Mafie

Mafia, il “re dell’eolico” Vito Nicastri condannato a 9 anni per concorso esterno

Il pm Paolo Guido aveva chiesto la pena a 12 anni di carcere. L’imprenditore è socio d’affari dell’ex deputato Franco Paolo Arata, indagato nell’inchiesta che vede coinvolto anche l'ex sottosegretario della Lega, Armando Siri. Secondo l’accusa l'imprenditore siciliano sarebbe stato tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro.

Nove anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. È la condanna emessa dal gup di Palermo per Vito Nicastri, l’imprenditore di Alcamo diventato noto come il “re dell’eolico” grazie agli affari milionari fatti nel campo delle energie rinnovabili. Secondo l’accusa Nicastri sarebbe stato tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro.

L’impero del signore del vento” – Il pm Paolo Guido aveva chiesto per Nicastri la pena a 12 anni di carcere. L’imprenditore è socio d’affari dell’ex deputato Franco Paolo Arata, indagato nell’inchiesta che vede coinvolto anche l’ex sottosegretario della Lega, Armando Siri. Il procedimento era stato istruito dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, che indaga Nicastri in un secondo procedimento in cui è coinvolto anche Arata, accusato di trasferimento fraudolento di beni con l’aggravante del metodo mafioso. Già in passato Nicastri era stato coinvolto in indagini per fatti di mafia: nel 2011 gli era stato sequestrato un patrimonio da un miliardo e mezzo di euro. Era il valore di 43 società di capitali e 98 beni immobili. Denaro accumulato grazie alla sua attività nel capo dell’energia eolica. Persino il Financial Times si era occupato di lui, con un lungo articolo in cui lo aveva ribattezzato “il signore del vento”.

Le accuse del pentito – Era stato il pentito Lorenzo Cimarosa ad accusare Nicastri. Cimarosa, scomparso di recente, aveva accusato il “re dell’eolico” di essere tra gli sponsor economici della latitanza dell’ultima primula rossa di Cosa nostra. E aveva raccontato ai magistrati di una borsa “piena di soldi” che Nicastri avrebbe fatto avere al capomafia latitante attraverso un altro uomo d’onore, Michele Gucciardi. “Mi ha detto che praticamente erano i soldi dell’impianto di Alcamo, e che c’erano stati problemi perché aveva tutte cose sequestrate e i soldi tutti insieme non glieli poteva dare, perciò glieli avrebbe dati in tante tranches”, diceva il pentito. A consegnare quei soldi a Messina Denaro sarebbe stato Francesco Guttadauro, parente del padrino di Castelvetrano.

I legami con Cosa nostra – Secondo le indagini della Direzione investigativa antimafia “sono stati acquisiti elementi di prova circa l’esistenza di un reticolo di società, tutte operanti nel mercato delle energie rinnovabili, facenti capo solo formalmente alla famiglia Arata (oltre a Paolo, anche al figlio Francesco ed alla moglie Alessandra Rollino), ma di fatto partecipate occultamente da Vito Nicastri, vero regista delle strategie imprenditoriali, considerato dal medesimo Paolo Arata “la persona più brava dell’Eolico in Italia”. Ex deputato di Forza Italia, negli ultimi anni Arata si è avvicinato alla Lega di Matteo Salvini.

Il caso Siri – I legami tra Arata e Nicastri fanno finire nei guai anche l’ex sottosegretario della Lega, che si era dovuto dimettere dal governo dopo essere finio indagato per corruzione. “Siri ci lavora un secondo per guadagnare trentamila euro“, ha detto intercettato Arata. Per questo motivo Siri è indagato da parte della procura di Roma perché si sarebbe fatto corrompere da Arata con una mazzetta da trentamila euro. “Guarda che l’ emendamento passa“, dice Arata il 10 settembre dell’ anno scorso, mentre il suo telefonino – trasformato in trojan dalla Dia di Trapani – registrava ogni parola. Il riferimento era per una norma al decreto “rinnovabili” che avrebbe portato milioni di finanziamenti al mini eolico. “L’emendamento è importante. Sono milioni per noi l’emendamento, che cazzo”, dice Arata. Quell’emendamento non passerà mai.

Aggiornamento del 21 gennaio 2021

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