pronta”.
La presentazione dell’Istanza e il voto favorevole del parlamento sammarinese sono segno di un dibattito in corso da tempo. In dicembre lo stesso Movimento Rete aveva presentato un emendamento alla legge di bilancio, poi bocciato, in cui si chiedeva di consentire in via sperimentale il possesso di marijuana per uso ricreativo fino a 20 grammi a testa e consentirne la coltivazione su licenza. Dopo il via libera del Parlamento all’uso terepeutico della cannabis, nel 2016, il governo aveva formato un gruppo di lavoro per impostare una legge in questo senso: “L’obiettivo – spiega il ministro della Sanità uscente, Franco Santi – era quello di regolamentare la coltivazione e la commercializzazione dei derivati della pianta, con il limite della bassa concentrazione di thc, e modificare di conseguenza il nostro codice penale, molto stringente in materia. Con questa richiesta i cittadini hanno superato la nostra discussione: passare dal proibizionismo assoluto alla legalizzazione totale non è semplice, ma se c’è una spinta dal basso, il nuovo esecutivo dovrà tenerne conto”.
Nelle premesse dell’Istanza, oltre a riportare studi che dimostrano come il consumo di cannabis sia meno dannoso rispetto a quello di alcol e tabacco, i proponenti parlano di “fallimento delle politiche di repressione”, citando una relazione del 2015 della Direzione Nazionale Antimafia, e sottolineando che “non hanno fatto altro che spostare il mercato delle sostanze stupefacenti nelle mani delle organizzazioni criminali ed impegnare, ben oltre il necessario, le forze di polizia”. Nel documento si propone di permettere il possesso della cannabis per uso personale fino ai 30 grammi e di consentirne la produzione, la lavorazione e la trasformazione, oltre che l’autoproduzione all’interno della propria residenza, fino a quattro piante. Per la vendita, vengono previsti dei negozi dedicati, “sul modello dei cannabis dispensaries statunitensi”, e locali destinati alla vendita ed al consumo sul posto, come nei coffeeshops olandesi.
L’aspetto economico sarà decisivo nel dibattito che si svilupperà sulla questione: “Sono interventi che possono cambiare il volto del nostro paese”, sostiene Ciavatta. “Molti oppositori, al paragone con Amsterdam, ne parlano come fosse un modello da evitare: io il benessere di Amsterdam lo prenderei molto volentieri. La nostra situazione finanziaria è disastrosa, ben vengano sperimentazioni in grado di portare lavoro e crescita”. E San Marino, secondo Ciavatta, è il luogo perfetto per iniziare: “È vero, siamo uno dei paesi occidentali con le norme più stringenti in materia, ma la nostra struttura rende semplice anche cambiamenti legislativi così radicali. A San Marino vivono 33mila persone: con questi numeri, dare il via a una sperimentazione qui è più semplice rispetto ai grandi paesi, e se qualcosa non funziona un’interruzione sarebbe meno dannosa”. Sul tema sarà necessario un confronto con l’Italia: “Non possiamo fare i banditi come in passato. C’è un reciproco interesse a collaborare: dall’Italia arriverebbe ovviamente la maggioranza dei consumatori, e nell’indotto creato dal nuovo settore troverebbero lavoro anche tantissimi italiani”.