Ve l’avevamo anticipato dal Festival di Venezia. La risata del Joker/Arthur Fleck, l’uomo/clown interpretato plasticamente da Joaquin Phoenix, nel film appena uscito in Italia diretto da Todd Phillips, vi rimarrà nelle orecchie per parecchio tempo. Una sonorità tra lo sguaiato, l’isterico e lo stridulo. Nulla a che fare con la soddisfazione di un sorriso. Perché Arthur, il protagonista del film, sta male. E più sta male più ride senza controllo fin quasi a soffocarsi. In casa. Al lavoro. Tra la gente. Ovunque. È la tagliente trovata di senso a livello sonoro che funge da architrave significante di un incredibile oggetto cinematografico per il quale mezza America si è messa in allerta addirittura per la paura di gesti violenti di emulazione.
È il disagio esistenziale del singolo che durante le due ore di film si riverbera a catena sull’intera società di Gotham City, dove migliaia di persone qualunque si ribellano improvvisamente al sistema con la maschera del pagliaccio DCComics. Risultato performativo, questa risata insistente, onnipresente, tragica, che non ha nulla a che fare con il ridanciano e fumettistico Joker interpretato nella serie tv da Cesar Romero. Come nemmeno con il Joker di Jack Nicholson: intimamente nefasto e superficialmente plastico nel riso. A livello di senso richiama semmai il ghigno dolente di Heath Ledger, anche se in Joker, il film, la risata assume totalmente la centralità narrativa di un racconto impetuoso, sanguinario e terrificante. “Trovare la risata giusta è stato più difficile di quanto immaginassi, sono quasi impazzito”, ha raccontato Phoenix in un’intervista pubblicata da Il Giornale. “L’idea di quella risata tragica è stata una delle prime del regista.
Voleva che Arthur fosse oppresso da una risata incontrollabile, “non sintomo di gioia ma, al contrario, di dolore e sofferenza fisica”, ha raccontato l’attore che ha poi ricordato la genesi di questo atto performativo con Phillips seduto di fronte a lui nel suo divano del salotto. Phoenix che si sforza, ride, ride, e ancora di più ride, mentre di fronte il regista scuote la testa. “Vedevo imbarazzo nei suoi occhi, lo sentivo a disagio”. Poi il miracolo. Che nella versione italiana, che non abbiamo ancora visto, sembra lasciata in originale. Phoenix, 44 anni, vegano fin dall’età di tre, fidanzato con Rooney Mara dal 2016, è al suo 33esimo film e probabilmente non è mai stato così vicino all’Oscar per il Miglior Attore come quest’anno (highlights di Joaquin secondo noi: Two lovers, A beautiful day, Her, Walk the line). In attesa del contagio ridanciano, e antisistema, del suo Joker, il film di Phillips in Italia ha fatto il botto in un solo giorno: 1 milione e 33mila euro d’incassi per 148mila 766 spettatori, settimo miglior primo giorno d’esordio del 2019.