"Non credo che la soluzione sia dire accogliamoli tutti", ha detto il leader pentastellato. "La soluzione è dire: chi può stare qui deve essere redistribuito negli altri Paesi, ma per chi non può non possiamo aspettare due anni. Mandiamo un messaggio: inutile che venite se non avete i requisiti per la domanda d’asilo. Perché in maniera pacifica e democratica vi rimandiamo indietro"
“Domani firmerò un decreto che ci permetterà in 4 mesi di capire se le persone che arrivano possono stare qui o devono essere rimpatriate“. Così il ministro degli Esteri Luigi Di Maio a Dritto e Rovescio su Rete4 ha annunciato la presentazione di un provvedimento che dovrebbe accelerare le decisioni delle commissioni territoriali che valutano le richieste di protezione internazionale. “E’ una cosa che nasce dal concerto con il premier, con il ministro dell’Interno, è un lavoro di squadra che non voglio assolutamente improvvisare, e fa parte del programma di governo dove parliamo di politiche di accoglienza per chi può stare qui e di riammissione per chi non può”, ha spiegato.
“Non credo”, ha aggiunto il leader M5s, “che la soluzione sia dire ‘accogliamoli tutti‘ e per questo mi sono preso pesanti critiche. La soluzione è dire: chi può stare qui deve essere redistribuito negli altri Paesi, ma per chi non può non possiamo aspettare due anni per sapere se possono stare qui o se possono essere rimpatriati. Sui rimpatri siamo fermi all’anno zero”. Ma “domani con la firma del decreto mandiamo un messaggio: inutile che venite se non avete i requisiti per la domanda d’asilo. Perché in maniera pacifica e democratica vi rimandiamo indietro. Prima si perdeva tempo e poi la comunità internazionale ci diceva ‘non potete avviare meccanismi di rimpatrio se prima non è finita la procedura che deve dire se una persona è perseguitata o no’. A volte questo meccanismo è durato 3 anni”.
Secondo il pentastellato il decreto “non va a ledere nessun diritto umano, ma è legato a procedure farraginose rispetto a Paesi, anche del Mediterraneo, con cui lavoriamo e commerciamo tutti i giorni. La redistribuzione dei migranti non può essere la soluzione definitiva – ha aggiunto – ma dobbiamo fare più accordi con democrazie che votano, con Paesi con cui abbiamo fatto accordi commerciali, ad esempio quello sull’olio tunisino. Allora se possiamo fare accordi così forti con Paesi che hanno una loro democrazia interna e una loro dignità, possiamo anche metterci d’accordo per dire: se arrivano barchini sulle nostre coste noi velocemente te li rimandiamo indietro, così lo fai una volta, due, ma alla terza non lo fai più”. Poi ha anticipato: “La settimana prossima conto di andare in Paesi come la Tunisia dove intendo parlare con il governo e dire: ‘Acceleriamo, non dobbiamo portarveli necessariamente con i charter dieci alla volta, ogni mese… così non finiremo mai più’. Invece acceleriamo e facciamo accordo più veloci, in fondo la Tunisia è di fronte all’Italia”.