Il presidente del Consiglio al Villaggio Coldiretti di Bologna ribadisce la linea verde del governo per trovare l’impulso della crescita: “Mio figlio di 12 anni ha fatto il primo sciopero della sua vita, gliel’ho concesso. I giovani che hanno riempito le piazze sono sensibili al problema dei cambiamenti del clima e questo ci deve far ben sperare”
I dazi di Trump e gli effetti sull’export italiano, le conseguenze negative del Ceta e del Mercosur, il Green new deal e la politica del governo in sostegno dell’agricoltura sostenibile di qualità, con più attenzione a biologico e rinnovabili. Infine la proposta di un patto agli agricoltori per affrontare insieme i problemi. Il premier Giuseppe Conte è intervenuto al Villaggio Coldiretti di Bologna e non ha nascosto la preoccupazione sue e dell’esecutivo da lui guidato per la decisione dell’organizzazione mondiale del commercio (Wto), che il 30 settembre risponderà sulla volontà degli Stati Uniti di applicare dazi ai prodotti Ue. Secondo quanto filtra da Bruxelles, Washington vorrebbe imporre tariffe per circa 7 miliardi di euro, colpendo aerei e parti di aerei prodotte in Europa ma anche altri settori, in primis l’agroalimentare. Il verdetto del Wto è atteso per la prossima settimana, quando sarà pubblicato il documento che stabilisce l’entità delle compensazioni che gli Usa possono chiedere all’Ue per gli aiuti a Airbus giudicati illegali dalla stessa organizzazione mondiale per il commercio. In tutto ciò, il premier ha raccolto l’allarme sul tema lanciato da Coldiretti e ha rilanciato, facendo appello all’associazione di essere alleata del governo M5s-Pd, promettendo incentivi e chiedendo di adottare buone pratiche socialmente responsabili, dall’incremento dell’agricoltura biologica a un maggiore ricorso a energie rinnovabili.
Le manifestazioni per il clima: “Anche mio figlio ha scioperato”
Parole, quelle di Conte, che arrivano all’indomani delle grandi manifestazioni per il clima tenute in decine di città italiane e a cui ha partecipato anche il figlio del presidente del Consiglio: “Ha fatto il primo sciopero della sua vita, gliel’ho concesso – ha spiegato il premier – I giovani che hanno riempito le piazze sono sensibili al problema dei cambiamenti del clima e questo ci deve far ben sperare”. “Vengo dall’assemblea generale dell’Onu – ha proseguito Conte – C’è un’attenzione nuova. Un importante allarme è arrivato dall’agenzia ambientale europea su ondate estreme di caldo, siccità, alluvioni, che rischiano di impoverire i terreni, di alterare i cicli biologici, di compromettere le attività agricole. È un problema serio – ha ammesso il presidente del Consiglio – Dobbiamo lavorare con strategia, con visione. Se oggi non adottiamo contromisure, tutto il nostro mondo cambierà e il nostro settore ne soffrirà per primo”.
I dazi di Trump e le ripercussioni su Grana Padano e Parmigiano Reggiano
Intanto, però, c’è da fare i conti con il momento particolare dell’export italiano. In tal senso il premier ha raccolto l’allarme di Coldiretti sugli effetti negativi che i dazi del presidente Usa Trump potrebbero avere su due dei prodotti più prestigiosi del Made in Italy: il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano. Dopo gli effetti negativi del Ceta, secondo Coldiretti le misure pensate dal Tycoon (che potrebbero entrare in vigore il prossimo 30 settembre con il via libera del Wto, organizzazione mondiale del commercio) rischiano di far diminuire fino al 90% l’export del prestigioso formaggio italiano negli Stati Uniti. Conte, su questo tema, non si è nascosto: “Tra qualche giorno ci sarà la risposta dell’arbitrato Wto sulla decisione degli Stati Uniti di applicare dazi a prodotti Ue. Quella decisione ci farebbe molto male – ha ammesso il presidente del Consiglio – per cui posso assicurare che ha la massima attenzione del Governo e la mia personale”. A chi gli ha ricordato gli incontri al vertice con l’amministrazione americana, Conte ha spiegato che la situazione “non è facile, perché nonostante gli ottimi rapporti, anche personali, e tra i due Paesi, siamo in un quadro di negoziato in cui gli Stati Uniti difendono i loro interessi nazionali e come sempre anche noi. Quindi non è facile intervenire a far pesare specifiche considerazioni, ma ce la metterò tutta”.
