Cinema

Rambo – Last Blood, se pensavate che a 73 anni Sylvester Stallone si presentasse allo sportello delle poste a ritirare la pensione vi sbagliavate di grosso

L'autore del libro da cui è tratta la saga, David Morrell, ha affermato pubblicamente di aver “provato imbarazzo” nel vedere questo film

L’ennesimo ritorno di John Rambo è puro horror. Se pensavate che a 73 anni Sylvester Stallone si presentasse allo sportello delle poste a ritirare la pensione vi sbagliavate di grosso. Rambo – Last Blood, l’attesa riapparizione del soldato antieroe reduce del Vietnam (il primo inatteso, violento capitolo antisistema fu proprio First blood/Rambo nel 1982), è tutto fuorché un film nostalgico o sulla vecchiaia.

Adrian Grunberg (uno che arriva dai set di film d’azione crudi e duri con Mel Gibson) dirige invece un revenge movie affogato nel gore e nello slasher che nemmeno Halloween o Venerdì 13. La trama è tanto semplice quanto straordinariamente ordinata per un’ora e quaranta filate che passano senza mai realmente pesare se non nello shock delle scene di ferite da taglio o sul finale carneficina. Il film si apre con l’indomito spirito da protezione civile in solitaria del nostro che a cavallo sfida la tempesta andando a salvare un terzetto di escursionisti persi nel buio del bosco. Le autorità ringraziano, anche se il lavoro viene fatto a metà. Rambo è si invincibile, ma di fatto è un perdente. È un bonaccione che prima subisce l’impossibile e poi si vendica. Schema chiaro. Qui l’introduzione è utile per rinverdire la dinamica psicologica da cane bastonato e spianare il terreno al racconto vero e proprio.

John, ritiratosi in una bella fattoria dell’Arizona, trotterella come cowboy a cavallo e intanto spiana fucili, lame e trappole medioevali in un’intricata serie di tunnel sotterranei scavati sotto la fattoria. Vive con una vecchia amica e sua nipote Gabriela (Yvette Monreal), spirito intraprendente e indomito che fregando tutti corre in Messico per incontrare il padre biologico mai conosciuto, rintracciato in loco oltreconfine da un’amica ambigua molto gangsta rap. John si raccomanda di non andare, ma la ragazzina fa di testa sua e una volta superato il confine, infilatasi nel ginepraio di un’infinita cittadina messicana, si scontra con il padre che non la vuole vedere e finisce con l’amica in una squallida disco dove un tizio la droga e la rapisce per trasformarla in prostituta per il bordello di due fratelli narcotrafficanti.

Con l’aiuto di una giornalista d’inchiesta (Paz Vega), John sfiderà gli orridi fratelli, verrà sfregiato e menato a sangue, ma riuscirà a ritrovare la nipote in fin di vita. Inutile dire che la vendetta è un piatto che va servito freddo proprio tra quei tunnel sotterranei sotto la fattoria che diventeranno un campo di battaglia. Rambo – Last Blood per questa correlazione narrativa/spaziale finale è stato paragonato ironicamente da molta critica americana a Mamma ho perso l’aereo. Eppure il Rambo di Sly fa talmente sul serio da finire il film con in mano il cuore sanguinante del nemico dopo averglielo strappato dal petto. Un atto rituale alla Apocalypto che è solo l’ultimo dei gesti efferati che Rambo compie sul percorso vendicativo tra Messico e Stati Uniti (si legga quell’osso del petto del pappone che viene scarnificato e spezzato a caldo con le mani da Rambo).

Certo Last Blood non sembra offrire un florilegio di sottotesti. Si dirà del Messico incivile e criminale più caro ad un’ideologia trumpiana, ma a noi sembra che il film di Grunberg più che a dimensioni politiche o psicologiche stratificate viva di un’inerzia legata agli atti violenti in sé, a questa esibizione del male inflitto ai cattivi che nel primo Rambo era un gesto istintivo, furioso ma infine esecrabile dovuto alla sopravvivenza di un emarginato. Azioni che nell’accumulo dei sequel sono diventate parossistiche e sovraccariche fino al paradosso. Qui, invece, con uno Stallone incredibilmente inespressivo, però vero e inquietante armadio, non di certo vecchietto incartapecorito alla Eastwood (per dire di un altro repubblicano…) l’azione si piega al dettaglio horror, ai modi truculenti della vendetta. Se lo si prende per quello che è, un dannato film di genere, Rambo – Last blood svolge il suo compito onorevolmente. Se si vuole leggere l’impossibile è una chiavica trash dal primo all’ultimo minuto. Noi per una volta rimaniamo nel mezzo. Sicuri del fatto che l’icona originaria del marines con stress post traumatico c’entri poco o nulla con questa storia personale alla Giustiziere della notte tanto che l’autore del libro da cui è tratta la saga, David Morrell, ha affermato pubblicamente di aver “provato imbarazzo” nel vedere questo film. Stallone ha comunque 73 anni e siamo al quinto capitolo. Tranquilli: le vicende di Rambo finiscono qui.