di Sergio Ferraris*
Una passerella dell’impossibile che può e deve diventare possibile. Si potrebbe sintetizzare così l’appuntamento di “Ecofuturo in pillole” che si è svolto al ministero dell’Ambiente il 3 ottobre a Roma alla presenza del ministro Sergio Costa. Pillole perché Ecofuturo è un festival che ogni anno dura cinque giorni, con tre sessioni quotidiane, con una maratona ecologista in grado di sfiancare anche il più robusto dei “khmer verdi” del pianeta. Del resto non potrebbe essere altrimenti, visto che se il problema principale è uno, il clima, le cause sono centinaia e di conseguenza le soluzioni saranno migliaia.
È in questo pagliaio pieno di aghi che gli organizzatori di Ecofuturo, giunto alla sesta edizione, Fabio Roggiolani, Michele Dotti e Jacopo Fo cercano gli aghi/soluzioni più innovativi che spesso sono tecnologie e applicazioni già pronte. Ed ecco che allora in una mattinata si sono succeduti gli ecoinnovatori italiani, che le soluzioni le hanno già pronte e sono solo alla ricerca di applicazioni, di mercato ma soprattutto politiche.
Nella mattinata Ecofuturo è partito dai dragaggi innovativi che non inquinano, per arrivare all’isolamento termico della propria casa rapido e low cost, passando per i gioielli che uniscono oro e seta, in maniera ambientalmente e socialmente sostenibile. Un percorso che a prima vista potrebbe sembrare caotico e senza senso, ma che in realtà un senso lo possiede.
Queste esperienze, infatti, sono legate da un denominatore comune: abbassare la concentrazione di CO2 nell’atmosfera. Questo è un filo rosso, infatti, che unisce la maggior parte dei ricercatori impegnati nel mondo su ogni genere d’innovazione. È complicato, infatti, trovare un ingegnere aerospaziale, un progettista automobilistico o anche un artigiano 2.0 che non si pongano problemi ambientali e climatici. Ed è questa la costante che guida l’equipaggio di Ecofuturo e che è emersa chiara nell’incontro del 3 ottobre.
“Le tecnologie le abbiamo, i costi diminuiscono, ma ciò non basta per avviare un processo di decarbonizzazione – ha detto il presidente del Coordinamento Free, G.B. Zorzoli. La transizione deve essere condivisa e partecipata in modo che ci sia una pressione sui politici maggiore di quella di chi rema contro e si eviti l’effetto Nimby [Not in my backyard – Non nel mio giardino, ossia il rifiuto a tutte le innovazioni energetiche, anche rinnovabili, nda]”. Per fare ciò, secondo Zorzoli, è necessario promuovere l’autoconsumo specialmente collettivo. Tradotto, costruire dal basso comunità energetiche di persone che producono energia da rinnovabili e le autoconsumano scambiandola tra di loro.
“Ci sono delle novità politiche importanti – ha affermato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa – abbiamo il decreto clima che porteremo a casa la prossima settimana, nel quale poniamo le basi del New Green Deal con le quali tracciamo un percorso che, partendo dall’urgenza della questione climatica, ci servirà negli anni a venire e nella legge di stabilità abbiamo una serie d’impegni ambientali. Oltre ciò, nella nota di bilancio dei giorni scorsi il primo collegato è quello ambiente e ciò vuole dire che unendo tutti questi tasselli abbiamo un’occasione unica per dare un grande impulso alle questioni ambientali”.
E infine il ministro Costa ha lanciato una frecciata al mondo ambientalista e all’imprenditoria ecologica: “Datemi quegli elementi ragionevoli che appartengono alla sfera del possibile e non di ciò che si desidera. E ciò è rivolto in particolare alle imprese. Non serve la sagra dei desideri, fatemi l’elenco del possibile, facendo in modo che il possibile sia il più possibile vicino al desiderato, ma pur sempre possibile. Servono idee concrete che si possano mettere in queste tre leggi”. Il ministro Costa ha finito dicendo: “Non mi portate le relazioni, servono gli emendamenti. Fatemeli avere, li verificheremo sotto al profilo legislativo e li inseriremo”.
Immediata la replica del trio Roggiolani, Dotti, Fo, che ha consegnato all’istante al ministro un elenco tra i quali spiccano il plastic free, la produzione di CO2 dalle rinnovabili, la sostenibilità dei porti e le autostrade dei mari, passare dal biogas al biometano e sbloccare le rinnovabili permettendo la libera vendita delle energie rinnovabili nei sistemi di distribuzione chiusa per i privati. Dopo è proseguita la lunga sfilata di altre ecotecnologie, come il biogas non concorrente con gli alimenti che fissa CO2 nel terreno, i sistemi di naturalizzazione dell’acqua per evitare l’acquisto della minerale imbottigliata nella plastica, passando per gli orti bioattivi che consentono una produzione massiccia di ortaggi per anni tutta biologica.
Hanno concluso l’appuntamento i giovani. Per prime, le giovani donne del gruppo Clessidre Climatiche hanno presentato una petizione rivolta al Parlamento europeo affinché dichiari lo Stato d’emergenza climatica europeo che sia fatto di atti concreti e non di meri principi. Uno per tutte l’abbassamento dell’Iva sulle energie rinnovabili per renderle ancora più competitive. A seguire i giovani di Fridays for Future che hanno ribadito in un mondo che si avvia a diventare “green a parole”: “Ribadiamo la nostra fiducia nella scienza e nei numeri”. Numeri e scienza che nel caso clima sono ancora messi in dubbio da una sparuta pattuglia di negazionisti climatici, che supportano non poco le energie fossili.
*direttore di QualEnergia