La sottosegretaria al Mise su Facebook: "Non basterà approvare una legge per eliminare le tossine del razzismo inoculate da Salvini. Anzi, rischia di avere l’effetto contrario perché ORA non sarebbe compresa". Fornaro (LeU): "In una nazione normale sarebbe votata da tutti". Salvini: "Vogliono ritrasformare l’Italia in un campo profughi d’Europa"
L’iter riparte il 3 ottobre in commissione Affari costituzionali e nella maggioranza si è aperto il dibattito. L’idea di rimettere sul tavolo lo ius culturae, il diritto a chiedere e ottenere la cittadinanza dopo aver completato con successo un determinato ciclo di studi, lanciata dal pentastellato Giuseppe Brescia non convince molti nel Partito democratico. Nel giorno in cui lo stesso relatore frena – “Siamo ben lontani dalla discussione di un testo base e c’è anche un testo a prima firma Polverini che introduce lo ius culturae. Ora comunque le priorità in commissione sono altre, a cominciare dalla riduzione del numero dei parlamentari che approveremo martedì” – fa sentire la propria voce contraria un’autorevole esponente del Pd, Alessia Morani.
“Scrivo questo post con la consapevolezza che attirerò molte critiche – premette su Facebook la sottosegretaria allo Sviluppo economico – ma anche con la convinzione di interpretare il “sentiment” della maggioranza delle persone che guardano con simpatia al nostro governo. Premetto che lo ius culturae è un principio sacrosanto ed una legge di grande civiltà ma riprendere ORA il dibattito sull’approvazione di questo provvedimento è un errore“.
“Una legge di questo tipo deve essere approvata solo dopo avere dimostrato che c’è un modo efficace e diverso da quello di Salvini di governare i flussi migratori e di fare sul serio politiche di integrazione. Il paese è profondamente diviso sul tema dell’immigrazione e non basterà approvare una legge sullo ius culturae per eliminare le tossine del razzismo inoculate da Salvini. Anzi, rischia di avere l’effetto contrario perché ORA non sarebbe compresa“, aggiunge.
“Aspettiamo giugno del prossimo anno, diamo il tempo agli italiani di apprezzare la nostra azione di governo e poi approviamo lo ius culturae. Sono anni che diciamo che dobbiamo ritornare in sintonia con il ‘popolo‘ e per farlo, però, occorre prestare davvero l’orecchio a quello che sente il ‘popolo’. Abbiamo una grande occasione: per dare serenità al paese e per fare sentire a tutti ma proprio a tutti che siamo un unico popolo a prescindere dal colore della pelle”, conclude.
Di parere diametralmente opposto Federico Fornaro: “In una nazione normale una nuova legge sulla cittadinanza fondata sullo ius culturae sarebbe votata da tutti, anche dalla destra – afferma in una nota il capogruppo di Liberi e Uguali alla Camera – Stiamo parlando di migliaia di ragazze e ragazze nati in Italia e che studiano insieme ai loro coetanei italiani e che si sentono (e sono) italiani più di tanti fomentatori d’odio e di intolleranza”. Una voce, quella di Fornaro, che si unisce a quelle di Giuliano Pisapia, ex sindaco di Milano eletto da indipendente nel Pd, secondo cui bisogna lasciarsi alle spalle “l’oscurantismo di Salvini: il M5S può dimostrarlo ora praticamente”, e di Graziano Delrio: “È molto importante che si discuta del tema di dare più garanzie e più diritti senza pregiudizi – afferma il capogruppo del Pd alla Camera – Questo accordo, che è più moderato rispetto al nostro testo originario, è aperto ai contributi di tutti coloro che non fanno propaganda sulla pelle di questi ragazzi. Del resto, anche in Forza Italia hanno presentato una proposta di legge sul tema”.
Le opposizioni promettono barricate. “Il governo più anti-italiano della storia ha deciso di svendere la cittadinanza italiana – scrive su Facebook la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni – Pd e M5S sono pronti a far passare la legge Boldrini che aprirà le porte allo ius soli”. “Temo che qualcuno abbia promesso alla Merkel di ritrasformare l’Italia in un campo profughi d’Europa e ci sia qualche cooperativa che sta aspettando di tornare a fare affari”, attacca il leader della Lega Matteo Salvini.