Il taglio dei parlamentari è legge. La Camera ha dato il via libera definitivo alla riforma costituzionale che riduce i deputati da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200. In favore si sono espressi 553 deputati, 14 i contrari e solo due gli astenuti. Il disegno di legge, sostenuto e voluto dal Movimento 5 stelle, ha raccolto una maggioranza trasversale: per il sì si sono schierati, oltre ai grillini, anche Pd, Leu e Italia viva. Ma pure Fdi, Fi e Lega. I contrari sono tutti esponenti del gruppo Misto più una rappresentante di Forza Italia. Dieci i 5 stelle che non hanno partecipato al voto: quattro risultano in missione, cinque erano assenti, mentre Andrea Colletti è intervenuto in Aula per esprimere il suo dissenso con la riforma. Il renziano Roberto Giachetti invece, pur votando a favore, ha annunciato che raccoglierà le firme per indire un referendum che blocchi il testo.

E’ una giornata storica“, è la frase che hanno ripetuto i vari esponenti 5 stelle subito dopo l’approvazione del ddl. Oggi infatti si realizza uno dei punti fondamentali del programma elettorale del Movimento. Per festeggiare i grillini si sono radunati davanti a Montecitorio e hanno esposto uno striscione con le foto delle poltrone e accanto delle gigantesche forbici di cartone. “Meno parlamentari uguale più asili nido”, recitava uno dei cartelli. Si è unito alla festa, anche se a distanza, il premier Giuseppe Conte: “Quella del taglio ai parlamentari è una riforma che prelude anche a una maggiore efficienza dei lavori parlamentari“, ha detto nel corso delle dichiarazioni congiunte con il presidente designato del Consiglio Ue Charle Michel. “Ci attendiamo una maggiore vicinanza dei cittadini alle istituzioni. E’ un passaggio storico che, insieme ad altri progetti di riforma, prelude ad una maggiore efficienza del nostro sistema parlamentare”.

Luigi Di Maio, anche lui in piazza con i parlamentari M5s, ha parlato di “una grandissima vittoria per i cittadini italiani”. Ma si è anche rivolto agli alleati di governo: “Siamo stati e saremo sempre leali”, ha dichiarato il capo politico e ministro degli Esteri. “Abbiamo stabilito un percorso per mettere a posto i regolamenti della Camera e del Senato, le leggi elettorali, per fare in modo che si attivino tutti i pesi e contrappesi che servono a questa riforma. Si apre un problema di rappresentanza? Di questo discuteremo da domani”. L’approvazione della legge per il taglio delle poltrone in Parlamento era la condizione imprescindibile posta dai 5 stelle per far partire il governo Conte 2. In cambio, le forze di maggioranza hanno firmato un accordo per altre quattro riforme che facciano da contrappeso e che sono state illustrate nelle scorse ore all’interno di un documento condiviso.

Proprio partendo da quell’intesa, il segretario Pd Nicola Zingaretti ha spiegato come mai i dem abbiano deciso di cambiare il proprio voto dopo i no delle scorse tre letture: “La riduzione dei parlamentari”, ha dichiarato, “è una riforma che il centrosinistra e il Pd portano avanti, in forme diverse, da 20 anni. Oggi abbiamo deciso di votarlo tenendo fede al primo impegno del programma di governo e anche perché abbiamo ottenuto, così come da noi richiesto, che si inserisca dentro un quadro di garanzie istituzionali e costituzionali che prima non c’erano. Ecco il motivo del nostro sì, rispetto al no che avevamo dato qualche mese fa. Ora andiamo avanti per migliorare la vita degli italiani”. Tra i primi a commentare c’è stato anche il leader del Carroccio Matteo Salvini: “A differenza del Pd e dei 5 stelle, la Lega non tradisce e mantiene la parola”, ha dichiarato. In realtà, proprio la decisione dell’ex vicepremier della Lega di far cadere il governo gialloverde ad agosto scorso, ha rischiato di far saltare l’ultima approvazione del provvedimento.

Chi ha votato contro: 13 deputati del gruppo Misto e una deputata di Forza Italia. Dieci M5s non votano: 5 in missione e 5 assenti
Una maggioranza bulgara quella che ha dato il via libera definitivo alla riforma del numero dei parlamentari. Su 567 votanti sono stati 553 i favorevoli. I 14 no vengono tutti dal gruppo Misto oltre a quello di Marzia Ferraioli di Fi: Sara Cunial, Veronica Giannone, Carmelo Lo Monte, Fausto Longo, Vittorio Sgarbi, Gloria Vizzini, Silvia Benedetti, Catello Vitiello, Alessandro Fusacchia, Riccardo Magi, Alessandro Colucci, Maurizio Lupi e Renzo Tondo. Due gli astenuti: Bruno Tabacci del Misto e la dem Angela Schirò. Per quanto riguarda le singole forze politiche, nei 5 stelle risultano in missione 4 deputati (Francesca Businarolo, Federica Dieni, Maria Marzana e Leda Volti) mentre non hanno partecipato al voto: Sebastiano Cubeddu, Massimiliano De Toma, Paolo Giuliodori, Stefania Mammì e Roberto Rossini. Anche il deputato Andrea Colletti risultava in missione, ma è in realtà intervenuto in Aula per esprimere il suo dissenso: “Non posso non votare contro questa riforma”, ha detto. Salvo poi decidere di non partecipare al voto.

