Molti la conoscono, pochi (o poche) ne parlano. La masturbazione femminile non è soltanto un fenomeno fisiologico fondamentale della vita sessuale, ma una piacevole attività dagli importanti benefici dal punto di vista fisico e della salute globale della persona.
Inoltre riguarda anche una pratica attorno alla quale ruotano ancora un certo alone di mistero e di malizia, un tabù considerato tale soprattutto dalle esponenti stesse del genere femminile.
Esiste, infatti, un profondo divario tra la masturbazione femminile e quella maschile, che contribuisce a rendere meno positiva per la ragazza questa esperienza. Della masturbazione femminile non si parla, il messaggio è quindi che non esiste o non è lecita, di qui il timore di essere “anormale” o di sentirsi una “ninfomane” se viene praticata.
Il modello vigente di donna come oggetto sessuale passivo e remissivo, pronta a ricevere piuttosto che a dare piacere si riflette anche in quest’ambito perché implicitamente vige l’idea che sia difficile per il sesso femminile procurarsi piacere o essere attivamente pronte a ricercarlo tramite fantasie o desideri sessuali.
Inoltre, la masturbazione costituisce la prima tappa erotica dell’adolescenza e, nella nostra cultura, costituisce il momento di transizione tra la sessualità pregenitale fantasticata e l’attività genitale vera e propria che verrà agita con un partner reale dell’altro o del proprio sesso. Sul piano strettamente somatico, la masturbazione fornisce un’occasione di rinnovata conoscenza del corpo, modificato dalla maturazione puberale, favorendone la riappropriazione più consapevole.
Sulla possibilità di ottenere piacere tramite la masturbazione vanno tuttavia operate delle differenze tra quella maschile e quella femminile perché il maschio scopre, fin dai primi giorni di vita, che può ottenere sensazioni di piacere non solo dalla zona erogena orale, ma anche dalla manipolazione dell’organo genitale. La bambina, invece, tende a mettere in atto, anziché la manipolazione, esercizi di strusciamento e di sfregamento dell’organo sessuale poiché procurano maggiore piacere.
I bambini in generale scoprono molto presto, seppur senza un’intermediazione dell’intelletto, il piacere sessuale. In alcune ricerche è stato visto che questa scoperta inizia ancor prima della nascita: sostanze dolci che passano attraverso il liquido amniotico producono un riflesso di piacere nei genitali a partire dal terzo mese di gestazione mentre in altre ricerche sono stati individuati sia movimenti simil-masturbatori durante la 28esima e la 32esima settimana di gestazione, che presenza di erezione peniena nel feto durante la 29esima e 36esima settimana.
La masturbazione passa quindi dall’essere un’attività infantile messa in atto in momenti di ansia e/o di esplorazione corporea fino a divenire un’esperienza associata alla sessualità ed al piacere sessuale. Essa è, nella quasi totalità dei casi, accompagnata da fantasie erotiche, ed è proprio il tipo di fantasia associata all’atto masturbatorio a qualificare l’atto stesso, poiché prelude ad un rapporto con l’altro o alla semplice attuazione e presa di consapevolezza delle proprie preferenze sessuali.
Le donne che riescono a raggiungere l’orgasmo attraverso la masturbazione anche nel rapporto con il partner spesso usano tale tecnica come ulteriore stimolo, inoltre numerose ricerche in sessuologia clinica hanno riscontrato che le donne che si dedicano all’autoerotismo hanno una vita sessuale molto più attiva e soddisfacente e raggiungono più facilmente l’orgasmo rispetto a quelle che non la praticano.
Oltre all’importanza della scoperta del proprio corpo, la masturbazione apporta benefici a livello fisico: rilasciando ossitocina aiuta a combattere lo stress, andando a disattivare l’area cerebrale responsabile di tensioni psicologiche come ansia, paure e pensieri negativi.
In definitiva, visto che la masturbazione è il metodo di maggior successo per produrre un orgasmo e visto che produce degli orgasmi più intensi, è logico supporre che sia il miglior trattamento per migliorare il potenziale orgasmico nelle persone anorgasmiche o vaginismiche.
L’autoerotismo ha un buon valore terapeutico soprattutto per quelle donne che soffrono di disturbi della risposta sessuale come l’anorgasmia che indica una situazione nella quale non si è mai sperimentato l’orgasmo. In questi casi, molto frequenti, la pratica dell’autoerotismo inserita in un programma di psicoterapia sessuale aiuta la donna nella conoscenza del proprio corpo e delle sue reazioni e permette un graduale abbandono alle sensazioni di piacere fino al raggiungimento dell’orgasmo.
Si ringrazia la dr.ssa Elisa Ginanneschi per la collaborazione