Sono ventitrè capi d’imputazione, stampati su due pagine. Dentro c’è di tutto: dal fallito attentato al giornalista Maurizio Costanzo al tentato omicidio del pentito Totuccio Contorno, passando per le bombe di Firenze, Milano e Roma. In una frase: tutta la strategia stragista del 1993 e il 1994. Il sospettato? Silvio Berlusconi. Il passato che non passa torna ad abbattersi sull’ex premier venticinque anni dopo i fatti contestati. E le accuse sono talmente gravi – strage in concorso con Cosa nostra – da essere imprescrittibili e dunque perseguibili anche molti anni dopo i fatti. Ma andiamo con ordine.
La trattativa – Che il leader di Forza Italia fosse stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Firenze per le stragi del 1993 erano noto dal 31 ottobre del 2017. La nuova “molla” investigativa che ha portato Berlusconi a essere nuovamente accusato delle bombe del ’93 – dopo le due inchieste archiviate da Caltanissetta e dalla stessa procura toscana – è rappresentata dalle intercettazioni in carcere del boss Giuseppe Graviano. Cimici piazzate dalla procura di Palermo che al tempo indagava sulla Trattativa tra pezzi dello Stato e le Istituzioni. Un processo che nel frattempo si è concluso con pesanti condanne in primo grado anche per Marcello Dell’Utri, storico braccio destro dell’ex premier. Ed è proprio durante il processo d’appello sul patto occulto che gli avvocati di Berlusconi hanno depositato la documentazione ricevuta dalla procura di Firenze.
L’indagine di Firenze – La corte d’assise d’Appello di Palermo voleva sentire Berlusconi, come richiesto dalla pubblica accusa e dalla difesa di Dell’Utri. I legali di Arcore, però, si sono opposti: in che veste deve essere sentito Berlusconi se è indagato a Firenze per le stragi? In quelle di teste o da indagato di reato connesso, con la facoltà di non rispondere? I giudici siciliani decideranno il 3 ottobre prossimo, alla luce della documentazione depositata dagli avvocati del leader di Forza Italia. Franco Coppi e Niccolò Ghedini, infatti, hanno chiesto ai giudici toscani una certificazione sull’indagine aperta quasi due anni fa. Quei documenti, due pagine, sono stati depositati in cancelleria. È la conferma che Firenze indaga ancora su Berlusconi. Ma per la prima volta viene messo nero su bianco che l’ex presidente del consiglio è accusato di tutta la strategia stragista del 1993 e 1994.
Le accuse a Berlusconi – Quindi Berlusconi è accusato di aver concorso nel tentativo di eliminare Costanzo, in via Fauro a Roma, il 14 maggio del 1992: l’autobomba piazzata da Cosa nostra esplose soltanto qualche secondo dopo il passaggio della vettura sulla quale viaggiava il giornalista di Mediaset. L’attentato è stato collegato all’impegno antimafia di Costanzo durante le trasmissioni televisive che conduceva. Gli investigatori, però, hanno anche puntato i riflettori sul un altro fatto: all’epoca, nel cerchio magico berlusconiano, Costanzo era uno dei più acerrimi oppositori dell’impegno in politica diretto del gruppo di Arcore, progetto invece sponsorizzato in prima persona da Dell’Utri. Passano due settimane da via Fauro e in quel 1993 Cosa nostra colpisce ancora: questa volta in via dei Georgofili, a Firenze, due passi dagli Uffizi, dove la notte del 27 maggio 1993 un Fiat Fiorino imbottito di tritolo uccise cinque persone, comprese Nadia e Caterina Nencioni, rispettivamente di 9 anni e 50 giorni di vita. Il 27 luglio nuova autobomba, questa volta a Milano, nei pressi del Padiglione d’arte contemporanea di via Palestro: i morti sono cinque. Nessuna vittima 24 ore dopo, quando due bombe piazzate nelle basiliche di San Giovanni in Laterano e San Giorgio in Velabro, a Roma: secondo la procura di Palermo, quelle due chiese furono scelte perché intitolati ai santi con lo stesso nome di battesimo degli allora presidente di Camera (Giorgio Napolitano) e Senato (Giovanni Spadolini). L’attacco allo Stato di Cosa nostra non colpiva solo i siti d’interesse culturale ma si esprimeva anche in codice.
Il tentato omicidio di Contorno – Ma nelle carte della procura di Firenze il dato inedito è soprattutto uno: alcune contestazioni si rifericono a fatti commessi quando Berlusconi era già presidente del consiglio. È il caso del fallito attentato all’Olimpico. O del tentato omicidio del pentito Salvatore Contorno, avvenuto il 14 aprile del 1993 a Formello, nei dintorni di Roma. È la prima volta che quest’ultimo episodio viene contestato all’ex presidente del consiglio. Ufficialmente a tentare di ammazzare Contorno fu Gaspare Spatuzza. Il gruppo di fuoco di Brancaccio voleva eliminare lo storico pentito di Cosa nostra perché aveva partecipato all’omicidio di Michele Graviano, padre di Giuseppe e Filippo, i boss delle stragi del 1993. Nell’aprile del 1994, però, i Graviano sono in galera da quasi tre mesi, Berlusconi era stato eletto premier da qualche settimana e le stragi – in teoria – sono già finite. Si concludono, formalmente, con il fallito attentato allo stadio Olimpico: poi, dopo l’arresto dei Graviano, stop. Perché dunque Spatuzza, rimasto solo e senza boss da cui prendere ordini inlibertà, decide di provare a uccidere Contorno? “I Graviano dissero a mio padre che fu Dell’Utri, attraverso i servizi segreti deviati, a fargli sapere dove si trovava”, ha racconto nei giorni scorsi durante il processo d’appello sulla Trattativa il pentito catanese Francesco Squillaci, che si è autoaccusato di 14 delitti senza mai essere stato chiamato in causa. Perché Dell’Utri avrebbe dovuto far sapere dov’era Contorno ai Graviano?
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