Pena confermata in appello per Luca Traini, condannato dalla Corte d’assise d’appello a 12 anni di carcere per il raid a colpi di pistola contro i migranti a Macerata del 3 febbraio 2018. Nel giro di pochi minuti, Traini riuscì a ferire 6 persone, pensando così di vendicare l’omicidio di Pamela Mastropietro, e poi venne arrestato nel centro della città marchigiana. L’imputato, 30 anni, originario di Tolentino, già detenuto nel carcere anconetano di Montacuto, nel primo grado del processo che si sta svolgendo con rito abbreviato era stato condannato alla stessa pena.
La Corte d’assise d’appello, presieduta da Giovanni Treré, ha quindi accolto la richiesta del procura generale, guidata da Sergio Sottani, che aveva chiesto la conferma della condanna ritenendo Traini responsabile di strage aggravata dall’odio razziale, danneggiamento e porto abusivo d’arma. La difesa, oltre alla rinnovazione della perizia psichiatrica, aveva sostenuto per lui la non configurabilità del reato di strage, l’assenza dei motivi razziali e l’applicazione delle attenuanti generiche. Il legale aveva anche sollecitato la concessione per il suo assistito degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
“La condanna per strage? Me l’aspettavo, ora aspetto la verità anche per Pamela, Oseghale non può aver fatto tutto da solo”, ha detto Traini ai microfoni dei giornalisti, mentre veniva portato via dall’aula della polizia penitenziaria per essere ritrasferito in carcere. Come ha sempre detto, Traini agì per ‘vendicare’ l’omicidio di Pamela Mastropietro, la 18enne romana, allontanatasi da una comunità di recupero a Corridonia. Venne uccisa e smembrata il 30 gennaio 2018 a Macerata. Per il delitto, il pusher nigeriano Innocent Oseghale è stato condannato all’ergastolo in primo grado. Per i presunti complici nigeriani, inizialmente arrestati e poi rimessi in libertà, la procura di Macerata ha chiesto l’archiviazione delle accuse.