Quarant’anni di studio sulla fioritura di diverse varietà di albicocco, in una delle collezioni più ricche del bacino del Mediterraneo, per raccontare i cambiamenti climatici e la relazione con la produzione agricola. Una ricerca realizzata nella costa toscana ha rilevato che le temperature medie invernali sono aumentate fino a oltre due gradi, in particolare nel mese di gennaio, durante quattro decadi. I mesi invernali sono necessari alle gemme per fiorire, prima di diventare albicocche. Così il cambiamento climatico mette a rischio la quantità e qualità della produzione agricola.

Si tratta dei risultati di una ricerca realizzata dal team coordinato dal professor Rolando Guerriero dell’Università degli Studi di Pisa e dalla Scuola Superiore Sant’Anna, pubblicata sulla rivista Scientia Horticolturae. Tra il 1973 ed il 2016 sono stati monitorati 40 varietà di piante di albicocco, che si trovano nell’azienda sperimentale dell’ateneo di Pisa, a Venturina (Livorno). Lì si trova una delle collezioni più variegate d’Europa di questi alberi, fondamentali per comprendere i cambiamenti climatici, visto che la fioritura è strettamente legata alle temperature invernali.

“Abbiamo rilevato la variazione delle minime e massime nei campi di albicocchi tramite dei registratori di temperatura”, racconta Susanna Bartolini, ricercatrice della Scuola Superiore Sant’Anna, coinvolta nel progetto da 30 anni. “La diminuzione dei giorni freddi durante l’autunno e l’inverno, ossia quelli con temperature al di sotto di 7 gradi, impedisce la totale schiusura delle gemme. Rispetto a 40 anni fa, le fioriture si sono dimezzate e avvengono con dieci giorni di ritardo”. Inoltre, dal 2013 ad oggi, l’innalzamento delle temperature minime invernali, a partire da novembre è diventato sempre più rapido.

Una tendenza in linea con quello che sta succedendo anche nel resto del paese. L’Italia è particolarmente vulnerabile al riscaldamento globale e ad eventi estremi, a causa della sua posizione, al centro del Mediterraneo, come sottolinea l’ultima pubblicazione del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC). Lo studio dell’Università di Pisa e della Scuola Superiore Sant’Anna evidenzia che è già stato superato l’aumento di 1,5 gradi delle temperature rispetto all’epoca preindustriale. Un segnale della velocità della crisi climatica che non permetterebbe di rimanere nel limite dei 2 gradi. Gli accordi di Parigi hanno infatti fissato di contenere l’innalzamento delle temperature al di sotto dei 2 gradi entro fine secolo. Anzi, il pianeta si sta riscaldando ancora più velocemente di quanto immaginato. Un appello di un centinaio di ricercatori francesi, parte dell’Ipcc lancia l’allerta sulle temperature, che potrebbero aumentare fino a 7 gradi nel 2100, se non verrà data la priorità allo sviluppo sostenibile, attraverso la cooperazione internazionale, con effetti anche sulla produzione agricola.

“Le temperature dei mesi invernali sono fondamentali per consentire alle piante di fruttificare – continua Bartolini – il cambiamento climatico di cui siamo testimoni, fa sì che dovremmo riconsiderare le aree di coltivazione di alcune specie per il soddisfacimento del fabbisogno dai freddo tale da permettere una corretta fioritura”. Infatti, gli albicocchi hanno già iniziato a fiorire in zone dove un decennio fa non sarebbe stato possibile, come nel sud dell’Inghilterra.

Non solo le albicocche risentono del cambiamento climatico. L’Agenzia europea per l’ambiente (EEA) ha analizzato la relazione tra il cambio climatico e la produzione agricola, in una ricerca pubblicata all’inizio di settembre. La siccità, gli eventi estremi e le ondate di calore potrebbero portare a una diminuzione del 50 percento della produzione di mais e grano nel 2050, nell’Europa meridionale. Anche in questo caso si ipotizza uno spostamento verso il Nord Europa delle coltivazioni tipiche del bacino del Mediterraneo.

La ricerca dell’Università di Pisa e della Scuola Superiore Sant’Anna sottolinea la necessità di scelte a lungo termine per la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico, anche in campo agricolo, settore chiave per diminuire le emissioni di Co2 nell’atmosfera. La ricerca di un piano concreto per combattere la crisi climatica è al centro del Climate action summit, convocato dal segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, che è cominciato lunedì a New York e vede coinvolti i maggiori leader mondiali.

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