I numeri certificano l'attesa spasmodica: oltre 75mila spettatori provenienti da tutto il mondo, più di 200 paesi collegati. Da troppo tempo il Paese del Pallone attendeva un big match valido per il primo posto in classifica che mettesse di fronte due squadre così blasonate. Il calcio italiano spera di riaccendere i riflettori
“Le ragioni sono mille e nessuna. La ragione del cuore, prima di tutte, perché si tratta delle società più popolari d’Italia”. Il giornalista palermitano Vladimiro Caminiti rispondeva così alla domanda sul perché Inter-Juventus sia il derby d’Italia, termine coniato nel 1967 da Gianni Brera e sopravvissuto alle epoche calcistiche. Oggi, alla vigilia del derby d’Italia numero 236 (calcio d’inizio domenica, ore 20.45), la domanda è un’altra: perché, dopo appena 6 giornate di campionato giocate, è già considerata la partita dell’anno? I numeri certificano l’attesa spasmodica: oltre 75mila spettatori provenienti da tutto il mondo (20% dei biglietti comprati all’estero) per un San Siro tutto esaurito che registrerà un nuovo record di incasso per la Serie A da 6,5 milioni di euro. Ma anche oltre 200 paesi dove la gara sarà trasmessa in diretta.
Il motivo? Da troppo tempo la Serie A attendeva un big match valido per il primo posto in classifica che mettesse di fronte due squadre così blasonate. Non è una colpa, ma il Napoli, unico vero antagonista dei bianconeri nelle ultime stagioni, non ha lo stesso bacino di tifosi e lo stesso appeal anche all’estero. Per ritrovare una partita con lo stesso peso, bisogna rispolverare la stagione 2011/12 e quel Milan-Juventus 1-1 (con il gol “non visto” di Muntari) che lanciò la squadra allenata da Antonio Conte verso il primo di una lunga serie di scudetti ancora ininterrotta. Oggi Conte siede sull’altra panchina, quella nerazzurra, ed è sicuramente uno degli ulteriori motivi che alza il livello della suspense.
Nel Paese del pallone una sfida del genere mancava come il pane. Per questo ci si dimentica che siamo appena alla 7^ giornata e che già l’Inter di Roberto Mancini, 4 anni fa, diede l’illusione di poter sfidare il dominio bianconero, salvo poi naufragare subito dopo Natale. Il match di domenica sera però ha già tutti i connotati dell’epica. C’è Conte che sfida il suo passato da condottiero degli eterni rivali. C’è la prima della classe da 8 anni a questa parte che ha l’occasione di soffocare l’entusiasmo della sua antagonista storica per eccellenza. Ci sono Cristiano Ronaldo e Romelu Lukaku, i due bomber riconosciuti come stelle planetarie e non solo nostrane. C’è il gioco di Maurizio Sarri alle prese con il primo vero stress test della stagione. Ci sono, insomma, le ragioni dei numeri e quelle “del cuore“, citate da Caminiti.
Di fronte ci sono, infine, due identità opposte: le storie di Juventus e Inter, certo, ma anche quelle dei due allenatori. Sarà inevitabilmente Conte contro Sarri. Le due squadre arrivano al big match dopo un turno di Champions League diverso. I bianconeri hanno dominato con il Bayer Leverkusen, i nerazzurri hanno il sapore amaro in bocca per la sconfitta a Barcellona. L’inizio di stagione invece è per certi versi molto simile: sei vittorie su otto partite ufficiali giocate e una crescita costante nell’assimilare le richieste dei due allenatori. In questo percorso l’Inter di Conte è leggermente più avanti, complici gli infortuni con cui ha dovuto fare i conti Sarri. Che però ha a disposizione calciatori più pronti e abituati a giocare partite come quella di San Siro.
L’altra grande differenza è il peso specifico che la gara ha per le due squadre. Per la Juventus è routine, nell’era del dominio, dover di volta spegnere gli entusiasmi altrui. Per l’Inter è un esame di maturità, il primo appuntamento chiave della stagione, la prova di essere usciti dalla mediocrità. È il fascino dello scontro diretto che storpia la prospettiva: la vera condizione imprescindibile per lottare con i bianconeri, come ha già ribadito fino allo sfinimento Conte, è la continuità. Inter-Juventus però vale una pausa dalla saggezza. Il calcio italiano spera di riaccendere i riflettori, di ridarsi lustro ai suoi occhi e a quelli del mondo. Non c’era miglior modo per provare a farlo che non fosse il derby d’Italia.