Digito su Google “Renzo Piano green”, guardiamo cosa mi viene fuori. In primis un tot di immagini di importanti realizzazioni ecocompatibili in giro per il mondo. Devo ammettere la mia ignoranza: conosco solo la California Academy of Sciences. Tante immagini, ma poi anche tanti articoli perché è indubbio che Piano si sia costruito una fama di architetto che ha a cuore l’ambiente e il territorio (si chiama “architettura sostenibile”). Complice anche quell’aria da bravo ragazzo. Ti viene in mente un primo della classe che però passa la soluzione al compagno sfigato di banco.

Il Principato di Monaco è sicuramente uno dei luoghi più mostruosi al mondo. In due kmq ha la più alta concentrazione di cemento e asfalto sulla Terra. Dall’entroterra di Sanremo in lontananza si vede una grande macchia grigia affacciata sul mare: ecco, quello è il principato. Un luogo obiettivamente poco umano ma dove sempre più persone vogliono vivere, magari non tanto perché gli piaccia, quanto perché così pagano meno imposte. Di soldi debbono però averne davvero tanti, visto che un alloggio in centro a Montecarlo (quartiere principale dello staterello) costa, a prezzi odierni, 51mila euro al metro quadro.

Ma i super ricchi – si sa – sono tanti, ragion per cui sono 120 anni che il principato si espande. Dato che però non può farlo nell’interno, complice una bastionata calcarea, ecco la pensata di farlo in mare. Come? Semplice, cementificando il Mediterraneo.

Bene. Cosa c’entra Renzo Piano con il Principato di Monaco? C’entra, perché è stato proprio lui a firmare il progetto del Portier Cove, un promontorio artificiale che si estenderà fra il porto e lo Sporting Club. E diciamo che questa cementificazione del mare un po’ appanna l’immagine verde del nostro archistar, non credete? Anche se poi il rendering del progetto prevede sì un po’ di verde, ma è un ettaro di parco pubblico a fronte di 60 ettari di lusso abitativo e di porticciolo per nababbi.

Dicevamo della conquista del mare. Per far sì che ciò avvenga sono necessari 18 cassoni trapezoidali prefabbricati di cemento armato alti 26 metri e di 10mila tonnellate di peso ciascuno, da riempire con materiale litoide, in pratica 700mila metri cubi di sabbia. E dove prenderli, visto che il principato la sabbia non ce l’ha? Al largo di Termini Imerese, in Sicilia. A detta però della Regione, che si è espressa di recente, l’operazione non si può fare perché l’estrazione comporterebbe una accelerazione del processo di erosione in atto nel litorale.

Fra parentesi, per lo meno sconcertante la replica della ditta che avrebbe dragato il mare: “La vera grande sconfitta di questa vicenda è la Regione siciliana e il suo territorio”, perché “invece di rilanciare il ruolo e l’immagine della Sicilia a livello internazionale, conferma le direttrici del suo declino economico e sociale”. Insomma, la Regione dovrebbe andare fiera di contribuire a costruire il promontorio di Montecarlo dedicato ai super ricchi.

Ma torniamo al nostro Piano. Non è la prima volta che per realizzare le sue opere si portano avanti operazioni di cementificazione del mare. Negli anni Novanta infatti progettò l’aeroporto Kansai di Osaka, nel bel mezzo del mare. In quel caso gli ettari furono ben 511 e la terra di riempimento 150 milioni di metri cubi. Peccato che, per un errore di progettazione, dal 1990 l’aeroporto sia sprofondato di ben otto metri e il processo stia proseguendo. Al nostro archistar green (?) auguriamo miglior fortuna a Montecarlo.

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