Caltanissetta, 21 gen. (Adnkronos) - (dall'inviata Elvira Terranova)- Ancora un nulla di fatto. Dopo una prima falsa partenza, anche oggi, è slittata la prima udienza del processo depistaggio bis Borsellino, che vede alla sbarra 4 poliziotti e che avrebbe dovuto iniziare davanti al Tribunale di Caltanissetta. Il motivo? Una "incompatibilità potenziale" del Presidente della Corte, denunciata in aula, a inizio udienza, da accusa e difesa, parti civili comprese. E tutto viene rinviato al prossimo 25 marzo, perché si dovranno prima attendere le motivazioni della sentenza d'appello del primo processo depistaggio Borsellino a carico di tre poliziotti del Gruppo Falcone e Borsellino, per conoscere l'effettiva composizione del collegio che dovrà celebrare al tribunale di Caltanissetta il processo "Depistaggio bis" a carico di quattro ex poliziotti, oggi in pensione. A presiedere il collegio è il giudice Alberto Davico, che era stato giudice a latere nel processo d'appello al primo processo per Depistaggio sulle indagini sulla strage di via D'Amelio in cui hanno perso la vita il giudice Paolo Borsellino e i 5 agenti di scorta. Insomma, servirà altro tempo per iniziare il processo perché ancora non sono state pubblicate le motivazioni della sentenza del processo d'appello a carico di Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, finito con la prescrizione per l'accusa di calunnia aggravata in concorso.
Il Presidente del tribunale di Caltanissetta, lo scorso 13 gennaio, ma si è appreso solo oggi in udienza, ha rigettato la richiesta di astensione presentata da Davico non ravvisando "ragioni di incompatibilità" dopo l'istanza presentata dal Presidente del collegio Davico. A prendere per primo la parola, questa mattina, è stato il pm Pasquale Pacifico. "Il Presidente della Corte Alberto Davico è potenzialmente incompatibile e non può presiedere il processo" a carico dei 4 ex poliziotti accusati di depistaggio, perché "era stato giudice a latere nel collegio del processo d'appello sul depistaggio Borsellino", ha detto Pacifico, nel processo che vede, al Tribunale di Caltanissetta, alla sbarra quattro ex poliziotti: Giuseppe Di Gangi, Vincenzo Maniscaldi, Angelo Tedesco e Maurizio Zerilli, tutti accusati del reato di depistaggio.
Per l'accusa i poliziotti avrebbero mentito durante il processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D'Amelio che si era concluso con la prescrizione del reato di calunnia per tre loro colleghi: il dirigente di Polizia Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Secondo l'accusa, gli imputati durante la deposizione in aula avrebbero mentito e sarebbero stati reticenti. Il pm Pacifico ha poi aggiunto che bisognerebbe attendere, quanto meno, le "motivazioni del processo d'appello Bo". La parte civile si è detta d'accordo con l'accusa. Così come la difesa, rappresentata dagli avvocati Giuseppe Seminara, Giuseppe Panepinto e Maria Giambra. Accusa e difesa hanno spiegato di non pensare che si tratti di "ricusazione" ma di "opportunità di astensione dal processo per incompatibilità". A questo punto il Presidente si è riunito in Camera di consiglio per deliberare. E dopo meno di un'ora ha annunciato che si saprà solo dopo il prossimo 25 marzo se il Presidente del collegio del Tribunale di Caltanissetta Alberto Davico è incompatibile o meno per presiedere il processo per depistaggio a carico di quattro ex poliziotti.
Il collegio, presieduto da Davico, dopo avere detto di "condividere le osservazioni" fatte da accusa e difesa, ha rinviato, in attesa del deposito delle motivazioni del processo d'appello depistaggio Borsellino, all'udienza del 25 marzo alle ore 10.30.
