E non se ne vogliono andare. Anche perché nessuno glielo chiede, come se uno potesse fare il politico a vita, qualsiasi cosa combini. Non ci sono ricambi all’altezza? Macché: ce n’è un fottio, anche se non scommetterei sul fatto che siano meglio di loro. Il fatto è che, ormai, digeriamo tutto: in Italia, almeno. Nei paesi civili, gente che ha fatto meno disastri dei nostri politici, tipo aver mentito sulla propria laurea, è già passata a vita privata, e se va bene scrive le proprie memorie.
Matteo Renzi, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, invece, che hanno sempre vissuto di politica tuonando contro i politici, ve li immaginate a scrivere le proprie memorie e, se è per questo, anche una tesi di laurea? Renzi l’ha pure scritta, la tesi, in Storia del diritto, ha preso 109 e non 110 perché è riuscito a litigare persino con il relatore, gli avrà dato del gufo o del professorone, chissà. Ma gli altri due? Cosa potrebbero fare nella vita, Salvini e Di Maio, se mai dovessero cercarsi un mestiere onesto?
Ma partiamo da Renzi. Lo dico alla toscana: o non doveva lasciare la politica, dopo aver perso il referendum costituzionale, per colpa sua? Lo trasformò in un referendum su se stesso, sicché milioni di italiani, con un’affluenza record, andarono a votare solo per mandarlo a casa. Il no a Renzi ottenne il 60%: una maggioranza che un tempo si sarebbe detta bulgara, e che oggi invece si direbbe “da piattaforma Rousseau“.
Ora, dopo aver combinato un guaio del genere, voi cosa avreste fatto? Io me ne sarei andato negli Stati Uniti a studiare: ma non da politico, da venditore di aspirapolvere porta-a-porta. Cosa fece lui, invece? Imperturbabile, si intestò il restante 40%. Adesso i sondaggi danno il suo nuovo yogurt, volevo dire partito, al 3%. Basterebbe fissare la soglia di sbarramento della prossima legge elettorale al 4% e ce ne sbarazzeremmo per sempre. O no?
Su Salvini il discorso è ancora più semplice. Se uno è accusato di aver chiesto soldi a una potenza straniera per far saltare l’Unione europea e non si presenta neppure in Parlamento a risponderne, non può fare il politico in un paese civile: Donald Trump, rispetto a lui, sembra lord Keynes. Se la stessa persona imposta tutta la propria politica sull’immigrazione, accusando l’Europa di fregarsene, e poi si guarda bene dal partecipare ai vertici europei sul tema, dimostrando di essere lui un fan dell’immigrazione, nel senso che ogni sbarco gli dà un punto in più nei sondaggi, allora non può fare il leader politico, neppure della Lega, neanche se il suo gradimento schizzasse al novanta per cento. Infine, se sempre lui dà della “zecca dei centri sociali” alla comandante di una nave che fa, lei, quello che dovrebbe fare lui, ossia pattugliare le nostre coste, allora ne risponde in tribunale, punto, come di tutti gli altri reati di cui è accusato, dal sequestro di persona in giù.
Il caso Di Maio è ancora diverso. Qui non si tratta di aver promesso di andarsene e non essersene andati, e neppure di aver ingannato sistematicamente gli italiani per oltre un anno: magari si trattasse solo di questo. Il problema, qui, è che Di Maio è una classico pollo della batteria di Casaleggio senior: un clone, selezionato proprio per la sua assoluta mancanza di competenze, in modo da poter essere sostituito appena il Movimento lo decide.
Ora, cos’altro deve fare un capo politico per essere cambiato, dopo essersi fatto menare per il naso per un anno, aver dimezzato i voti del partito, essere stato costretto all’abbraccio con il nemico storico, il Pd, con un contorno di gaffe che avrebbe fatto impallidire Boris Johnson, tipo i gilet gialli, i taxi del mare e il partito di Bibbiano? Cosa deve fare di più, dare una pacca sul sedere alla regina Elisabetta?
Nel suo caso, oltretutto, non è che manchino le alternative: il M5S è pieno di persone più preparate di lui. Danilo Toninelli, ad esempio, scalpita. Anche Virginia Raggi non aspetta altro: e bisognerà ben cercarle un altro posto, prima o poi. Il massimo, naturalmente, sarebbe Alessandro “Dibba” Di Battista. Ma qui bisogna fare presto, prima che parta di nuovo per le vacanze.