di Roberto Budini Gattai*
Della vendita degli ultimi otto ettari delle Officine Grandi Riparazioni ferroviarie (ex Ogr) ha scritto recentemente Antonio Fiorentino nella quarta scheda della ricca inchiesta A chi fa gola Firenze?, pubblicata su questo blog. Da molti anni le aree ferroviarie sono sottoposte a dismissioni e programmi di vendita, guidati da “Master plan” sempre in corsia preferenziale e sempre un po’ segreti.
Ovunque – qui il caso milanese denunciato da Gianni Barbacetto – le aree ex ferroviarie sono strategiche per la loro dimensione, per la posizione tra la città antica e le grandi espansioni, per essere almeno potenzialmente vuote, cioè capaci di restituire alla città suolo, vegetazione e qualità del paesaggio laddove si è costruito troppo e male. A queste caratteristiche l’area delle ex Officine fiorentine aggiunge la contiguità al “Piazzale del Re”, il più elegante dei due parterre rimasti, pensato come ingresso al Parco delle Cascine che fronteggiano lungo il Fosso Macinante gli otto ettari, il cui bando d’asta scade il 28 ottobre.
Una complicata trattativa tra Comune e Ferrovie ha fatto convergere su quest’area ben 54mila mq costruibili, previa demolizione dell’esistente – salvo un capannone tutelato dalla Soprintendenza. Si tratta del solito cocktail di funzioni supposte gradite agli anonimi investitori globali, che il sindaco è andato a cercare perfino a Mosca. In un breve resoconto di questo viaggio, uscito il 4 settembre scorso sul Corriere Fiorentino, si dà atto della strategicità di quest’area per la vicinanza ai servizi più esclusivi della città. Nulla sull’interesse pubblico derubato di un luogo simbolo della città, sull’incremento di consumo di suolo di questa eccedente speculazione; nessuno che rompa il silenzio su un’operazione così grave.
C’è stata una “estate fiorentina”, di gran lunga la più suggestiva e originale che io ricordi (purtroppo unica e lontana nel tempo), i cui spettacoli si svolgevano tra vecchi vagoni di treno parcheggiati nel parco ferroviario di queste Officine. E’ in quella direzione che va trovato l’interesse pubblico, nello spazio all’aperto per molti eventi che nell’attuale torsione turistica degli spazi forzano e stravolgono per settimane le piazze basilicali della città antica.
Ma anche nella possibilità di accogliere piccoli mercati, trasformando un capannone in loggia e un altro in serra didattica, per alleggerire il Parco naturalistico delle Cascine; rinaturalizzando altre parti magari connesse a un viale di giardino che porti alla Manifattura Tabacchi e prosegua fino al Barco per riconnettersi alla ciclabile dei laghetti di Signa. E utilizzando il capannone vincolato per l’esercizio della cittadinanza (cultura, politica, gioco, lavoro). Trasformando nel modo più semplice i binari dismessi in linea tramviaria.
Infine, poiché questa “strategica” lottizzazione si tira dietro uno sciagurato progetto di strada a quattro corsie lungo il Canale Macinante che asfalterà oltre 11 ettari di prato, è di grande interesse – per l’aria che respiriamo, per l’acqua che vorremmo veder scorrere nell’antico canale, per una città più ricca e meno banale – che questi otto ettari vengano acquistati dal Comune. C’è un modo semplice, menzionato nel bando di gara: l’esercizio della prelazione. Basterebbe solo capirne l’importanza.
*urbanista perUnaltracittà