Sul telefono della 38enne sono stati trovati chat e messaggi compromettenti oltre a foto osé scambiate con il ragazzino, tredicenne quando la vicenda è iniziata. Secondo l’accusa lei se n'è invaghita, ha ottenuto i permessi per farlo uscire e lo ha portato anche a casa sua chiedendo al compagno di lasciarli soli
Le sue colleghe non sapevano spiegarselo. “Sono rimata sconvolta – ha detto una di loro nella sua testimonianza -. Lei era una persona tranquilla e molto ansiosa”. Incredibile pensare che potesse aver architettato un piano per passare ore di intimità con un ragazzino. Eppure secondo la procura di Torino e per i giudici, quella educatrice di 38 anni, dipendente di una comunità educativa per minori dell’hinterland, è colpevole di atti sessuali con un minore, uno dei giovanissimi ospiti affidati alle sue cure. Per questo oggi pomeriggio la donna è stata condannata a otto anni di reclusione (con la condizionale) come chiesto dal sostituto procuratore Barbara Badellino nel corso della requisitoria di questa mattina.
Lo scandalo scoppia quando Alex (nome di fantasia), giovane vittima di gravi maltrattamenti dei suoi genitori, cambia per la terza volta comunità. Siamo nel febbraio 2018 e qui comincia a rivelare a un educatore incontri sessuali a casa dell’educatrice. L’assistente non può fare altro che denunciare l’episodio e comincia l’inchiesta della sezione di polizia giudiziaria specializzata nella tutela dei minori. Dall’acquisizione del telefonino della donna emergono delle chat e dei messaggi privati su Instagram, scambi molto compromettenti, difficili da spiegare, e foto osé. Alex racconta che tutto è cominciato alcuni anni prima, nel corso del 2015. Lui, 13 anni, aveva dei modi di fare aggressivi e si esprimeva in modo molto volgare soprattutto verso le donne, mentre lei – a detta delle colleghe – era “una delle poche educatrici capace di relazionarsi con gli adolescenti e sapeva far fronte all’aggressività verbale”. Secondo l’accusa lei si invaghisce di lui, ottiene i permessi per farlo uscire e lo porta anche a casa sua. Al suo compagno la 38enne dice che il ragazzino ha timore degli uomini adulti e quindi è meglio che in quelle occasioni lui esca di casa lasciandoli soli. L’uomo, chiamato a testimoniare davanti ai giudici, si è rifiutato di parlare.
Quando poi Alex viene trasferito e passa da una comunità educativa a una “rinforzata” appena fuori dalla provincia di Torino, lei fa gli straordinari e affronta anche le sue ansie: “Oltre al lavoro nella nostra comunità, lei si era fatta carico di altre ore extra con lui – ha raccontato la direttrice del primo centro -. Nonostante l’odio per la guida, lei guidava l’auto per andare a trovarlo”. In questo nuovo ambiente, la 38enne conosce un collega con cui nasce una simpatia e poi una relazione stabile scossa soltanto dalla gelosia del nuovo compagno verso Alex: “Io non esisto quando c’è lui. Tu non capisci più niente quando hai lui davanti”, rimproverava l’uomo alla compagna: “Tu sai cosa rappresenta per me – si difendeva lei -. È il figlio che non ho mai avuto”. In un altro messaggio lui si lamenta degli approcci di altri adolescenti: “Che palle! Ormai sei un parcheggio per adolescenti”.
Stamattina la 38enne, difesa dall’avvocato Andrea Fenoglio, ha tentato un’ultima difesa ribadendo di aver avuto soltanto un rapporto materno. I messaggi del ragazzo erano a sfondo erotico perché “era interessato alla sfera sessuale. Per la sua storia personale era un ragazzino cresciuto più in fretta di altri”. Secondo la pm, la condotta dell’educatrice è molto grave e poco professionale: Alex, maltrattato dalla madre, si è ritrovato tra le braccia di una donna che non ha saputo far fronte al carattere dell’adolescente. Alla fine i giudici della Prima sezione penale non sono stati convinti dalla versione dell’imputata e l’hanno condannata a otto anni di reclusione.