Il file audio registrato al Metropol di Mosca lo scorso 18 ottobre può essere utilizzato perché non è di provenienza anonima e ha una fonte, che il giornalista che ha consegnato la registrazione alla Procura ha esercitato il diritto di non rivelare. Il Riesame di Milano motiva così il rigetto dell’istanza presentata dalla difesa di Gianluca Savoini contro i sequestri, sostenendo l’inammissibilità dell’audio. La prova regina dell’inchiesta sui presunti fondi russi alla Lega è quindi legittima. Così come, sottolineano i magistrati nelle motivazioni, dalla registrazione appare “nitido che parte dei soldi fosse destinata alla Lega“. Una conferma di quanto anticipato da Davide Milosa su Il Fatto Quotidiano: esiste un documento, oggi a disposizione della Procura di Milano che indaga per corruzione internazionale, in cui è abbozzato il progetto per l’acquisto del gasolio russo e i 65 milioni di dollari da piazzare nelle casse della Lega di Matteo Salvini. Un accordo che fu discusso all’hotel Metropol di Mosca e poi riportato nero su bianco.

Il cronista dell’Espresso Stefano Vergine ha raccontato ai pm che il file consegnato alla procura era il frutto “di una ‘registrazione audio in diretta‘” e ha sottolineato che “alcuni fatti erano stati riscontrati direttamente, mentre altri gli erano stati riferiti da sue fonti ‘che avevano una conoscenza diretta dei fatti'”. È uno dei passaggi delle motivazioni con cui i giudici del Riesame hanno respinto “perché infondato” il ricorso presentato da Savoini, indagato per corruzione internazionale insieme agli altri due italiani presenti all’incontro al Metropol: l’avvocato Gianluca Meranda e il consulente finanziario Francesco Vannucci.

“La percentuale del 4% per finanziare la Lega”
Nella registrazione emerge, si legge nelle 22 pagine di motivazione, “lo schema delle parti coinvolte nella trattativa considerata illecita, la possibilità di reiterare l’accordo nel tempo, l’importo da retrocedere dopo il pagamento della fornitura petrolifera, la necessità di agire rapidamente per l’avvicinarsi delle elezioni europee, l’utilità dell’accordo per entrambe le parti, la ripartizione dei compiti, la necessità di essere prudenti per non destare sospetti sul presunto ritorno illecito del denaro”. Savoini, l’uomo di Matteo Salvini per gli affari a Mosca, Meranda e Vannucci, sono seduti al tavolo con tre intermediari russi vicini all’entourage politico del presidente Vladimir Putin per trattare l’acquisto di un grosso quantitativo di petrolio. Scrive il Riesame, “prevedendo che una percentuale del prezzo pagato – nella misura indicata del 4% – sarebbe stata retrocessa per finanziare la campagna elettorale del partito politico Lega“. Circostanza che emerge “in maniera ancora più nitida dalle parti della conversazione intrattenuta in inglese“. In particolare, nelle motivazioni, si rimarca la circostanza che dalla trascrizione si evince come il “denaro ‘retrocesso’ fosse necessario per finanziare la campagna elettorale del partito politico Lega”.

I sei discutono di una compravendita sulla base di un foglio, è questa anche la lettura degli inquirenti, in cui si legge il 4% che nei piani doveva finire alla Lega e un valore che oscilla tra il 4 e il 6% da destinare ai pubblici ufficiali russi e ai loro intermediari d’affari. Dell’esistenza di questo documento si ha una prima conferma riascoltando proprio l’audio registrato al Metropol. Vende una società russa (Gazprom o Rosneft), acquista il colosso italiano Eni, dopo un passaggio intermedio con una banca d’affari londinese. È qui a Londra, secondo i documenti acquisiti dalla Procura, che viene preparata una proposta di acquisto da inviare a Rosneft, messa a punto dopo l’incontro del Metropol. Sono due passaggi dell’audio che, secondo i magistrati, annunciano l’esistenza del documento. A parlare è sempre Meranda. Nel primo dice: “Solo per averlo chiaro, aspetterò che tu confermi il prodotto, le quantità e qualunque cosa tu sia in grado di fare”. Poi aggiunge: “Farò solo uno screenshot qui e te lo invierò solo per essere sulla stessa pagina. Ok signori, penso che stia andando nella giusta direzione”.

Il decreto di sequestro è “sufficientemente motivato”
Il decreto di sequestro fatto scattare dalla procura di Milano nei confronti degli indagati del “Russiagate”, risulta quindi “sufficientemente motivato in merito alla necessità di acquisire tutta la documentazione cartacea ed informatica (screenshot) contenente riferimenti alla negoziazione che ha preceduto l’incontro registrato presso la hall dell’hotel Metropol in Mosca il 18 ottobre 2018, nonché ogni altra documentazione relativa all’esecuzione dell’accordo illecito, anche al fine di identificare coinpiutamente tutti i soggetti coinvolti nella vicenda”, scrivono i magistrati in un altro passaggio delle motivazioni. Quanto al fatto che la registrazione fosse in lingua inglese, i giudici hanno fatto notare che lo stesso Savoini parlava in inglese.

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