“Sto aspettando una telefonata importante, quella del medico, a breve saprò se sono affetto da un tumore maligno o meno“. Così dice Lele Mora durante la sua intervista a Libero giustificando, con gli occhi lucidi, il suo telefono che continua a suonare. Al suo fianco c’è il cantante Marco Carta, a processo con l’accusa di furto di magliette alla Rinascente di Milano, di è agente. Ad un certo punto, sempre mentre si trova a colloquio con l’intervistatrice, arriva la fatidica chiamata del medico con il verdetto: “Sì, il cancro è maligno ed è situato tra i polmoni ed i reni“, rivela l’ex agente dei vip. “Adesso farò quel che c’è da fare. Ma non avrei voluto dare questo nuovo dispiacere ai miei figli, non se lo meritano”, aggiunge.
Prima della terribile scoperta, Mora aveva ricordato i 407 giorni trascorsi in carcere, in isolamento: “La prima notte non mi pareva vero di trovarmi lì, su quel materasso vecchio, coperto da un lenzuolo ruvido come carta vetrata. Ho fatto tanti errori, come tutti. Eppure non ho rimpianti. Il peccato più grande è l’ arroganza. Ne ho avuta, mi sono sentito invincibile”. Lo stesso dice, che è successo a Fabrizio Corona, il re dei paparazzi che un tempo lavorò con lui: “La detenzione lo ha peggiorato, ha sviluppato una rabbia che lo sta consumando“.
Quando era detenuto nel carcere di Opera a Milano, Lele mora aveva la cella accanto a quella di Olindo Romano, condannato all’ergastolo per la strage di Erba: “Il cappellano mi rivelò di essere certo dell’ innocenza di Olindo e di sua moglie Rosa – racconta -. Non ho mai conversato con Romano, sebbene le nostre celle fossero adiacenti. Lo vedevo pulire il corridoio ogni pomeriggio. Poiché era rimasto al verde, gli veniva permesso di svolgere piccoli lavoretti per mantenersi. Lo aiutavo dandogli il mio pasto. In gattabuia persi l’ appetito e pure 60 kg”.