"Si tratta di una incompatibilità ''potenziale'' "del Presidente della Corte "per la cui valutazione attendiamo il deposito della sentenza di appello resa nel processo Bo" e "all'esito di tale valutazione valuteremo eventuali iniziative", ha detto all'Adnkronos a fine udienza l'avvocato Giuseppe Seminara, legale di Giuseppe Di Gangi, uno dei quattro poliziotti imputati per depistaggio nel processo di Caltanissetta.
I quattro poliziotti facevano parte del gruppo di indagine "Falcone-Borsellino" creato all'interno della Squadra Mobile di Palermo per fare luce sulle stragi mafiose del '92. Il pm Maurizio Bonaccorso, che oggi è pm alla procura di Palermo, durante la sua discussione aveva parlato di "assoluta malafede" dei quattro poliziotti. Mentre gli avvocati dei quattro poliziotti non hanno dubbi sull'innocenza dei loro assistiti.
Secondo l'accusa, gli imputati durante la deposizione in aula avrebbero mentito e sarebbero stati reticenti. In sede di arringhe l'avvocata Maria Giambra, che difende Maurizio Zerilli e Angelo Tedesco, aveva detto: "Non possiamo parlare di depistaggio su vicende già 'depistate'. Il depistaggio si è verificato allora. E' come se volessimo resuscitare oggi un fatto che già si è verificato e si è consumato. E su quel fatto ci sono stati processi a rimedio".
"Se le false dichiarazioni che vengono addebitate agli imputati attengono ai fatti relativi alla strage di via d'Amelio e quindi a fatti che riguardano le indagini svolte e nei processi celebrati, come potrebbero oggi nel processo Bo depistare un processo e indagini che non solo sono state a loro tempo depistate, dalle quali sono derivati tre processi, che sono frutto del depistaggio e genesi di ulteriore depistaggio?", aveva spiegato la legale di Zerilli e Tedesco. Mentre l'avvocato Giuseppe Panepinto, legale dell'ispettore Vincenzo Maniscaldi, aveva ribadito che "è documentalmente provato che quanto dichiarato dall'ispettore Vincenzo Maniscaldi è sempre stato vero". "Non solo non c'è una ipotesi di condanna ma non doveva essere neppure formulato il capo di imputazione", disse in aula. "Non c'è alcuna falsa dichiarazione nell'annotazione", sosteneva il legale.
L'avvocato Giuseppe Seminara, che difende l'ispettore Giuseppe Di Gangi, aveva definito in aula il suo assistito: ''servitore dello Stato che per 40 anni, da agente fino a diventare Sovrintendente capo, continua la progressione della carriera proporzionata, all'interno di una vicenda che ha riguardato non solo gli appartenenti alle forze di Polizia ma anche la magistratura. Di Gangi ha ricevuto encomi, ha partecipato all'arresto di latitanti, ha svolto con onore il suo servizio per 40 anni, è esente di qualunque pregiudizio penale". Intanto, è tutto rinviato al 25 marzo.
Cronaca
Sparatoria Trieste, la dinamica del duplice omicidio dei poliziotti: “Sono stati i due fratelli a chiamare la polizia per costituirsi”
Ancora molti i particolari che devono essere accertati, ma questa è la ricostruzione più attendibile, dopo l'interrogatorio di Carlysle Stephan, fratello di Alejandro Augusto Stephan Meran di 29 anni, dominicano con turbe psichiche. E' quest'ultimo che ha sparato uccidendo Matteo Demenego e Pierluigi Rotta
“È una vicenda che lascia sconcertati e allibiti tutti”. È questa la dichiarazione ufficiale del procuratore della Repubblica di Trieste Carlo Mastelloni. Il capo degli inquirenti tristini sta seguendo dal suo ufficio le indagini sulla tragica sparatoria avvenuta in questura che è costata la vita a due agenti. Nella prima serata si è concluso l’interrogatorio del fratello dell’uomo che ha sparato, cioè Alejandro Augusto Stephan Meran di 29 anni, dominicano con turbe psichiche. Il fratello è Carlysle Stephan Meran di 34 anni. Ancora molti i particolari che devono essere accertati, ma questa è la ricostruzione più attendibile, dopo l’interrogatorio di Carlysle Stephan.
