Mafie

Trattativa, Berlusconi sarà sentito come indagato di reato connesso l’11 novembre. Di Pietro: “Parte tangente Enimont a Lima”

Essendo indagato dalla procura di Firenze per concorso nelle stragi del '92 e '93, l'ex premier potrà non rispondere su circostanze che potrebbero riguardare la sua posizione. Qualora il fondatore di Forza Italia, però, decidesse di rispondere dovrà dire la verità. All'udienza di oggi ha deposto l'ex pm di Mani Pulite

Silvio Berlusconi dovrà sedersi sul banco dei testimoni e rispondere alle domande su uno dei periodi più bui della storia italiana: il biennio tra il 1992 e il 1994. Solo che potrà avvalersi della facoltà di non rispondere. Lo ha deciso la Corte d’assise d’appello di Palermo dopo una breve camera di consiglio. Berlusconi si dovrà presentare accompagnato dal suo legale dato che sarà sentito come indagato di reato connesso: come è stato confermato nei giorni scorsi, infatti, è indagato dalla procura di Firenze per concorso nelle stragi del ‘92 e ‘93. L’ex premier potrà non rispondere su circostanze che potrebbero riguardare la sua posizione. Qualora il fondatore di Forza Italia, però, decidesse di rispondere dovrà dire la verità. A chiedere la sua deposizione è stata la difesa di Marcello Dell’Utri, il suo storico braccio destro condannato in primo grado a 12 anni per minaccia a corpo politico dello Stato.

Il dispositivo della corte: Berlusconi –“Silvio Berlusconi deve apparire davanti alla Corte nella veste di teste assistito ai sensi del 197 bis con tutte le garanzie previste. Va inoltre precisato che l’esame dovrà svolgersi in conformità con l’articolo 210, comma 6, e fissa l’esame il giorno 11 novembre, con l’invito a farsi assistere da un difensore di fiducia”, ha detto il presidente Angelo Pellino leggendo l’ordinanza. “Si prende atto che, dalla comunicazione ricevuta dalla procura di Firenze, si tratta di reati per i fatti di strage del 1993 a Roma, Firenze, Milano e a Fornello del 1994. Tenuto conto di ciò ritiene che Berlusconi debba essere sentito come indagato di reato connesso, secondo l’articolo 210 comma 6, e dunque con la facoltà di avvalersi della facoltà di non rispondere”.

L’indagine di Firenze – A rendere nota l’indagine a carico dell’ex premier sono stati i suoi stessi avvocati, depositando alla corte di Palermo la documentazione ottenuta dalla procura di Firenze. Per la prima volta era stato messo nero su bianco che l’ex presidente del consiglio è accusato di tutta la strategia stragista del 1993: dal fallito attentato contro Maurizio Costanzo alle bombe di Roma, Milano e Firenze. Berlusconi è già finito sotto inchiesta a Firenze e Caltanissetta per le stragi: per due volte è sempre uscito dalle indagini grazie a un provvedimento di archiviazione. Tra le ventitré contestazioni dei giudici fiorentini, però, questa volta ce n’è anche una assolutamente inedita: il tentato omicidio del pentito Totuccio Contorno del 14 aprile del 1994. All’epoca Berlusconi era stato già eletto presidente del consiglio da 16 giorni.

Di Pietro: “Parte tangente Enimont a Lima” – Nell’udienza di oggi è stato ascoltato Antonio Di Pietro, che ha raccontato un dettaglio inedito sulla maxi tangente Enimont: “Scoprimmo che parte della tangente attraverso Paolo Cirino Pomicino era arrivata a Salvo Lima“. L’ex pm di Mani pultie è stato citato dalla difesa di uno degli imputati, l’ex capo del Ros Mario Mori, imputato di minaccia a Corpo politico dello Stato e condannato in primo grado a 12 anni di carcere. “Scoprimmo che parte della tangente Enimont attraverso Paolo Cirino Pomicino era arrivata a Salvo Lima“. È una rilevazione inedita quella fatta da Antonio Di Pietro, sentito come testimone al processo d’appello sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia in corso davanti alla corte d’assise d’appello di Palermo. L’ex pm di Mani pultie è stato citato dalla difesa di uno degli imputati, l’ex capo del Ros Mario Mori, imputato di minaccia a Corpo politico dello Stato e condannato in primo grado a 12 anni di carcere. A stretto giro è arrivata la replica di Cirino Pomicino: “Macché tangente Enimont, Di Pietro, come è noto, non sa l’italiano. Non si tratta di una tangente, ma di un finanziamento politico alla corrente andreottiana. Ricordo al signor Di Pietro che io sono stato assolto dall’ipotesi di corruzione nel processo. Fu un finanziamento per tutta la corrente andreottiana. Ricordo che venne a casa mia Ferruzzi, e non Gardini, come dice Di Pietro. Anche perché i rapporti con Gardini erano pessimi. Ferruzzi finanziò l’intera campagna elettorale del 1992. Non solo, girai quelle somme a tutti i deputati della corrente”. Tra quelli appunto anche Salvo Lima. In un interrogatorio del 20 novembre 1993, in effetti, Cirino Pomicino aveva detto ai magistrati: “La rimanente somma è stata da me distribuita ad altri candidati della Dc della mia corrente ai quali pure non spiegai la provenienza del denaro e significativamente: 1,5 miliardi e mezzo all’onorevole Lima. Infatti incontrai lo stesso in un’occasione di un convegno di Milano nel novembre 1991 e gli dissi che avevo avuto un significativo contributo finanziario per la prossima campagna elettorale di cui avrei consegnato di lì a poco la somma di 1,5 miliardi di lire nelle sue mani, cosa che feci la metà di dicembre del ’91 consegnando all’onorevole Lima parte dei titoli ricevuti per un controvalore di 1 miliardo e mezzo. In verità a gennaio 1992 Lima mi restituì alcune cedole”.

“Borsellino mi disse: dobbiamo vederci” – Di Pietro ha anche riferito dei suoi rapporti con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino con cui, prima degli attentati di cui furono vittime, parlò della possibilità che ci fosse una “mani pulite” siciliana. “Davanti alla bara di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino mi disse: dobbiamo fare presto, dobbiamo vederci o sentirci nei prossimi. Dobbiamo trovare il sistema. Capii allora che Borsellino si stava occupando di questo. Cosa di cui ebbi conferma dopo tempo, quando su input del Ros andai a sentire Giuseppe Li Pera, geometra della De Eccher che mi spiegò il sistema degli appalti in Sicilia e mi fece i nomi di Siino e Salamone”. Ma Borsellino, il 19 luglio del 1992, venne assassinato e i due magistrati non ebbero il tempo di fare il punto sull tranche di mani pulite che portava alla Sicilia. “Anni dopo, quando Caselli arrivò a Palermo- ha spiegato – il coordinamento si fece e dopo uno scontro con Ingroia, entrambi volevamo fare le indagini, si stabilirono in una cena a casa di Borrelli le regole per poter indagare contemporaneamente in modo efficace sugli appalti”.