Dopo la giravolta, il fallimento delle trattative con Emendatori e Spes e l’annuncio di un accordo con Optima, la proprietà turca della Pernigotti di Novi Ligure al tavolo tenutosi al ministero dello Sviluppo economico annuncia che il piano industriale “verrà presentato a breve“, parola del direttore finanziario, Pierluigi Colombi. “Siamo basiti e anche un po’ arrabbiati. Oggi ci viene presentato un piano industriale ‘virtuale’, tutto ancora da costruire, in cui già si parla di esuberi senza alcuna garanzia di crescita della produzione e di investimenti”, ha commentato il segretario nazionale Uila, Pietro Pellegrini. Sulla stessa linea anche il segretario nazionale della Fai Cisl, Roberto Benaglia: “Si parla di fare cassa con il costo del lavoro e tagli al personale. Un piano molto vago”, ha detto al tavolo. “Abbiamo sentito solo le parole di riduzione del personale e flessibilità”: così Sara Palazzoli, segretaria nazionale Flai Cgil, commenta l’incontro odierno.
Durante il tavolo, fonti sindacali avevano fatto trapelare alle agenzie l’annuncio di un piano con 25 esuberi sui 70 attuali dipendenti. Il direttore finanziario Colombi smentisce: “Non ci saranno esuberi, ma semplicemente un piano che accompagnerà volontariamente chi intende chiudere la propria carriera”. Con la strategia delle uscite volontarie “abbiamo dato voce alle richieste delle persone che sono vicine al completamente della loro vita lavorativa”, ha continuato a spiegare Colombi, aggiungendo che entro le prossime tre settimane l’azienda sarà pronta a illustrare il piano industriale.
Sul futuro dello stabilimento Pernigotti di Novi Ligure “avevamo un preliminare di vendita con tanto di salvataggio dell’azienda, ora non si sa cosa sia cambiato, visto che la gestione Pernigotti da parte dell’attuale proprietà perdeva un milione e mezzo di euro l’anno”, ha detto Benaglia durante l’incontro al Mise. “Abbiamo apprezzato l’interessamento di Optima, ma le garanzie per le lavoratrici e i lavoratori sono veramente sconosciute al momento”, ha continuato il segretatio della Fai Cisl. Ad agosto “abbiamo lasciato dei preliminari di vendita con i quali si salvaguardava completamente l’occupazione. Oggi la situazione sembra addirittura peggiorata con l’aggravante che sono passati altri mesi preziosi per capire il futuro della Pernigotti e dei suoi lavoratori. Aspettiamo nella Prossima riunione al Mise un vero Piano Industriale che non sia fatto sulla pelle dei lavoratori”, conclude Sara Palazzoli della Flai Cgil.
Il 27 settembre, tre giorni prima della prevista firma del contratto, la proprietà turca Toksoz dello storico marco dolciario aveva infatti comunicato alla cooperativa torinese Spes, scesa in campo per rilevare il comparto cioccolato-torrone, il recesso dal preliminare stipulato a inizio agosto, quando al Mise c’era ancora Luigi Di Maio. Poi era stato annunciato anche il fallimento del negoziato con Emendatori per la cessione del ramo gelati. Martedì sera, alla vigilia del tavolo al ministero, la nuova svolta: l’azienda ha annunciato la cessione del ramo gelati al Gruppo Optima, scelta ritenuta “migliore e più concreta” dalla proprietà turca. Che, oltre a restare titolare del marchio Pernigotti 1860, mantiene il controllo del sito produttivo di Novi Ligure (Alessandria) garantendo la produzione di preparati per gelato, cioccolato, praline e torrone tramite l’impiego del personale, dei macchinari e dello storico know-how.
L’accordo raggiunto, sosteneva martedì il manager Colombini, rappresenta “un tassello fondamentale per il piano di sviluppo della divisione Confectionary grazie al consolidamento delle attività e conseguente rivalorizzazione dello stabilimento di Novi Ligure”. Oggi il progetto è stato illustrato e approfondito al Mise, con l’annuncio dei 25 esuberi su 70 dipendenti, oltre agli altri 50 lavoratori interinali non considerati dal piano. Il 6 febbraio scorso per i lavoratori della Pernigotti era scattata la cassa integrazione straordinaria per un anno. Era in pratica la chiusura della storica azienda dei gianduiotti dopo 160 anni di attività. Quell’accordo sulla cig era stato considerato dai sindacati “necessario” per tutelare i lavoratori ma doveva puntare a un possibile rilancio. L’intesa prevedeva l’avvio di un piano di politiche attive per il lavoro.