Tre ginecologi dell’Humanitas di Milano sono indagati per il caso di una donna di 40 anni morta dissanguata dopo un raschiamento fatto in seguito a un aborto spontaneo. Secondo l’accusa, i medici non avrebbero asportato subito l’utero perforato per errore: stando alle ricostruzioni, sarebbero state effettuate trasfusioni di sangue, ma non l’immediata isterectomia che le avrebbe salvato la vita. L’udienza preliminare è stata fissata per il 10 dicembre. A chiedere il rinvio a giudizio dei tre ginecologi è stato il pm Mauro Clerici, titolare dell’inchiesta per omicidio colposo nata dalla denuncia del compagno della donna morta il 12 aprile dell’anno scorso.
La vittima era arrivata all’Humanitas per il raschiamento dopo un aborto precoce e spontaneo alla nona settimana. Questo tipo di intervento chirurgico di solito viene eseguito in day hospital, dura una quindicina di minuti e tra i rischi, che sono rari, figura anche la perforazione dell’utero. In sala operatoria, secondo la ricostruzione, la perforazione ha causato una importante emorragia che i tre medici, però, non sarebbero stati in grado di gestire nell’emergenza. Hanno proceduto con le trasfusioni di una serie di sacche di sangue senza procedere all’asportazione dell’utero. Quando poi hanno deciso di procedere con la isterectomia, cioè la rimozione dell’utero con la tecnica della laparotomia, è risultato essere troppo tardi.
“La paziente”, si legge nella nota dell’Humanitas, “è stata sottoposta ad un intervento chirurgico di natura ginecologica. Durante l’intervento si è manifestata una seria complicanza cui è seguita un’improvvisa e inarrestabile emorragia. A nulla sono valsi tutti gli interventi messi in atto dall’équipe chirurgica e il coinvolgimento di tutte le risorse professionali e tecnologiche di Humanitas. L’ospedale esprime il proprio forte e sincero rammarico per quanto accaduto, nonostante tutti gli sforzi profusi”.