Un anno e nove mesi per Tiziano Renzi e Laura Bovoli, due anni per Luigi Dagostino. Il giudice Fabio Gugliotta ha accolto quasi in pieno le richieste del pm di Firenze Christine von Borries e ha condannato sia genitori dell’ex premier Matteo Renzi, sia l’immobiliarista di origini pugliesi nell’ambito del processo per le fatture false in corso nel capoluogo toscano. I Renzi non erano presenti in aula, al contrario di Luigi Dagostino, accusato anche di truffa aggravata e per cui la procura aveva chiesto una pena di 2 anni e tre mesi. Il giudice inoltre ha concesso la sospensione della pena ai coniugi Renzi, che contestualmente sono stati interdetti dal Tribunale di Firenze per sei mesi da incarichi direttivi nelle imprese e per un anno dai pubblici uffici e dal trattare con la pubblica amministrazione. “I miei assistiti sono assolutamente tranquilli. Ricorreremo sicuramente in appello” ha detto subito dopo la sentenza l’avvocato Lorenzo Pellegrini, difensore di Laura Bovoli. “Sono consapevole che si tratta solo di un primo momento, non perdo assolutamente fiducia nella giustizia e aspetto con i miei difensori il processo di appello” ha detto invece Tiziano Renzi. Che poi ha aggiunto: “Ho il dovere di credere nella giustizia italiana, oggi più che mai. E continuo a farlo anche se con grande amarezza. Perché i fatti sono evidenti – ha detto ancora – Il lavoro che mi viene contestato è stato regolarmente svolto, regolarmente fatturato, regolarmente pagato. Nessuno può negare questo e sono certo che i prossimi gradi di giudizio lo dimostreranno. Nell’attesa presenteremo immediatamente l’appello. Almeno – ha concluso – è stato appurato che non c’è un neanche un centesimo di evasione: passerò i prossimi anni nei tribunali ma dimostrerò la totale innocenza”. Anche il legale di Luigi Dagostino ha annunciato ricorso in appello dove “punteremo a un’assoluzione con la formula più ampia. I reati contestati non sussistono”.
La vicenda delle fatture false – I fatti al centro delle indagini risalgono al 2015, quando Dagostino era amministratore delegato della Tramor, società di gestione dell’outlet The Mall di Leccio di Reggello (Firenze): in questa veste, l’immobiliarista ha incaricato le società Party ed Eventi 6, entrambe facenti capo ai Renzi, di studi di fattibilità per lavori all’outlet. Nella fattispecie, si trattava di consulenze per un’attività di ristorazione e per potenziare il flusso di turisti, in particolare orientali, verso l’outlet The Mall nel Valdarno. Per questi lavori le società dei Renzi hanno emesso due fatture, una da 20mila euro dalla società Party, l’altra da 140mila dalla Eventi 6. Per chi indaga si tratta di fatture da considerare false perché non corrispondono a prestazioni realmente effettuate. Secondo la procura la fattura da 140mila euro per progetti di fattibilità su aree ricreative e per la ristorazione all’outlet è per consulenze pagate ma non realizzate. L’altra fattura da 20mila euro risulta emessa dalla Party srl (unica fattura emessa dalla Party nel 2015), società fondata da Tiziano Renzi (con il 40% della quote) e dalla Nikila Invest, srl amministrata da Ilaria Niccolai (60%), compagna dell’imprenditore Luigi Dagostino.
