La misura - auspicata da tutta la maggioranza nella bozza di risoluzione al Def - dovrà fare i conti con le scarse risorse disponibili: costa 30 miliardi e anche eliminando tutti gli attuali benefici se ne recupererebbero solo 23. La base di partenza è un ddl firmato da Graziano Delrio e Stefano Lepri che nota come oggi la situazione normativa sia "paradossale", con norme "stratificate, spesso non note agli aventi diritto e di non semplice applicazione”
Non solo taglio del cuneo per i lavoratori e riordino delle agevolazioni fiscali, ma anche revisione dei sussidi alle famiglie. In vista della prossima manovra il governo sta studiando un assegno unico da 240 euro al mese per ogni figlio, dal settimo mese di gravidanza fino al compimento del 18esimo anno. Indipendentemente dal reddito e con un importo maggiorato di almeno il 40% nel caso di disabilità. Per i figli maggiorenni e fino al 26esimo anno, l’assegno scenderebbe a 80 euro. In questo modo l’esecutivo ritiene di poter dare un sostegno concreto alle famiglie, ma la misura – auspicata da tutta la maggioranza nella bozza di risoluzione al Def – dovrà fare i conti con le scarse risorse disponibili.
Non a caso, il governo sta valutando una revisione dell’intero sistema di bonus e detrazioni a supporto dei nuclei familiari. In pratica, per introdurre un assegno unico in linea con la proposta contenuta nel programma del Pd per le elezioni del 2018 e concretizzata in un ddl con Graziano Delrio e Stefano Lepri come primi firmatari sarebbe necessario eliminare 12 miliardi di detrazioni, 6 miliardi di assegni familiari, due miliardi di bonus di vario genere (da quello bebé a quello alla natalità passando per i sostegni alle rette degli asili). E le risorse così recuperate comunque non basterebbero, perché l’intero sistema di sostegno alle famiglie vale 23 miliardi e per realizzare l’assegno unico ne servono 30. Per questa ragione non è escluso che, come suggerito dal Forum delle famiglie, possano essere rivisti anche altri strumenti a sostegno del reddito come gli 80 euro, il reddito di cittadinanza e quota 100.
Il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, lunedì sera ha escluso che il bonus renziano verrà eliminato ma martedì, in audizione a Montecitorio sulle linee programmatiche del suo dicastero, ha spiegato che l’obiettivo è “un pacchetto organico” per la famiglia a partire dagli asili nido che hanno “un tasso di partecipazione troppo basso, uno dei grandi gap che l’Italia deve affrontare e superare”. Per il ministro della famiglia e delle pari opportunità Elena Bonetti è il momento giusto per un “family act” con “nidi gratuiti”, “lotta alla povertà educativa”, “congedo paternità da 10 giorni” e “assegno unico”. Tutte misure che, come ha riferito in più occasioni il ministro, saranno meglio dettagliate nella manovra e nei decreti attuativi con l’obiettivo di rimettersi in linea con le politiche dei partner comunitari.
“In altri Paesi europei le politiche di sostegno per i figli a carico sono semplici, ma anche più consistenti – si legge nella proposta di legge sull’assegno unico presentata da Delrio e Lepri, datata 4 giugno 2018 -. Nella gran parte dei Paesi dell’Unione europea gli assegni per i figli sono universali, non dipendono dalla condizione professionale e non si perdono in caso di disoccupazione. In Gran Bretagna il child benefit è previsto per tutti i figli a carico con un solo limite reddituale; in Germania ogni genitore riceve dallo Stato un assegno mensile per figlio indipendentemente dalla condizione occupazionale, il kindergeld, che si aggiunge eventualmente, in caso di povertà, alle misure di reddito o lavoro minimo. In Italia, invece, la situazione normativa è paradossale. Le norme sono stratificate, spesso non note agli aventi diritto e di non semplice applicazione”.
La proposta di legge non manca poi di passare in rassegna gli strumenti di sostegno alla famiglia in Italia e i loro limiti: “L’assegno al nucleo familiare è riservato ai dipendenti, ai pensionati e a poche altre categorie di lavoratori atipici – spiega il documento -. Esso si conserva durante il trattamento di disoccupazione ma si perde alla sua scadenza. Per le famiglie povere è previsto un sussidio specifico, ma solo a partire dal terzo figlio. Chi fa la dichiarazione dei redditi può beneficiare delle detrazioni per familiari a carico purché abbia un reddito superiore alla soglia di incapienza; pertanto chi non la supera non ha alcun vantaggio fiscale. Paradossalmente, i nuclei familiari più poveri e fragili sono anche quelli meno aiutati nella copertura dei costi per il mantenimento dei figli. Solo da questi brevi accenni si comprende la distanza che ci separa dagli altri Paesi dell’Unione europea in tema di tutela e riconoscimento di benefici per il mantenimento dei figli a carico”. Di qui l’idea di “superare la situazione descritta” mediante la previsione “dell’assegno unico per i figli a carico e della dote unica per i servizi a favore dei figli a carico”.
Tuttavia sull’ipotesi di riassetto degli incentivi alla famiglia, che in passato si era ipotizzato di affrontare con il quoziente familiare, il sindacato è molto cauto. In commissione affari sociali della Camera, il segretario della Uil, Domenico Proietti, ha detto di accogliere “molto favorevolmente” la proposta dell’omogeneizzazione della distribuzione delle risorse a sostegno delle famiglie concentrandole in un unico assegno per quelle con figli. Tuttavia, secondo la Uil, “in mancanza di chiarezza sulle modalità di reperimento delle risorse aggiuntive da destinare alla copertura dei nuovi interventi, c’è il rischio che il processo di trasformazione e ampliamento della platea degli aventi diritto penalizzi i lavoratori, le lavoratrici dipendenti ed i pensionati”.