“Sono stati i due fratelli a chiamare in Questura…” si limita ad ammettere il procuratore. Ciò è avvenuto poco prima della sparatoria. Alejandro viene definito come una persona “disturbata“. Infatti, nel passato ha avuto qualche precedente in Germania, dove ha vissuto prima di trasferirsi regolarmente in Italia. Ieri mattina si era reso protagonista del furto di un ciclomotore: per questo motivo gli agenti della Questura gli stavano dando la caccia. Ad un certo punto, rendendosi conto di essere ricercato, ha chiamato il fratello Carlysle Stephan. Era impaurito, non sapeva che cosa fare e gli ha chiesto un consiglio. Carlysle Stephan gli avrebbe detto di presentarsi in Questura. È stato il fratello maggiore, quindi, a chiamare il centralino dicendo dove entrambi si trovavano in quel momento. “Si voleva costituire“, ammette il procuratore Mastelloni.
Dalla Questura sono quindi partite due auto, una Volante e un’auto della Squadra Mobile. I due centroamericani sono stati fatti salire sulla prima. Per una sfortunata coincidenza, il traffico intenso in città ha rallentato la seconda macchina. Così negli uffici sono arrivati i due agenti poi rimasti vittime e i due dominicani. Alejandro sembrava tranquillo non ha dato adito a sospetti, l’identificazione sembrava un fatto di routine. Così non è stato. Ad un certo momento nella sua testa è scattato qualcosa, probabilmente la paura di finire in carcere. Ha chiesto di andare in bagno ed è stato accompagnato da uno dei due agenti. In quel momento, con modalità che devono ancora essere accertate, è riuscito ad impossessarsi della pistola d’ordinanza di uno dei due poliziotti probabilmente aggredendolo. Ha fatto fuoco una prima volta. Poi ha sparato anche al secondo agente. È in questo modo che sono stati uccisi Matteo Demenego e Pierluigi Rotta. Erano ancora vivi quando sono arrivati i soccorsi, ma il massaggio cardiaco è stato inutile.
Intanto Alejandro è uscito dalla stanza e in corridoio ha fatto fuoco una terza volta contro un piantone. A quel punto, mentre era uscito dall’edificio, è stato affrontato da altri poliziotti, ferito è immobilizzato. Nel frattempo, il fratello sotto shock stava vagando per la Questura. Per questo si è diffusa la voce di un tentativo di prendere altri agenti in ostaggio. È stato poi individuato è bloccato anche lui. Questa la ricostruzione che è emersa durante il primo interrogatorio. È una versione che accredita la mancanza di segnali di pericolosità che avrebbero potuto allertare i due poliziotti. Di certo, il rallentamento nel traffico della seconda auto della Questura, è una fatalità davvero tragica. Ci fossero stati quattro uomini, anzichè i soli due agenti della Volante, forse Demenego e Rotta non sarebbero stati sopraffatti e uccisi con due colpi sparati a bruciapelo.
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Il Presidente del tribunale di Caltanissetta, lo scorso 13 gennaio, ma si è appreso solo oggi in udienza, ha rigettato la richiesta di astensione presentata da Davico non ravvisando "ragioni di incompatibilità" dopo l'istanza presentata dal Presidente del collegio Davico. A prendere per primo la parola, questa mattina, è stato il pm Pasquale Pacifico. "Il Presidente della Corte Alberto Davico è potenzialmente incompatibile e non può presiedere il processo" a carico dei 4 ex poliziotti accusati di depistaggio, perché "era stato giudice a latere nel collegio del processo d'appello sul depistaggio Borsellino", ha detto Pacifico, nel processo che vede, al Tribunale di Caltanissetta, alla sbarra quattro ex poliziotti: Giuseppe Di Gangi, Vincenzo Maniscaldi, Angelo Tedesco e Maurizio Zerilli, tutti accusati del reato di depistaggio.