Dopo la Francia, ha denunciato Coldiretti, quello americano è “il secondo mercato estero per il Re del Formaggio su cui Trump minaccia di applicare un dazio pari al valore del prodotto importato. Ciò significa – ha spiegato l’associazione degli agricoltori – che la tassa passerebbe da 2,15 dollari a 15 dollari al chilo, facendo alzare il prezzo al consumo fino a 60 dollari al chilo. A un simile aumento – hanno sottolineato – corrisponderà inevitabilmente un crollo dei consumi stimato nell’80-90% del totale, secondo il Consorzio del Parmigiano Reggiano“. Per Ettore Prandini, presidente Coldiretti, “l’Unione europea ha appoggiato gli Stati Uniti per le sanzioni alla Russia che come ritorsione ha posto l’embargo totale su molti prodotti agroalimentari, come i formaggi, che è costato al Made in Italy oltre un miliardo in cinque anni”. Situazione che rischia di peggiorare ulteriormente perché “ora l’Italia rischia di essere ingiustamente anche tra i Paesi più puniti dai dazi Usa per la disputa tra Boeing e Airbus che è essenzialmente un progetto franco-tedesco”.
Parmigiano e Grana: anno record per le esportazioni
Tornano a Parmigiano e Grana, a leggere i dati forniti sempre da Coldiretti, mai così tanto ne è stato consumati all’estero, con l’Italia a festeggiare il record storico nelle esportazioni, in crescita del 16% nel primo semestre del 2019, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. A guidare in Europa la classifica degli appassionati di Parmigiano e Grana è la Germania (+19% esportazioni), davanti a Francia (+11%) e Regno Unito (+15%), ma il tipico prodotto Made in Italy spopola anche nei Paesi del formaggio coi buchi, come la Svizzera (+17%) e l’Olanda (+10%). Fuori dall’Europa sono gli Stati Uniti il principale mercato grazie anche a una crescita record del 26% nel primo semestre. Aumento del 21% in Giappone e del 36% in Cina seppur con valori ancora limitati. Unica eccezione al ‘boom’, il Canada, “dove l’approvazione del trattato di libero scambio Ceta con l’Europa – ha rilevato Coldiretti – ha di fatto affossato le esportazioni di Parmigiano Reggiano e Grana Padano, crollate del 19% nella prima metà del 2019 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”. Sul record delle esportazioni pende ora la spada di Damocle della decisione del Wto di approvare la richiesta degli Stati Uniti di imporre tariffe su alcuni beni europei nell’ultimo capitolo di una disputa bilaterale sui sussidi agli aeromobili. “Secondo la black list ufficiale pubblicata sul Registro Federale Usa – ha spiegato Coldiretti – a pagare il conto più salato per il Belpaese potrebbe essere il Made in Italy agroalimentare proprio a partire dai formaggi, oltre a vini, salumi, pasta, olio extravergine di oliva, agrumi, olive, uva, marmellate, succhi di frutta, pesche e pere in scatola, acqua, superalcolici e caffè”.
