L’ennesima gara fotocopia della stagione consegna a Marc Marquez l’ottavo titolo del mondo, il quarto consecutivo. Una tabella di marcia devastante per il 26enne spagnolo che si conferma più forte di chiunque in pista: dei suoi compagni di squadra, dei suoi avversari e certamente dei suoi miti-nemici come Valentino Rossi, oggi relegato all’ottava posizione dopo un avvio di gara promettente. Marquez semplicemente va più veloce, piega di più, calcola meglio la strategia nelle gare: è il più forte anche perché guida una moto brusca e scorbutica come la Honda che Lorenzo non riesce nemmeno a far curvare. Non per niente in ogni fine settimana rimedia cadute (anche rovinose): ogni prova è una ricerca del limite, anche fisico. E così la gara di oggi non fa che confermare i cliché della stagione: lo spagnolo resta dietro a Quartararo fino all’ultimo giro, punzecchiando quanto basta per innervosire il francese che scoda pericolosamente quando apre il gas. A poche curve dalla fine Marquez tira la staccata della vita – sembra poterne trovare una a gara – e si prende quei dieci metri di vantaggio che nemmeno il tentativo disperato di rimonta del francese può colmare. Fine dei giochi.
Quartararo, al suo primo anno in motoGp, si mangia ancora una volta le mani, ma con una moto migliore proverà ad essere l’anti-Marquez delle prossime stagioni. Gli altri avversari semplicemente non ci sono. Vinales, anche quando parte nelle prime posizioni evapora e trova se stesso solo quando non c’è più nulla per cui combattere. Anche oggi arriva terzo, ma non è mai determinante, mai in battaglia, mai Maverick come il suo nome da top gun vorrebbe. E’ un buon pilota su una buona moto, ma ha lo stesso difetto del Lorenzo quando vinceva sulla M1: ci riesce solo se sta davanti dall’inizio. Gli altri combattenti sono azzoppati da moto che sembrano sempre essere a un passo dal colmare il gap e poi non lo sono mai. La Ducati ha vissuto una stagione molto peggiore di quanto si aspettasse: dopo i primi buoni risultati e un paio di sorpassi di Dovizioso che suonavano umilianti per Marquez, la casa di Borgo Panigale ha iniziato a perdere terreno e nelle ultime gare arranca sempre nelle retrovie. La promettente Suzuki di Rins va una volta sì e due no. Ci sarebbe la Yamaha: la casa dei tre diapason ha trovato il modo di far stare in piega i suoi piloti senza il terrore di volare per terra, ma sconta un gap mostruoso con Honda e Ducati in termini di potenza.
Meglio evitare, invece, il discorso Rossi: il dottore cambierà ancora il capotecnico, dopo la separazione da Galbusera. Al nove volte campione del mondo è impossibile non concedere il beneficio del dubbio. Ma la sensazione è che Rossi non sia più lo scavezzacollo di un tempo: se la moto va come deve, bene. Ma se non va il pesarese non se la rischia. E in fondo è questo che fa la differenza tra vincere o meno. A meno di non avere una improbabile, schiacciante superiorità tecnica.
Ma il problema più grande lo deve gestire la Dorna. Un Marquez troppo vincente distrugge lo spettacolo. Non per niente le gare più belle sono state quelle in cui è stato sverniciato all’ultima curva da Rins e Dovizioso dopo decine di giri a sportellate, con il pubblico che oscilla tra extrasistole e deliquio di fronte ai rosicamenti dello spagnolo. Altrettanto, Rossi che non vince deprime gli spalti, ancora in buona maggioranza vestiti di giallo ad ogni weekend. Vedremo se i cambi nel regolamento limeranno le differenze di valori, ma cresce il rischio opposto di gare appiattite dall’attendismo e dalla strategia. Cioè il peggio della Formula 1 che, non a caso, oggi fa marcia indietro in cerca dello spettacolo. Insomma, la MotoGp avrebbe bisogno di un Kevin Schwantz che insidia Wayne Rainey e Mick Doohan. Si ritrova un 26enne-otto-volte-campione-del-mondo come Marc Marquez. Che è come strizzare tutti e tre i piloti in una sola tuta.