Per l'accusa i poliziotti avrebbero mentito durante il processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D'Amelio che si era concluso con la prescrizione del reato di calunnia per tre loro colleghi: il dirigente di Polizia Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Secondo l'accusa, gli imputati durante la deposizione in aula avrebbero mentito e sarebbero stati reticenti. Il pm Pacifico ha poi aggiunto che bisognerebbe attendere, quanto meno, le "motivazioni del processo d'appello Bo". La parte civile si è detta d'accordo con l'accusa. Così come la difesa, rappresentata dagli avvocati Giuseppe Seminara, Giuseppe Panepinto e Maria Giambra. Accusa e difesa hanno spiegato di non pensare che si tratti di "ricusazione" ma di "opportunità di astensione dal processo per incompatibilità". A questo punto il Presidente si è riunito in Camera di consiglio per deliberare. E dopo meno di un'ora ha annunciato che si saprà solo dopo il prossimo 25 marzo se il Presidente del collegio del Tribunale di Caltanissetta Alberto Davico è incompatibile o meno per presiedere il processo per depistaggio a carico di quattro ex poliziotti.
Il collegio, presieduto da Davico, dopo avere detto di "condividere le osservazioni" fatte da accusa e difesa, ha rinviato, in attesa del deposito delle motivazioni del processo d'appello depistaggio Borsellino, all'udienza del 25 marzo alle ore 10.30.
"Si tratta di una incompatibilità ''potenziale'' "del Presidente della Corte "per la cui valutazione attendiamo il deposito della sentenza di appello resa nel processo Bo" e "all'esito di tale valutazione valuteremo eventuali iniziative", ha detto all'Adnkronos a fine udienza l'avvocato Giuseppe Seminara, legale di Giuseppe Di Gangi, uno dei quattro poliziotti imputati per depistaggio nel processo di Caltanissetta.
I quattro poliziotti facevano parte del gruppo di indagine "Falcone-Borsellino" creato all'interno della Squadra Mobile di Palermo per fare luce sulle stragi mafiose del '92. Il pm Maurizio Bonaccorso, che oggi è pm alla procura di Palermo, durante la sua discussione aveva parlato di "assoluta malafede" dei quattro poliziotti. Mentre gli avvocati dei quattro poliziotti non hanno dubbi sull'innocenza dei loro assistiti.
Secondo l'accusa, gli imputati durante la deposizione in aula avrebbero mentito e sarebbero stati reticenti. In sede di arringhe l'avvocata Maria Giambra, che difende Maurizio Zerilli e Angelo Tedesco, aveva detto: "Non possiamo parlare di depistaggio su vicende già 'depistate'. Il depistaggio si è verificato allora. E' come se volessimo resuscitare oggi un fatto che già si è verificato e si è consumato. E su quel fatto ci sono stati processi a rimedio".
"Se le false dichiarazioni che vengono addebitate agli imputati attengono ai fatti relativi alla strage di via d'Amelio e quindi a fatti che riguardano le indagini svolte e nei processi celebrati, come potrebbero oggi nel processo Bo depistare un processo e indagini che non solo sono state a loro tempo depistate, dalle quali sono derivati tre processi, che sono frutto del depistaggio e genesi di ulteriore depistaggio?", aveva spiegato la legale di Zerilli e Tedesco. Mentre l'avvocato Giuseppe Panepinto, legale dell'ispettore Vincenzo Maniscaldi, aveva ribadito che "è documentalmente provato che quanto dichiarato dall'ispettore Vincenzo Maniscaldi è sempre stato vero". "Non solo non c'è una ipotesi di condanna ma non doveva essere neppure formulato il capo di imputazione", disse in aula. "Non c'è alcuna falsa dichiarazione nell'annotazione", sosteneva il legale.
