Oggi un papà dell’associazione Tutti a scuola, Vittorio Viglione, commentando l’ennesimo disservizio del comune di Napoli su un progetto riguardante il Dopo di noi per 36 famiglie, ha scritto queste parole. Le condivido in punta di piedi solo dopo averlo ringraziato per la straordinaria tenerezza che attraversa il suo pensiero. Credo che ogni cittadino di questo Paese dovrebbe farne un’attenta lettura. E che ogni rappresentante politico dovrebbe avere comportamenti coerenti e consequenziali nella scelta delle priorità.
Destinati a vivere una vita non scelta, ad accettarla per amore. Con la cappa del dolore sulle spalle e il cui peso ci accompagnerà fino all’ultimo istante, per poi morire dannati. Gli infili i calzini con cura quasi maniacale, facendo attenzione che le cuciture capitino nei posti giusti, la maglia intima ben stesa nei pantaloni e che non faccia pieghe. E poi le scarpe.
Ti senti quasi sciocco: quante attenzioni. Lo guardi, ti intristisci e pensi ‘avranno la stessa cura, quando resterai da solo?’. Al diavolo le filosofie, le masturbazioni mentali, le religioni: quando sarà, sarai solo.
Poi proprio quella mattina vedi al tg un servizio su maltrattamenti in una casa di cura, dove assistenti (appartenenti alla genia umana) trattavano i pazienti come valvole di sfogo per le loro frustrazioni, picchiandoli, non considerandoli appartenenti alla stessa razza, ma esseri inutili, incapaci di provvedere da soli ai propri bisogni.
Cosa potete dire a un genitore che non riesce a trovare un medico specialista che curi al figlio o alla figlia un semplice mal di denti – ‘perché non preparati a simili situazioni’- e che quindi è costretto, suo malgrado, a chiedere cortesie e favori a persone che manco conosce, dovendo spiegare le proprie angosce a ognuno e fino alla nausea.
Dannarsi nei momenti in cui si è soli quando il corpo prova sollievo e la mente si sfrena in vorticose danze che hanno come unico sfogo il pianto. Sentirsi soli in una lotta che sai avrà fine solo con la morte, ed aspettarla quasi come la manna dal cielo. Ma lui come vivrà?
E ti rendi conto che nemmeno morire ti è dato di augurarti. In questi venticinque anni della tua vita la frase che mi ha colpito di più, da parte di mamme con figli disabili, è stata ‘spero di morire un attimo dopo di te’. Non ha senso, ma purtroppo è la realtà.