Nel Pd non hanno partecipato al voto Micaela Campana, Paolo Gentiloni e Francesca La Marca. Nessun deputato democratico risultava in missione. Due deputati di Italia Viva non hanno partecipato al voto (si tratta di Nicola Carè e Massimo Ungaro) e poi Rossella Muroni di Leu. La più corposa compagine dei non partecipanti al voto è quella azzurra con 25 deputati, i leghisti sono 8 (Virginio Caparvi, Luis Di San Martino Lorenzato, Cristian Invernizzi, Donatella Legnaioli, Augusto Marchetti, Carlo Piastra, Tiziana Piccolo e Adolfo Zordan), uno di Fdi (Salvatore Caiata).

Il primo firmatario M5s delle legge Fraccaro: “Ora si apre una nuova stagione di riforme”
Il sottosegretario alla presidente del Consiglio Riccardo Fraccaro è anche stato il primo firmatario della riforma e, fin dalla scorsa legislatura, è stato in prima linea per il taglio delle poltrone. “È il giorno che aspettiamo da sempre”, ha dichiarato. “Con il sì trasversale delle forze politiche alla riduzione dei parlamentari il M5s fa la storia di questo Paese, scrivendo una stupenda pagina di democrazia. Dopo oltre trent’anni di promesse mancate il taglio di deputati e senatori è realtà: inizia una nuova stagione politica, ora al centro ci sono i cittadini”. Quindi ha garantito “il massimo impegno per quella che sarà a tutti gli effetti una legislatura costituente”. Secondo Fraccaro, ha continuato, “le riforme possono rappresentare l’elemento caratterizzante della maggioranza, a partire proprio dal taglio dei parlamentari che dimostra concretamente la volontà di mettere il bene comune davanti alle poltrone. L’Italia non sarà più lo Stato con il maggior numero di rappresentanti direttamente eletti in Europa e, con 400 deputati e 200 senatori, migliorerà di molto la qualità della rappresentanza. Soprattutto, le Camere saranno in grado di rispondere meglio alle istanze del Paese garantendo più efficienza e produttività al processo legislativo. Il M5s, nel decimo anniversario della sua fondazione, porta a compimento una sua battaglia storica ma con questa riforma epocale vincono i cittadini, che hanno chiesto e ottenuto un segno tangibile della capacità della politica di autoriformarsi“.

Il caso Colletti: interviene in Aula per annunciare il voto contrario, poi non partecipa. E dice: “Ci sono altri colleghi M5s che hanno dubbi”
L’unico dal fronte 5 stelle a intervenire in linea contraria rispetto al gruppo è stato il deputato 5 stelle Andrea Colletti. “Ci sono altri colleghi nel mio gruppo che hanno dubbi”, ha esordito il parlamentare al secondo mandato, “e mi faccio latore anche dei loro dubbi”. Colletti, nel corso del suo discorso, si è domandato se non fosse meglio puntare ad altre riforme, per esempio al superamento del bicameralismo perfetto o al monocameralismo. “Avrebbe portato a risparmi molto superiori” e a una maggiore efficienza. “E poi è più efficiente un Senato di 200? Come faranno a svolgere ruolo di controllo? Saranno più esposti alle lobbies. Questo dibattito avrebbe dovuto essere fatto, ma non è stato possibile farlo”. Quanto ai “correttivi” su cui si è accordata la maggioranza “andavano inseriti nella riforma, perché stiamo parlando della Costituzione, non di un Regolamento di Condominio”. Il grillino ha anche detto “non posso non votare contro questa riforma”, lasciando intendere di essere pronto a esporsi tra i contrari. Ma alla fine ha deciso di non partecipare.

Pd annuncia il voto a favore, proteste dai banchi di Fdi e Lega. E il renziano Giachetti annuncia che chiederà referendum contro la legge
E’ spettato al capogruppo Pd Graziano Delrio spiegare all’Aula la decisione Pd di cambiare posizione e votare a favore del taglio dopo che nelle scorse tre letture hanno invece votato contro: “Noi pensiamo che il Parlamento sia la casa della democrazia”, ha detto nel suo intervento mentre dai banchi del centrodestra partivano le proteste, “e pensiamo che chi è qui oggi rappresenti a pieno titolo i cittadini, e la nostra idea non è cambiata, il nostro no precedente, era convinto, a difesa di queste cose. Ora diciamo convintamente sì” al taglio dei parlamentari “perché abbiamo ottenuto quelle garanzie”. Il riferimento era appunto all’accordo di maggioranza stretto nelle scorse ore che prevede, tra le altre cose, la riforma della legge elettorale. “Le garanzie”, ha chiuso Delrio, “sono arrivate attraverso un lavoro serio che ha trovato una sintesi efficace, che dice che le storture che ci portavano a dire no verranno corrette immediatamente, a ottobre verranno inserite le nostre proposte. Abbiamo chiesto una revisione del sistema elettorale e l’accordo prevede di dare più centralità al ruolo del parlamento, c’è stato un reale cambio di passo, avremmo voluto anche una revisione del bicameralismo perfetto, ma questa è una discussione che possiamo fare nei prossimi mesi”.

Anche i renziani, nonostante la scissione dal Pd, hanno deciso di sostenere il taglio dei parlamentari. Anche se il deputato Roberto Giachetti ha annunciato che raccoglierà le firme per chiedere un referendum. “Non c’è dubbio alcuno che il nostro sistema vada riformato, lo si dice da decenni e lo si è tentato di fare, e più andiamo avanti e più il ritardo è colpevole. E’ il taglio dei parlamentari la risposta? E’ evidente che non lo è. Lo sappiamo tutti che la risposta sarebbe il superamento del bicameralismo”. Giachetti ha tre mesi di tempo, bisogna vedere se Italia viva deciderà di sostenerlo o meno.

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