“Get Brexit done“, facciamo la Brexit. Nel suo discorso al Congresso dei Conservatori, a Manchester, il primo ministro britannico, Boris Johnson, rilancia il suo slogan ribadendo che, con accordo o meno, il 31 ottobre il Regno Unito uscirà dall’Unione europea. “Con un accordo, ma in ogni caso”, ha dichiarato, esponendo poi l’ultima proposta che porterà ai tavoli di Bruxelles e che ricalca le anticipazioni diffuse dagli organi di stampa nazionali. Dalla Commissione Ue fanno sapere che “il testo di Londra sarà analizzato”.
Il premier britannico parla di un “compromesso equo e ragionevole”. In realtà, si tratta di un ultimatum. Se da Bruxelles arriverà l’ennesimo ‘no’ a una modifica degli accordi firmati con il precedente governo di Theresa May, allora, vista l’entrata in vigore della legge anti-no deal che impedisce all’esecutivo di portare a termine un’uscita senza accordo senza chiedere un ulteriore rinvio all’Ue, Johnson chiederà nuove elezioni.
Durante il suo intervento, il premier britannico ha annunciato di aver raggiunto un accordo con il Partito Unionista Democratico (Dup) nordirlandese per la soluzione della questione più spinosa, alla base di tutte le bocciature di Westminster ai precedenti accordi: quella sul confine nordirlandese. Secondo la proposta, il Regno Unito uscirebbe dall’Ue e dal mercato comune alla fine del periodo di transizione che si concluderà nel 2021, mentre a rimanere soggetta alle normative comunitarie per i prodotti agroalimentari e i manufatti, almeno fino al 2025, sarà l’Irlanda del Nord.
Un compromesso che accontenta i nazionalisti di tutto il Regno, che potrebbero così dare l’ok alla proposta, e che sembra aver aggiunto l’ok anche degli unionisti nordirlandesi. L’ipotesi di un nuovo confine fisico tra Belfast e Dublino, che metterebbe a rischio la pace sancita con gli Accordi del Venerdì Santo, è esclusa dall’istituzione di controlli doganali fra Irlanda e Irlanda del Nord non sulla linea di frontiera, bensì sparsi a una distanza imprecisata da essa sui due lati del confine: “In nessun caso avremo controlli presso o vicino al confine nell’Irlanda del Nord – ha dichiarato – Rispetteremo il processo di pace e l’accordo del Venerdì Santo”. Inoltre, i beni agricoli e industriali commerciati fra Paesi Ue e Irlanda del Nord saranno dichiarati al transito attraverso l’Irish Sea fra la stessa Irlanda del Nord e il resto del Regno Unito.
Per alleggerire i controlli e facilitare le cose a Belfast, Londra chiede all’Ue di non imporre all’Irlanda del Nord un codice doganale (Ucc) né le proprie regolazioni sull’Iva (Vat), entrambe richieste problematiche per Bruxelles. Inoltre, Londra chiede di garantire un’esenzione del solo territorio nordirlandese dall’obbligo di uniformarsi alle tutele europee sul lavoro. Solo a scadenza del periodo provvisorio, nel 2025, il Parlamento nordirlandese deciderà cosa fare: chiedere di adattare gli standard britannici o mantenere lo status quo. Una decisione che potrebbe riaprire la discussione sul confine tra le due Irlanda che ha rallentato l’uscita del Regno dall’Ue.
Rivolgendosi all’Ue, ha definito la proposta “un compromesso costruttivo” e accettabile per entrambe le parti: “Spero vivamente che i nostri amici dell’Ue capiscano e scendano a compromesso a loro volta, perché se non riusciamo a trovare un accordo a causa di una discussione essenzialmente tecnica sull’esatta natura dei futuri controlli doganali, quando quella tecnologia sta migliorando continuamente, allora non ci sono dubbi che l’alternativa è il no deal. Non è un risultato che vogliamo, non è un risultato che cerchiamo”.
Da parte sua, la Commissione fa sapere, attraverso la portavoce Mina Andreeva, che il presidente della commissione ue Jean-Claude Juncker “avrà una telefonata oggi con il premier britannico Boris Johnson”. “Nel corso della giornata riceveremo un testo da Londra e lo esamineremo attentamente – ha continuato – Ci sarà poi un dibattito costruttivo“. La portavoce ha poi ricordato che “l’Ue vuole un accordo” con Londra e che “un recesso ordinato è l’opzione preferibile rispetto ad un no deal”.
La proposta ha provocato reazioni critiche in Irlanda. La ministra degli Affari Europei di Dublino, Helen McEntee, parla di un’offerta “prendere o lasciare” con aspetti “inaccettabili”. E l’opposizione del Fianna Fail di proposte “impraticabili e illegali”.