Il ministro della giustizia statunitense, William Barr, e i vertici dei servizi segreti italiani si sono incontrati almeno due volte. E a dare l’ok ai blitz del membro del governo Usa è stato lo stesso presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che ha mantenuto la delega ai servizi segreti. Il Corriere della Sera ricostruisce la dinamica delle visite segrete italiane di Barr che avevano l’obiettivo di recuperare informazioni sull’origine del Russiagate e in particolare sul destino di “Joseph Mifsud, il professore dell’università Link Campus di Roma che nel 2016 avrebbe informato George Papadopoulos, all’epoca consigliere della campagna elettorale di Donald Trump, dell’esistenza di ‘migliaia di mail imbarazzanti su Hillary Clinton‘, in possesso dei russi”.
Adesso sta al Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica che si occupa di verificare la correttezza dell’operato dei servizi segreti italiani, verificare la “legittimità” dei contatti autorizzati da Palazzo Chigi. Barr, si legge, sta cercando infatti “elementi per screditare il lavoro di Robert Mueller e proprio in questa attività si inquadrano i suoi recenti viaggi in Italia”. Il procuratore speciale per le indagini sul Russiagate ha cercato per oltre un anno possibili contatti tra il comitato elettorale di Trump e il Cremlino per colpire la candidata democratica che ha sfidato il tycoon alle ultime elezioni presidenziali Usa. Ciò che il Copasir dovrà accertare è anche perché il capo del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), Gennaro Vecchione, abbia dato l’ok agli incontri.
La ricostruzione del Corriere parte dallo scorso agosto, quando “Barr arriva a Roma – si legge – Secondo il sito Politico, alloggia al Marriott Grand Flora Hotel, in via Veneto, a due passi dall’ambasciata americana, ed è accompagnato da alcuni collaboratori. Il ministro Usa, si scopre adesso, ha contatti con il premier Giuseppe Conte che fornisce il via libera alla collaborazione. Poi incontra il capo del Dis Gennaro Vecchione. L’obiettivo di Barr è chiaro: scoprire se il nostro Paese abbia avuto un ruolo nel Russiagate, se abbia ottenuto documenti riservati e se i servizi abbiano effettivamente aiutato Mifsud, sparito dall’ottobre 2017, a trovare un rifugio sicuro. In quei giorni è ancora in carica il governo gialloverde. Conte ha informato i suoi ministri dei contatti con Barr? Dopo quel primo appuntamento Vecchione chiede notizie ai capi delle due agenzie, l’Aisi per la sicurezza interna e l’Aise per quella esterna, e mantiene aperto il canale con Washington“.
La scorsa settimana poi, con l’esecutivo giallorosso in carica, è andato in scena il secondo incontro in forma di “riunione allargata” tra Barr, Vecchione, il capo dell’Aise, Luciano Carta, quello dell’Aisi, Mario Parente, e il procuratore John Durham. È in quell’occasione, si legge, che “viene rinnovata la richiesta, già rivolta a Gran Bretagna e Australia, di mettere a disposizione l’eventuale documentazione raccolta in questi anni. L’attenzione si concentra su Mifsud, visto il ruolo chiave che gli ha assegnato Papodopoulos. Agli atti ci sono diversi incontri tra i due, alcuni anche in compagnia di Olga Polonskaya, ex manager di una società russa che si sarebbe presentata come amica dell’ambasciatore russo a Londra. Barr insiste più volte sulla necessità di scoprire che fine abbia fatto. Nonostante risultasse irreperibile dal 2017, il professore avrebbe alloggiato a Roma, in un appartamento intestato a una società collegata con la Link Campus, fino a maggio 2018. Barr chiede notizie sull’Università e sui collegamenti con il Movimento 5 Stelle. Al termine dell’incontro, Vecchione informa Conte”.