C’è anche l’ex sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Scopelliti tra gli indagati nell’inchiesta “Mala Gestio” che oggi ha portato all’arresto di otto imprenditori accusati della bancarotta fraudolenta della “Multiservizi Spa”, la società in house del Comune, oggi fallita ma alcuni anni fa finita al centro di un’indagine della Dda perché infiltrata dalla ‘ndrangheta. Agli arresti domiciliari sono finiti nomi importanti dell’imprenditoria reggina. Nomi che, secondo la Procura, sono al centro di quel “patto scellerato tra politica deviata, imprenditori collusi e disonesti e cosche mafiose”.
Su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri, dell’aggiunto Gerardo Dominijanni e del pm Massimo Baraldo (oggi non più in servizio a Reggio), il gip Giovanna Sergi ha disposto la misura cautelare per Pietro Cozzupoli, Lauro Mamone, Giuseppe Rechichi detto “Pino”, i gemelli Antonino e Giovanni Rechichi, Rosario Giovanni Rechichi, Michelangelo Tibaldi e Michele Tibaldi.
Complessivamente sono 18, però, i soggetti iscritti nel registro degli indagati e tra questi anche Giuseppe Scopelliti che, in qualità di ex sindaco e rappresentante della parte pubblica della Multiservizi Spa, pur detenendo il 51% delle quote “di fatto – scrivono gli investigatori della Guardia di finanza – abdicava dal controllo della partecipata, assegnando in via esclusiva tutti i poteri di gestione al socio privato di minoranza, la Gestione Servizi Territoriali Srl”.
Quest’ultima, quindi, pur detenendo solo il 49% delle quote gestiva la Multiservizi grazie a una decisione dell’ex sindaco che, “mortificando il ruolo dell’ente territoriale, svantaggiava gli interessi del Comune”. Una decisione, quella di Scopelliti, che per i magistrati “non aveva alcuna logica, né sotto il profilo giuridico, né sotto il profilo economico. Appare pertanto arduo non individuare il seme di un doloso ed astuto piano strategico per far si che la Multiservizi Spa divenisse uno strumento funzionale al soddisfacimento degli interessi economici della ‘ndrangheta e di alcune famiglie di imprenditori ad essa legate”.
L’inchiesta “Mala Gestio”, infatti, prende le mosse dall’operazione “Archi-Astrea” sull’infiltrazione della cosca Tegano nelle società miste del Comune di Reggio. Gli indagati “distraevano e dissipavano” il patrimonio, costituito da fondi pubblici, in pregiudizio dei creditori” delle sue società, la Multiservizi e la Gst, dichiarate fallite tra il 2014 e il 2015. Secondo la Procura c’era “un ingegnoso meccanismo fraudolento che ha assicurato agli indagati l’accaparramento di ingenti somme di denaro che, liquidate dal Comune di Reggio Calabria, prima venivano introitate nelle casse della Gst s.r.l. e poi da queste confluivano nelle tasche dei singoli privati”, con buona pace della manutenzione delle strade e di tutti quei servizi che la società partecipata doveva svolgere nella città dello Stretto.
Questo grazie a una convenzione del 2007 che la “Multiservizi Spa” aveva stipulato con la “Gst Srl” delegando a quest’ultima la possibilità di disciplinare le prestazioni di generici servizi e finanche definire, in modo del tutto autonomo, il proprio compenso prescindendo del tutto dalla valutazione del consto dei servizi resi. Ecco quindi che, tra il 2007 e il 2012 la Multiservizi ha pagato alla Gst quasi 12 milioni di euro provvedendo in contabilità il pagamento di ulteriori 5 milioni e 800mila euro.
Stando a quello che si legge nell’ordinanza di custodia cautelare, il meccanismo fraudolento è stato posto in essere dagli indagati “al solo scopo di incassare illecitamente i soldi del Comune di Reggio Calabria, attraverso l’escamotage della partecipazione privata e delle convenzioni astutamente stipulate attraverso anche grazie alla compiacenza degli amministratori pubblici. Per il colonnello Flavio Urbani, oggi “sappiamo che se a Reggio Calabria percorriamo strade dissestate e se dal rubinetto di casa non esce l’acqua, la responsabilità è di questi signori che oggi abbiamo arrestato”.
E se per il procuratore aggiunto Gerardo Dominijanni, “dopo il Decreto Reggio questo è il secondo sacco ai danni della città”, per il procuratore Giovanni Bombardieri l’inchiesta “Mala Gestio” ha fornito “la dimensione economica di quello che è successo a Reggio Calabria. Una dimensione che è chiara così come l’ingegnoso meccanismo fraudolento e la spregiudicatezza di imprenditori collegati direttamente alle cosche di ‘ndrangheta”. Attraverso anche a consulenze sottoscritte con soggetti “in evidente conflitto di interesse, – aggiunge Bombardieri – si sono spartiti i soldi pubblici”.
“C’è stato – sottolinea ancora il procuratore aggiunto Dominijanni – un drenaggio scientifico di somme dalla Multiservizi grazie a un patto scellerato firmato dall’ex sindaco Scopelliti”. Un “meccanismo criminale” che, scrive il gip nell’ordinanza, consentiva agli indagati di operare facilmente nel raggiungimento del proprio scopo criminoso e di fondere interessi pubblici con quelli privati che, nella realtà dei fatti, avevano assoluto e esclusivo privilegio”. Assieme agli arresti, stamattina è scattato anche un decreto di sequestro dei beni per oltre 5 milioni di euro.