“Ho aperto un vaso di Pandora e liberato il mostro di Frankenstein“. Le parole di Wally Conron hanno fatto il giro del mondo. Il motivo è semplice: riportano all’attualità un tema dibattuto da tempo, quello dei limiti etici legati alla creazione di razze canine (e non solo) in laboratorio. Conron ha raccontato la sua storia alla Abc (si può ascoltare anche in un podcast): è lui ad aver creato il labradoodle. “Cosa?”, si domanderà qualcuno. Perché questo esemplare di cane, nato in laboratorio, non ha ancora raggiunto la massima popolarità in Italia: si tratta di un incrocio tra Labrador retriever e Barboncino standard, miniatura o giocattolo.
Ed è stato proprio il 90enne Conron a “dargli la vita”. Oggi si dice pentito: “Ho dato il via a una tendenza pericolosissima” perché “i creatori” di questi incroci che attraggono le persone per le loro caratteristiche umanoidi, spesso sono persone “non etiche e spietate”. Eppure il primo labradoodle, Sultan, non è nato come “desing dog” (incrocio tra due razze pure) ma come cane guida. L’obiettivo era infatti quello di dare a una donna delle Hawaii un cane che non creasse problemi al marito, allergico ai peli. Era il 1989. I labradoodle a disposizione di Conron erano due, oltre a Sultan, e la fatica di trovare loro dei padroni fu così grande che l’uomo decise di rivolgersi al reparto comunicazione della sua azienda (la Guide Dogs Victoria in Australia) per fare un po’ di pubblicità alla nuova razza. Da lì, la veloce diffusione, prima in Australia e poi in tutto il mondo. Anche perché il nome, come ha spiegato Jessica Hekman del Broad Institute di Boston, ha fatto la differenza: “Dire che si tratta di un incrocio tra due razze diverse non invoglia a comprare l’animale. Ma dargli un nome carino come questo segna l’inizio di una nuova storia”.
E così in tantissimi hanno desiderato di accarezzare il loro dolce labradoodle. Una cosa che ancora oggi fa male a Conran: “Mi pento ogni volta che ne incontro uno – ha detto alla Abc –Molti sono pazzi o hanno qualche problema ereditario“. Già nel 2014 il 90enne aveva parlato con Psychology Today di questi dubbi e del suo rimpianto: “I cosiddetti ‘designer dog‘ sono un spesso un incrocio tra una razza pura e un barboncino. Oggi incrociano i barboncini con qualsiasi altro cane senza pensare alle conseguenze a livello di salute: molti di questi animali hanno problemi agli occhi, alle articolazioni e soffrono di attacchi di epilessia“.
Eppure, alcuni labradoodle, Sultan compreso, si sono rivelati degli ottimi cani guida. Certo, da loro è nata la tendenza a creare incroci con barboncini (cavoodle, groodle, jackapoo, schnoodle, golden doodle, e così via), che mette gli eventuali padroni di fronte al dilemma etico sull’opportunità di dar vita a nuovi esemplari, sempre più dolci e umanizzati ma potenzialmente segnati da problemi di salute e disfunzioni che creano loro sofferenza. D’altra parte, in molti non hanno ascoltato l’appello di Wally. Un veterinario ha detto alla Bbc che i labradoodle sono animali “felici e in salute” e Martha Watton, un’appassionata di questo animale, ha aggiunto che si tratta del perfetto mix di “tenerezza, intelligenza e tutto quanto”. A pensarla come Wally è invece Colin Tennant, un esperto britannico sul comportamento dei cani: “In sostanza, creiamo e alleviamo cani alla cieca e alterando la genetica, senza avere conoscenze preliminari”.
This is Sultan: the first ever labradoodle.
He was bred to be a guide dog – but then interest took off, and the Aussie breeder behind the idea says it’s his biggest regret.
“I opened a Pandora’s box and released a Frankenstein’s monster.”
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— ABC Science (@ABCscience) September 23, 2019