The Irishman, Jojo Rabbit, Le Mans ’66. E ancora A Beautiful Day in the Neighbourhood, The Aeronauts, The Two Popese The Peanut Butter Falcon. Sono solo estratti d’eccellenza – e futuri protagonisti ai prossimi Oscar – fra i 345 titoli che da oggi al 13 ottobre approderanno a Londra, che diventa per una decina di giorni la capitale del cinema mondiale, attutendo – se possibile – i tormenti pre-Brexit ai sudditi londinesi di Sua Maestà.
Giunto alla sua 63ma edizione,lo storico BFI London Film Festival vanta un’esplicita tradizione accanto a un assist sostanziale: per favorevole location linguistico-spazio-temporale accorpa il meglio in circolazione dei titoli internazionali – specie dagli States -, una sorta di summa di prime scelte fra i festival maggiori del circuito (Sundance, Berlino, Tribeca, Cannes, Venezia, Toronto, New York..in ordine cronologico) presentando sia anteprime europee e nazionali, ma anche alcune mondiali, specie per i prodotti “Made in UK”, come recita il “dickensiano” film di apertura The Personal History of David Copperfield dell’italo-scozzese Armando Iannucci.
Naturale gli occhi siano tutti puntati sulla serata di “Closing Gala” del 13 ottobre che vedrà sul Red Carpet Martin Scorsese, Robert De Niro, Al Pacino, Harvey Keitel e Joe Pesci a celebrare la premiere continentale di The Irishman, forse il più atteso film di quest’autunno. Dopo l’anteprima mondiale tenuta a New York il 27 settembre, il nuovo ed epico viaggio (di ben 209’..) di Scorsese nell’America criminale aprirà il suo tour europeo proprio al London Film Festival, facendo la settimana successiva (il 21 ottobre) tappa in Italia nel contesto della 14ma Festa del Cinema di Roma: il tutto si concluderà con la messa in onda su Netflix il 27 novembre.
Ma non solo Scorsese, si diceva. Accanto a tantissime gemme, più o meno altisonanti, provenienti dai grandi festival, la kermesse diretta dall’americana ma residente britannica Tricia Tuttle, offrirà nei suoi Gala dei titoli di imponente portata mediatica, uno dei primi trampolini di lancio verso la corsa agli Oscar. Fra questi la pungente satira contro il nazismo di Taika Waititi, Jojo Rabbit, già trionfatore per il pubblico del Toronto Film Festival, con un cast stellare che annovera Scarlett Johannson (presente a Londra anche per il “veneziano” Marriage Story di Noah Baumbach), Sam Rockwell e il giovane Roman Griffin Davis nei panni di Jojo.
Il film uscirà anche in Italia dopo aver aperto il prossimo Torino Film Festival. E poi gli altrettanto attesi Le Mans ’66 di James Mangold (da noi il 14/11) sulla mitica amicizia fra Carol Shelby (Matt Damon) e Ken Miles (Christian Bale) che animò la F1 negli anni ’60 e A Beautiful Day in the Neighbourhood di Marielle Heller che vede Tom Hanksnei panni dell’anchorman tv Fred Rogers. Guardando fra i “locals”, il festival presenterà anche il nuovo lavoro di Michael Winterbottom– Greed– con Steve Coogan e Isla Fisher, quello di Tom Harper, The Areonauts, una fiaba nel progresso positivista vittoriano con la consolidata coppia Eddie Redmayne-Felicity Jones.
Ed ancora l’ “ecclesiastical drama” diretto dal brasiliano Fernando Meirelles, The Two Popes, che portano il volto di Anthony Hopkins e Jonathan Pryce: il film, che sarà programmato su Netflix a Natale, vede fra i Paesi coproduttori anche l’Italia che, in termini sia di qualità che di quantità, non sfigurerà affatto nella Capitale britannica. La folta squadra tricolore, infatti, si compone di sei fra i migliori titoli degli ultimi mesi, tutti più o meno presentati (e vittoriosi) ai grandi concorsi internazionali, a partire da Il Traditore di Marco Bellocchio che proprio da Londra inizia il suo tour promozionale per l’Oscar. Al suo fianco ci saranno Martin Eden di Pietro Marcello, La paranza dei bambini d iClaudio Giovannesi, Maternal di Maura Delpero, La famosa invasione degli orsi in Sicilia di Lorenzo Mattotti, La scomparsa di mia madre di Beniamino Barrese.
E le star? Ce ne saranno a palate, come si suol dire. Da Hollywood, dal mondo intero, ma anche da poche miglia dal Red Carpet: perché gran parte dei migliori performer sono britannici, e mai si perderebbero il gusto di giocare in casa.