Cultura

La mia ombra è tua, il premio Strega Nesi romanza la riconciliazione mancata tra due generazioni

Dietro l’ironia dei dialoghi e l’accadere rocambolesco e divertente degli eventi trapela, forse, alla fine, una più tragica verità

di Elisabetta Ambrosi

Le amicizie vere sono quelle che nascono quando due disperazioni si incontrano, anche quando quelli che la vivono sono persone lontanissime per età e ceto sociale. Come i due protagonisti dell’ultimo romanzo del premio Strega Edoardo Nesi, La mia ombra è tua (La Nave di Teseo editore) che sarà presentato martedì 8 ottobre alle 18.30 a laFeltrinelli di Piazza Duomo a Milano (con l’autore, Fabio Genovesi e Silvia Truzzi): da un lato, lo scrittore ultracinquantenne ricco e apparentemente annoiato Vittorio Vezzosi, dall’altro un giovane ventenne laureato in lettere, disoccupato e senza prospettive, Emiliano De Vito.

Un editore e un professore universitario affamati di soldi li fanno incontrare con lo scopo di spingere il ragazzo a spiare i progressi di un libro annunciato, ma mai arrivato, dello scrittore, diventato famoso in tutto il paese con un solo romanzo scritto un quarto di secolo prima. Lo scontro di Emiliano De Vito con la vita borghese e dissoluta di Vittorio Vezzosi provoca subito una reazione violenta nel ragazzo pieno di passione e di rabbia per un mondo devastato (“Siete il male assoluto, cazzo, voi che avete cinquant’anni! Avete dimenticato Dio, e ci avete preso ogni cosa! Avete consumato tutto quello che potevate consumare, ci avete lasciato nella merda, e ora ci vorreste insegnare a vivere?”).

Ma proprio la rivolta del giovane – secondo cui Vezzosi è “il simbolo di tutto ciò che non andava nel mondo”- sarà per lo scrittore un segnale di autenticità e dunque un barlume di speranza a cui aggrapparsi in una vita, la sua, segnata da un dolore mai elaborato e vissuta in perenne difesa. Così, dallo scontro, nasce un’intesa ironica e un po’ folle, che si concreta in un viaggio di una jeep del 1979 sgangherata con l’obiettivo, per il professore, di riprendersi quella vita mai vissuta; e per il ragazzo, invece, di abbandonare le sue difese e lasciare andare, almeno un po’, rigidità e moralismi.

Lo sviluppo degli eventi è inaspettato e pure il finale, anche se certamente il romanzo prova a mettere in scena la riconciliazione tra due generazioni i cui valori sembrano drasticamente in contrasto. Ma dietro l’ironia dei dialoghi – il libro potrebbe diventare una sceneggiatura perfetta – e l’accadere rocambolesco e divertente degli eventi trapela, forse, alla fine, una più tragica verità. I due sembrano essere diventati complementari (“la mia ombra è tua”, appunto), ma lo scambio rimarrà non equo e la generazione più anziana in qualche modo, ancora una volta, egoista e predatrice rispetto alla precedente, pure lobotomizzata dai social network e da una cultura dell’apparenza.

Il vecchio professore infatti, pur rompendo finalmente il muro psicologico che gli impediva di vivere, non uscirà dal suo individualismo generazionale, né accenna ad alcun pentimento rispetto a una vita vissuta, in fondo, si direbbe oggi, in maniera non sostenibile (non a caso si abbuffa di costoso pesce crudo). Il ragazzo, invece, gli regala davvero ciò che più ha di prezioso, la sua autenticità, ma in cambio non riceverà granché. Se non un consiglio che forse non è più neanche tanto vero. Perché, nella situazione in cui siamo – e in fondo la storia si svolge proprio nel 2019 – non poi è tanto sicuro che i libri salveranno il mondo. Almeno, non tutti i libri. Sicuramente, non solo i libri.

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