L'avvocato Giuseppe Seminara, che difende l'ispettore Giuseppe Di Gangi, aveva definito in aula il suo assistito: ''servitore dello Stato che per 40 anni, da agente fino a diventare Sovrintendente capo, continua la progressione della carriera proporzionata, all'interno di una vicenda che ha riguardato non solo gli appartenenti alle forze di Polizia ma anche la magistratura. Di Gangi ha ricevuto encomi, ha partecipato all'arresto di latitanti, ha svolto con onore il suo servizio per 40 anni, è esente di qualunque pregiudizio penale". Intanto, è tutto rinviato al 25 marzo.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "Gli alleati di Trump sono quelli che si oppongono agli investimenti comuni europei. Questo nazionalismo di destra si salda con il capitalismo tecnologico delle big tech, dei dati, dei satelliti. E a questo serve una risposta forte dell'Europa. E se l'Europa è in ritardo, allora vanno messi più soldi senza svendere la sicurezza nazionale ed europea al migliore offerente" come Starlink di Elon Musk. Lo dice Elly Schlein ai cronisti alla Camera.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "La Corte era già intervenuta smontando molti pezzi di quella pessima riforma grazie ai ricorsi che le regioni avevano fatto e noi abbiamo deciso che quel patrimonio di mobilitazione non debba andare disperso. La mobilitazione deve proseguire, dobbiamo assicurarci che i rilievi della Corte vengano recepiti". Lo dice Elly Schlein ai cronisti alla Camera. "Per il Pd quel comitato", ovvero quello promotore del referendum sull'autonomia, "non solo deve smobilitarsi ma accompagnare il lavoro in Parlamento perché i rilievi della Consulta siano recepiti".
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "Oggi in segreteria abbiamo parlato dell'autonomia, ma comunque io li ho firmati e senz'altro non faremo mancare il nostro contributo". Elly Schlein risponde così ai cronisti che le chiedono quale indicazione di voto darà il Pd sul referendum sul Jobs Act.
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "Abbiamo sentito quello che e è stato detto all'insediamento, quello di Trump è un messaggio molto aggressivo e preoccupante. E' come se già esprimesse un delirio di onnipotenza". Così Elly Schlein parlando con i cronisti alla Camera dei temi affrontati nella riunione della segreteria oggi.
"Dazi, che sarebbero un problema per l'Italia e per tutta l'Europa. Oggi anche la questione sulle multinazionali perchè vuol uscire dall'accordo Ocse che mira a evitare l'elusione fiscale per le grandi multinazionali... evidentemente ha subito risposto alla fila di multimiliardari che ieri erano ad accreditarsi a Washington. E poi deportazioni, la cancellazione dello Ius soli, del genere e pure il golfo del Messico...".
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "Spero che si sia chiesta perchè c'era solo lei e l'Ue non sia stata invitata ne coinvolta e che tipo di messaggio vogliamo lanciare". Elly Schlein risponde così ai cronisti che alla Camera le chiedono se Giorgia Meloni abbia fatto bene o no ad andare, unica premier europea, all'Inauguration Day di Donald Trump.
"Davanti a sfide di questa portata chi pensa ci si salvi da soli, sbaglia. Al di là delle singole partecipazioni, il punto è come Italia intenda contribuire ad un rilancio europeo che risponda a questa sfida aggressiva che ci è stata lanciata. Perché non fanno con noi una battaglia vera sugli investimenti comuni europei?".
Roma, 21 gen. (Adnkronos) - "Ora la domanda è se Giorgia Meloni sarà in tardo di far rispettare interessi europei e italiani. E' andata in solitudine, nonostante l'Ue non sia stata coinvolte e preccupa" perchè "Trump sta cercando alleati per disgregare l'Europa". Così Elly Schlein parlando con i cronisti alla Camera.
"Invece per noi l'Europa deve essere all'altezza della sfida a partire da una politica industriale europea con investimenti comuni. Il Next Generation Ue deve rafforzarsi sull'autonomia strategica come sulla tecnologia e la difesa comune. Questa è la portata della sfida e guai all'idea che ci si salvi da soli".