“Mi dispiace tanto, non so come chiedere perdono a queste famiglie. Prego Dio che dia loro pace e che un giorno possano perdonare”.Betania, la madre del giovane indagato per la sparatoria avvenuta ieri in Questura a Trieste in cui sono morti due agenti, lo dice al Giornale Rai Rai. “Mi dispiace per quello che ha fatto mio figlio cosa si può dire ad un padre che perde un figlio o a un figlio che perde il padre? Non c’è nulla che si possa dire per confortare un dolore così”.

Anche lei si trovava sul posto ieri quando è avvenuta la sparatoria su cui è stata aperta un’inchiesta per stabilire come sia potuto accadere che Alejandro Augusto Stephan Meran sia riuscito a impossessarmi dell’arma. “Non ho fatto in tempo a uscire dalla macchina, perché sentivo gli spari e mi dicevano di mettermi giù. Sentivo mio figlio che urlava e vedevo la polizia e le sirene e sentivo gli spari”, dice la donna. A chi le ha chiesto se ha visto suo figlio all’esterno della Questura mentre sparava ha risposto: “Ho visto mio figlio, ma mi dicevano di stare giù…”. Infine ha rivolto un appello: “Voglio vedere mio figlio“.

La sera prima della sparatoria in Questura l’indagato diceva alla madre che “non riusciva a dormire. Sentiva delle voci, che lo stavano perseguitando e lo volevano ammazzare. Cercavo di calmarlo dicendogli di stare tranquillo, di dormire e che sarebbe passato. E mi diceva: mamma non senti la voce? Non lo vedi? Mi vuole uccidere”. La donna ha rivelato che il 29enne, che ha problemi psichici, “era in cura in Germania prima che arrivassimo in Italia“.

A Trieste è arrivata la madre di Pierluigi Rotta: “Giustizia, giustizia, se la merita” dice al questore Giuseppe Petronzi che le stringe le mani. Parole che la donna ha pronunciato sorretta dal marito, retta dall’abbraccio dei genitori di Matteo. Quasi un cerchio chiuso, per tenere lontano lo sguardo dei curiosi, ma non il calore delle tante divise commosse.

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, anche oggi ha ricordati i due poliziotti: “La nostra vita procede e si sviluppa attraverso l’azione quotidiana di tante persone sconosciute, servitori dello Stato, della nostra comunità, come i due agenti assassinati a Trieste”.

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