Un’altra telefonata per fare pressioni su chi lo stava intralciando, questa volta con le sue indagini, e il ministro della Giustizia William Barr in giro per diversi Paesi, compresa l’Italia, alla caccia di ‘notizie’ sul Russiagate. Secondo quanto riportato da New York Times e Washington Post Donald Trump avrebbe insistito con il premier australiano Scott Morrison in una recente conversazione telefonica perché aiutasse il ministro della Giustizia a raccogliere informazioni per screditare l’indagine dell’ex procuratore speciale per il Russiagate, Robert Mueller. La Casa Bianca, scrive il quotidiano americano che cita alcune fonti, ha limitato l’accesso alla trascrizione della telefonata a un numero ristretto di consiglieri del presidente americano.

Per quanto riguarda l’Italia, invece, Barr ha chiesto di aiutare l’amministrazione Trump a fare chiarezza sulle origini del Russiagate e in particolare sull’operato di Fbi e Cia nelle elezioni del 2016. Sempre al fine di “screditare” le indagini di Mueller. Secondo quanto riportano i due autorevoli quotidiani statunitensi, Barr nei giorni scorsi sarebbe per questo “volato in Italia” dove avrebbe incontrato venerdì scorso alcuni alti funzionari dello Stato.

Il Dipartimento di Giustizia non precisa se gli incontri abbiano riguardato o meno l’indagine sulle elezioni americane del 2016. Ma secondo le indiscrezioni del Washington Post, Barr avrebbe chiesto all’Italia assistenza sull’indagine condotta da John Durham, il procuratore del Connecticut chiamato a fare chiarezza proprio sulle origini del Russiagate e a stabilire se la raccolta di informazioni dell’Fbi tre anni fa sulla campagna elettorale di Trump sia stata appropriata.

La visita non sarebbe stata la prima di Barr in Italia per incontrare esponenti dell’intelligence del nostro Pese, aggiunge il Washington Post, precisando che richieste analoghe sono state avanzate anche ad altri governi. Barr – riporta il quotidiano – sarebbe stato infatti impegnato in una serie di incontri privati con funzionari di intelligence stranieri “cercando aiuto per l’indagine del Dipartimento di Giustizia che Trump si augura siano in grado di screditare l’esame delle agenzie di intelligence americane sulle interferenze russe nelle elezioni del 2016″.

La posizione del presidente Usa si aggrava quindi su più fronti, a pochi giorni dalla rivelazione della telefonata tra il tycoon e il leader ucraino Volodymyr Zelensky, quella al centro dell’avvio dell’indagine per l’impeachment del presidente americano. Una chiamata a cui, scrive il Wall Street Journal, avrebbe partecipato il segretario di Stato Mike Pompeo, che proprio martedì sarà in visita in Italia. In questo ambito tre commissioni della Camera hanno ordinato a Rudy Giuliani, l’avvocato personale del presidente, di consegnare la documentazione relativa alla sua interazione con l’Ucraina.

La richiesta è stata avanzata nell’ambito dell’indagine di impeachment contro Trump per aver sollecitato personalmente e tramite lo stesso Giuliani le autorità ucraine a far indagare i Biden. Sulla procedura aperta dai democratici, il presidente continua a minimizzare: in serata ha detto ai cronisti di essere a caccia della talpa, oggi protetta dalla legge Usa sui whistleblower, che ha rivelato la chiamata. “Stiamo provando a scoprire” chi è stato, ha detto Trump, ribadendo che, a suo modo di vedere, la chiamata in cui chiese al presidente ucraino di far indagare i Biden fu “perfetta” e che sarebbe stato l’informatore a farla sembrare terribile.

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