Donald Trump deve difendersi dagli attacchi provenienti sia dai Democratici che da esponenti del suo partito. Dopo Mitt Romney e a Ben Sasse, anche Susan Collins si unisce al gruppo dei Repubblicani che attaccano il presidente degli Stati Uniti per i suoi appelli ai governi stranieri per chiedere indagini sugli affari della famiglia Biden. Ma a occupare le prime pagine dei giornali Usa è la risposta, con un editoriale sul Washington Post, proprio dell’ex vicepresidente e candidato Dem per la corsa alla Casa Bianca del 2020, Joe Biden: Trump, ha scritto “usa la carica più alta del Paese per avanzare i suoi interessi politici personali, un lasciapassare per fare ciò che vuole, senza doverne rendere minimamente conto”.
Biden, coinvolto nello scandalo Kievgate scoppiato dopo la pubblicazione di una telefonata tra Trump e il presidente ucraino, Volodymr Zelensky, in cui il tycoon chiedeva al suo omologo di avviare un’indagine per corruzione intorno agli affari del figlio dell’ex vicepresidente, Hunter Biden, nel testo si rivolge direttamente a The Donald: “Sappi che non me ne andrò, non distruggerai me e la mia famiglia, e nel novembre 2020 intendo suonartele di santa ragione“, ha scritto l’aspirante frontrunner democratico.
Dopo giorni di accuse nei confronti del presidente, rivelazioni giornalistiche che hanno evidenziato il coinvolgimento di una larga parte dei membri dell’amministrazione Usa nel piano per screditare l’avversario politico e una dichiarazione pubblica in cui l’inquilino della Casa Bianca ha ipotizzato di chiedere alla Cina di indagare sui Biden, il Dem ha deciso che fosse arrivato il momento di rispondere alle accuse di Trump: “Quando è troppo è troppo”, ha scritto accusando il presidente di aver abusato della politica estera Usa “nel tentativo di trarre favori politici da vari Paesi”, chiedendo “direttamente a tre governi stranieri di interferire nelle elezioni americane, compresa la Russia, uno dei nostri maggiori avversari, e la Cina, il nostro competitor più vicino”.
Nel testo, l’ex membro dell’amministrazione Obama accusa il tycoon di aver “corrotto le agenzie della sua amministrazione, incluso il Dipartimento di Stato, lo staff del Consiglio nazionale per la sicurezza, il Dipartimento di Giustizia e l’ufficio del vicepresidente per i suoi scopi politici. Sappiamo anche che persone intorno a lui alla Casa Bianca hanno riconosciuto quanto profondamente fosse sbagliato e hanno fatto gli straordinari per coprire gli abusi di Trump“. “Per fortuna qualcuno ha avuto il coraggio di denunciare”, ha concluso riferendosi alla talpa che, diffondendo la telefonata del tycoon al presidente ucraino, ha fatto scattare l’indagine di impeachment.
Nelle ultime ore, il presidente americano ha però dovuto difendersi anche dal fuoco amico. Sono tre i senatori repubblicani che lo hanno criticato per i suoi appelli agli altri Stati. “Penso che il presidente abbia fatto un grande errore a chiedere alla Cina di indagare un avversario politico, è completamente inappropriato“, ha dichiarato per ultima Collins, unendosi così a Mitt Romney e a Ben Sasse.
Pochi giorni prima, Romney aveva dichiarato in una nota che, “in base a quanto è emerso, l’appello sfacciato e senza precedenti del presidente alla Cina e all’Ucraina di indagare Joe Biden è sbagliato e sconvolgente“. “Quando indica per una indagine in Cina il suo avversario politico nel mezzo del processo per la nomination democratica, si stenta a credere che sia per una cosa diversa da una politicamente motivata”, ha aggiunto. Parole che avevano causato la reazione di The Donald: “Qualcuno per favore svegli Mitt Romney – aveva risposto – e gli dica che la mia conversazione con il presidente ucraino fu congeniale e molto appropriata e che le mie dichiarazioni sulla Cina riguardavano la corruzione, non la politica. Se Mitt avesse lavorato duro su questo con Obama, avrebbe potuto vincere. Purtroppo perse. Romney non ha mai saputo come vincere. È un idiota presuntuoso che mi ha combattuto sin dall’inizio, tranne quando supplicò il mio endorsement per la sua corsa al Senato (glielo diedi) e che lo nominassi segretario di Stato (cosa che non feci)”.
Perché il Senato condanni Trump nella procedura di impeachment, se tutti i Dem votassero a favore, sono necessari almeno 20 degli oltre senatori del Gran Old Party.