Il pm cita l’incontro Lotti-Dagostino – Durante la sua requisitoria, il pm Christine von Borries ha citato l’incontro del 17 giugno 2015 a Palazzo Chigi, a Roma, fra Luca Lotti, il magistrato pugliese Antonio Savasta e l’avvocato Ruggiero Sfrecola. La riunione si tenne nell’ufficio di Lotti e il pm, che lo ricava dall’agenda di Dagostino, afferma che l’immobiliarista lo aveva chiesto a Tiziano Renzi e che nell’ufficio con Lotti Savasta e Sfrecola si trattennero una quarantina di minuti. L’incontro, ha evidenziato il pm, si tenne lo stesso giorno in cui viene saldata la fattura da 20mila euro (considerata falsa dal pubblico ministero) dalla Tramor di Dagostino alla Party srl dei Renzi, amministrata da Laura Bovoli. Dagostino, ha ricostruito il pm in requisitoria, sarebbe stato sollecitato a procurare l’incontro con Lotti, per la sua conoscenza con Tiziano Renzi, dall’avvocato Sfrecola in relazione a un procedimento penale in Puglia in cui, a Trani, Savasta indagava sullo stesso Dagostino per un giro di presunte fatture false. “Non c’entra assolutamente nulla: è una coincidenza temporale, che non è esposta nel capo di imputazione e che quindi non ha il benché minimo riferimento e rilevanza rispetto a questa vicenda” ha detto l’avvocato Federico Bagattini, difensore di Tiziano Renzi. “D’altro canto – ha aggiunto il legale – il fatto di avere rapporti personali di amicizia, conoscenza e frequentazione tra Tiziano Renzi e Luigi Dagostino non fa sì che questo tipo di rapporto generi rapporti illeciti e fatture false“.
Sulla stessa linea d’onda la posizione del difensore di Dagostino: “Gli incontri con i politici o i magistrati non hanno attinenza con i fatti di questo processo” ha detto Alessandro Traversi, secondo cui “così si crea nebbia e confusione dalle quali invece dobbiamo liberarci”. Per quanto riguarda l’ammontare delle fatture incriminate il legale ha ribadito quanto sostenuto durante le varie udienze del procedimento: “Chi stabilisce se un importo è congruo tra privati? Era un’operazione da 7 milioni, non si è messo a discutere dei soldi per quelle prestazioni“.
La “sudditanza psicologica” di Dagostino – Durante il dibattimento in aula, un consulente tecnico citato dalla difesa, il commercialista Francesco Mancini, rispondendo alle domande di uno dei legali di Laura Bovoli, avvocato Francesco Pistolesi, ha affermato che le due fatture oggetto del processo furono regolarmente contabilizzate e non provocarono alcun danno all’erario. Dagostino, rilasciando dichiarazioni spontanee, aveva detto di non aver emesso “nessuna fattura falsa” e di non aver “truffato nessuno”, sostenendo di essere rimasto perplesso per l’importo delle fatture ma di aver “subito la sudditanza psicologica” per il fatto che “i coniugi Renzi erano i genitori del Presidente del Consiglio” e quindi “ho ritenuto di non contestarle”. Il legale dei Renzi, l’avvocato Federico Bagattini, aveva replicato affermando che “se avesse ritenuto quelle fatture troppo alte per il lavoro svolto avrebbe dovuto non pagarle”. Il padre e la madre di Matteo Renzi avevano scelto, invece, di non presentarsi in aula ma, tramite i loro legali, hanno depositato due memorie scritte.
Le memorie difensive dei Renzi – Nelle memorie difensive “i coniugi Renzi – spiegò Bagattini – hanno sostenuto quello che i loro difensori hanno già anticipato, e cioè che le due fatture sono assolutamente vere, relative a prestazioni effettivamente eseguite, e che tutte le tasse e le imposte relative a questa fatturazione sono state regolarmente versate”. “Ho sempre lavorato e dato lavoro: non ho avuto bisogno di avere il figlio premier per lavorare” e “chi dice il contrario mente” scrisse Tiziano Renzi in un passaggio della memoria consegnata al tribunale. “Non c’è nessuna fattura falsa – proseguiva Tiziano Renzi – solo tante tasse vere, tutte pagate fino all’ultimo centesimo: questo è oggettivamente esistente”. Laura Bovoli, invece, aveva scritto che “non sono abituata alle telecamere e vivo con profondo disagio tutto ciò che è accaduto negli ultimi mesi” in cui “sono passata da cittadina irreprensibile a criminale incallita” e “da nonna premurosa al ‘lady truffa’”. Nel febbraio scorso Tiziano Renzi e Laura Bovoli, accusati di bancarotta fraudolenta e false fatture, erano finiti agli arresti domiciliari nell’ambito di un’altra inchiesta della procura fiorentina sul fallimento di alcune cooperative che facevano capo a loro. Misura poi revocata l’8 marzo dal tribunale del riesame.