Non solo export: è primato anche per le imitazioni
Al contempo, però, la produzione di falsi Parmigiano Reggiano e Grana Padano nel mondo ha superato quella degli originali, con il diffondersi di imitazioni in tutti i continenti che toglie spazi di mercato ai simboli del Made in Italy, ed è trainata da “un’industria del tarocco che i dazi rischiano di rendere sempre più fiorente e che ha paradossalmente i suoi centri principali nei Paesi avanzati, a partire dagli Stati Uniti al Canada, dall’Australia al Sudamerica“. Il Parmigiano, fa sapere Coldiretti, “diventa Parmesan dagli Stati Uniti all’Australia, dal Sudafrica fino alla Russia, Parmesano in Uruguay, Reggianito in Argentina o Parmesao in Brasile o altro anche più fantasioso, – ha aggiunto l’associazione – come il Grana Pampeana senza dimenticare i formaggi similari che si moltiplicano anche in Europa”. Tra i maggiori produttori di falsi, rileva Coldiretti, ci sono gli Stati Uniti “dove il mercato delle imitazioni dei formaggi italiani ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni”. A leggere i numeri forniti da Coldiretti, “in termini quantitativi si producono negli Usa 204 milioni di chili di Parmesan, al secondo posto dopo la mozzarella con 1,89 miliardi di chili, e davanti a provolone con 180 milioni di chili, ricotta con 108 milioni di chili e Romano con 26 milioni di chili. Il risultato – ha aggiunto l’associazione – è che sul mercato a stelle e strisce appena l’1% in quantità dei formaggi di tipo italiano consumati ha in realtà un legame con la realtà produttiva tricolore mentre il resto è realizzato sul suolo americano. Una situazione che rischia di aggravarsi con il via libera del Wto ai dazi proposti da Trump”. Una mossa, ha sostenuto Coldiretti, “sostenuta soprattutto dalla lobby dell’industria casearia Usa (CCFN) che ha addirittura scritto al Presidente degli Stati Uniti Donald Trump per chiedere di imporre tasse alle importazioni di formaggi europei al fine di favorire l’industria del falso Made in Italy”.
Ceta, Conte: “Anche Bellanova ha compreso che ci sono criticità”
Oltre ai dazi di Trump, l’altro elemento che sta creando problemi all’export di Grana e Parmigiano è l’entrata in vigore (seppure in forma provvisoria) del Ceta, il trattato di libero scambio tra Europa e Canada. Seppur in un contesto di miglioramento generale dell’export, i due prodotti hanno sofferto e non poco negli ultimi 6 mesi. Da qui la differenza di vedute anche all’interno del governo, con il Pd assolutamente favorevole all’applicazione definitiva del trattato e il M5s da sempre contrario. In tal senso, il premier Conte ha dato una notizia da Bologna: “Anche il ministro Bellanova ha compreso che ci sono alcune criticità. Quindi nella valutazione che andremo a fare terremo conto delle molte criticità da voi segnalate”. Il premier poi ha sottolineato che gli “sono arrivate le vostre segnalazioni critiche, non vi trascuro affatto. Quello su cui bisogna lavorare – ha aggiunto – è ottenere il rispetto di tre principi fondamentali: parità di condizioni, efficacia dei controlli e reciprocità delle norme su impatto ambientale, economico e sociale”. Sui negoziati, ha detto ancora il premier, “non possiamo decidere in esclusiva quello che serve all’Italia” e “abbiamo un Mercosur che nei prossimi mesi il Parlamento Ue e quello nazionale saranno chiamati a vagliare, quindi ci confronteremo perché ci sono luci e ombre”.
La proposta di Conte: accordo con Coldiretti in nome del Green new deal
Il presidente del Consiglio, poi, si è rivolto direttamente a Coldiretti: “La voglio alleata del governo in questo progetto di Green new deal per un’Italia più verde”, “dobbiamo progettare il futuro già oggi tutti insieme, vi aiuteremo con incentivi e non con penalizzazioni“. Conte poi ha spiegato meglio il senso delle sue parole: “Questo significa un principio cardine, la cura dell’ambiente e del terreno che voi avete nel Dna, la protezione delle biodiversità – ha aggiunto – Ho chiesto l’inserimento in Costituzione di questo principio, è nel programma del governo, dobbiamo lavorare per una cultura del riciclo dismettendo la cultura del rifiuto, e per una transizione ecologica in prospettiva”. Il governo, ha sottolineato, “non vuole mettere in difficoltà” i coltivatori, ma “vi chiede di iniziare a pensare al domani”, cioè “iniziare ad adottare buone pratiche socialmente responsabili, dall’incremento dell’agricoltura biologica a un maggiore ricorso a energie rinnovabili“.