Avete notato tutti la massa di critiche – anche di insulti – che si è riversata sugli schermi e sui giornali contro Greta Thunberg negli ultimi giorni. E’ stato un po’ come se il museo egizio avesse dato una bella ripulita alle cantine e messo sul marciapiede un po’ di mummie mezze sbendate, magari semoventi, come nei film. Le mummie del clima: in maggioranza persone anziane che cercano disperatamente di opporsi alla marea montante di dati e di fatti che confermano la realtà del cambiamento climatico e il pericolo che abbiamo di fronte.
Chi ha fatto la peggior figura in questa marcia delle mummie direi che è stato il povero Carlo Rubbia con il suo disgraziato intervento al Senato del 2014. Fra le imprecisioni e la grande confusione, è stato un disastro, ma è stato ritirato fuori per la campagna anti-Greta. Così Rubbia rischia di essere ricordato più per gli strafalcioni che ha detto in questo filmato che per il lavoro nella fisica delle particelle che gli ha portato il Nobel. Così va la vita, se volete una critica puntuale alle affermazioni di Rubbia, la trovate qui.
Poi, la marcia delle mummie includeva anche i vari giornalisti, da Vittorio Feltri a Nicola Porro, nessuno dei quali sa qualcosa di clima ma che si sono sfogati non poco a insultare la Thunberg, come pure hanno fatto i molteplici troll sui commenti dei vari media. Diciamo che se qualcuno se la prende con te, vuol dire che stai avendo un impatto. E poi è rispuntato Franco Battaglia, docente all’università di Modena, che non ha nessuna qualifica sul clima e che da anni non fa più nemmeno lo scienziato, ma che continua a criticare la scienza del clima. Ma Lilli Gruber ha avuto la faccia tosta di presentarlo come “esperto di clima” nella sua trasmissione, Otto e Mezzo, senza nemmeno degnarsi di invitare un vero esperto per controbattere. Mi sa che alla marcia delle mummie accettano un po’ tutti, come alle marce di beneficenza.
E infine, la “petizione dei 500”, descritti a volte come “scienziati importanti”, che sostengono che non esiste un’emergenza climatica. Di questi, gli italiani sembra siano i più numerosi (purtroppo): erano circa 80 all’inizio, adesso sono 145. Ma chi sono questi? E quanto conta la loro opinione? Per cominciare, diciamo che secondo l’Unesco nel mondo ci sono circa sette milioni di scienziati. Abbastanza per poterne sempre trovare qualche centinaio che si vogliano pronunciare in favore di qualche stramberia: Ufo, energia infinita, antivaccinismo, allunaggi inesistenti e quello che volete. Che in tutto il mondo non ne abbiano trovati più di 500 che abbiano firmato questa petizione sul clima ce la dice molto lunga su quanto sia comunemente accettata la scienza del clima fra gli scienziati. In effetti, si parla di una percentuale di adesione all’interpretazione corrente dell’ordine del 97% fra gli esperti di clima. Tanto per dire, una petizione che dice esattamente il contrario, ovvero è in supporto di Greta Thunberg, ha raccolto parecchie migliaia di firme fra gli scienziati. Per non dire poi che la grandissima maggioranza dei “500” non hanno qualifiche nella scienza del clima: fra gli italiani ci trovo il solo Franco Prodi che di clima ne dovrebbe sapere almeno qualcosa, ma intruppato nella marcia delle mummie mi sa che stia facendo la stessa figuraccia che ha fatto Carlo Rubbia.
A parte le mummie, tuttavia, va anche detto che la campagna anti-Greta ha avuto un certo successo: per esempio, ho ricevuto personalmente messaggi da persone che non avevano mai visto prima il disgraziato filmato di Rubbia e ne erano state impressionate. Non c’è da stupirsene: l’azione della Thunberg ha dato una visibilità che prima non c’era al tema del clima e, di riflesso, anche alle varie interpretazioni negative della scienza del clima. E’ normale nel dibattito politico, ed è meglio così. Più si parla di clima, più speranze abbiamo che si riesca a fare qualcosa prima che sia troppo tardi.