Media & Regime

Mi sono ritrovata sul profilo di Pillon, insultata insieme a un’amica per un dato falso

Il senatore Simone Pillon deve avere molto tempo libero a disposizione ora che il suo ddl 735 è andato in soffitta. Deve averne se si mette a giocare con gli screenshot su Facebook ed organizza gogne sui social. Ieri pomeriggio mi telefona Patrizia Cadau, amica nonché stimata consigliera comunale del Movimento 5 Stelle a Oristano. Mi dice: “Siamo sul profilo del senatore Pillon”. “Che? Ma che c’azzecca il senatore perugino in cravattino con me e Patrizia?”, penso.

Vado sulla sua pagina e leggo gli screenshot di uno scambio intercorso, giorni fa, tra me e Patrizia. Ci sono le risposte ad una signora che nega il femminicidio e cita il dato di 200 suicidi l’anno dei padri separati ed io ribatto, in maniera colorita, che è “una minchiata“. Segue un altro mio commento che non è affatto riferito a chi si suicida. Una provocazione indubbiamente pesante e che in quel momento era anche decontestualizzata. Il commento era legato ad un episodio di cui ero stata testimone il giorno precedente: una ragazza evidentemente minorenne, prostituita sulla strada, avvicinata da più di un uomo. Li ho guardati seduti nelle loro auto, un età dai 30 ai 50 anni, mi sono chiesta, in un momento in cui si parla molto di padri, se avessero figlie, ho ricordato ciò che disse un poliziotto anni fa: “Abbiamo tolto dalla strada una ragazzina di 14 anni, era la più richiesta” ma in un mondo dove un politico della Lega pensa di ridurre il deficit mettendo le donne come pezzi di carne in vetrina, forse è difficile cogliere la differenza tra scelta e stupro.

Ma il senatore collega quello scambio alla notizia del suicidio di Stefano Farinazzo, il sindaco di un comune della provincia di Padova. Il nesso tra il suicidio del sindaco e i nostri commenti è gravemente scorretto e lascia intendere che si rida del tragico gesto di un uomo. Dopo questa libera ricostruzione dei fatti, l’esito era scontato: sulla pagina del senatore piovono insulti. Patrizia Cadau non ci sta, si indigna e risponde che non avrebbe mai immaginato che “commenti scritti il 20 settembre, in calce ad un discorso relativo alla violenza sulle donne venissero fatti diventare dei commenti ad un fatto di cronaca sconcertante accaduto due giorni dopo“.

Nel giro di pochi minuti due quotidiani on line YOUTG.Net e Cagliaripad riprendono la polemica e spiegano che quei commenti scritti da me e Patrizia non sono legati alla notizia del suicidio del sindaco e sono stati pubblicati qualche giorno prima. Il senatore corre ai ripari e modifica il suo post ma è tardi.

Dopo questa tempesta in un bicchier d’acqua creata ad arte, ribadisco anche oggi la fallacia di quel dato sui suicidi senza alcuna intenzione di irridere, né offendere chi si toglie la vita. E’ anche discutibile che si strumentalizzino i suicidi per portare acqua al mulino di teoremi politici ed è ancora peggio se nello stilare elenchi si inseriscono come vittime, uomini violenti che si sono suicidati dopo aver fatto stragi familiari onorandoli come Morti di Stato. Ho criticato più volte questa narrazione. Un suicidio ogni 36 ore da parte di uomini “ridotti sul lastrico da donne avide” a lungo diffusa da alcune associazioni di padri separati è una rappresentazione distorta della realtà volta a convogliare livore contro le donne che scelgono di separarsi.

Recentemente ne ho scritto insieme a Jakub Stanislaw Golebiewski, presidente dell’associazione Padri in Movimento, con il quale ci siamo confrontati sull’impoverimento di uomini e donne dopo la separazione, censito anche dall’Istat. La separazione infatti impoverisce tutti e penalizza altrettanto le donne. In un post pubblicato su Pim, abbiamo criticato l’intervista rilasciata a Panorama da Tiziana Franchi – presidente dell’associazione dei padri separati – che candidamente ha dichiarato “non esistono stime ufficiali sui suicidi ma voglio crederci”. E’ forse un atto di fede credere a quel dato? Solo i dogmi non possono essere messi in discussione ed è un tanticchio esagerato allestire gogne sul web per rivalsa contro chi ha tutto il diritto di criticare quella tesi.

Nella gogna organizzata da Pillon sono volati i soliti insulti: merde, allusioni al battere il marciapiede, maledizioni contro i nostri figli da parte di pie donne e pii uomini, e altre ingiurie che sono state lasciate da Pillon scapicollatosi a modificare il suo post dopo le dichiarazioni alla stampa di Patrizia Cadau. Sulla sua pagina, il senatore ha anche scritto che “donne livorose hanno infestato i centri antiviolenza”, donne che varrebbero “quattro soldi”. Infestare è una parola che si attribuisce solitamente a insetti, topi o malattie ed è una parola che deumanizza, che fu gridata e viene gridata in tempi bui. Un senatore della Repubblica italiana, nata dalla Resistenza al nazifascismo, non dovrebbe mai pronunciarla, nemmeno contro avversarie politiche. “Quattro soldi”, poi? Chissà qual è il nostro valore. Il mio, quello di Patrizia e di tutte le donne e gli uomini che si sono battuti contro il ddl Pillon.

Il senatore forse non ragiona per l’amarezza, forse non ha ancora metabolizzato l’affossamento del suo disegno di legge. L’anno scorso, di questi tempi, ne prometteva l’approvazione entro Natale (urbi et orbi) ma poi sulla sua strada ha trovato uomini e donne “da quattro soldi” che si sono opposti e hanno aderito in migliaia alla raccolta di firme organizzata da D.i.Re e dalle donne “da quattro soldi” che stanno nei centri antiviolenza.

Se si moltiplicano quei quattro soldi per ogni donna ed ogni uomo che ha detto no! ad una legge che cancellava misure di protezione per le vittime di violenza in famiglia, viene fuori un bel valore. Non crede, senatore Pillon?

@nadiesdaa