L'opera nasce dal paradosso di un duello tra la ex cover girl di Vogue, che a 75 anni aspira solo a sparire dai riflettori, e suo figlio filmmaker, Beniamino Barrese. Dal London Film Festival alle sale italiane
Perché continuare a fotografare i tramonti senza viverli? “Alla fine sono tutti uguali quando immortalati, ciò che cambia è l’esperienza”. Al netto dell’ovvietà che trasuda da questa verità serve aggiungere una tara pesante: la sentenza arriva da una donna che si è creata e da sempre ha vissuto grazie alle immagini. Ma Benedetta Barzini, già prima top model italiana lanciata nei Sixties newyorkesi di Avedon e Vreeland, amica e musa di Warhol e Dalì, negli anni 70 convinta femminista e oggi docente e giornalista, si è da tempo emancipata dalla prigionia dell’immaginario cine-fotografico rilevandone tutta la sua ambiguità, facilmente mutabile in tossicità politica. Mai avrebbe creduto che a rinchiuderla nuovamente nel malefico obiettivo sarebbe stato il suo ultimogenito Beniamino, sangue del suo sangue, la nemesi perfetta.
Il documentario La scomparsa di mia madre di Beniamino Barrese nasce dunque dal paradosso di una sfida consanguinea, quella tra la ex cover girl di Vogue che a 75 anni aspira solo a sparire dai riflettori, e suo figlio filmmaker, animato dalla voglia di cogliere l’anima privata (e politica) di una mamma straordinaria e contestualmente di riflettere sulle potenzialità del dispositivo audiovisivo, spingendolo su territori di ambiziosi sconfinamenti.
Le ragioni sono tutte mirabilmente contenute nell’opera, così disobbediente alle regole del documentario classico eppure così pertinente rispetto al dibattito fra la “sostanza” della realtà e quella della sua rappresentazione immaginaria, che si fa certamente simbolo ma anche materia rilevatrice, come la semiotica insegna. Come uscirne?
“Facendo il film su mia madre mi sono messo inevitabilmente contro di lei, ma non mi sono arreso perché volevo trasmetterle che non tutto è negativo nella creazione delle immagini, specie nella loro “missione” di preservazione della memoria benché mia mamma si ostini a dire che ‘la memoria fa schifo’; ecco io volevo dimostrarle che si può ri-costruire – e salvaguardare – una Bellezza attraverso l’uso sapiente della riproduzione, serve solo sapersi emancipare dalla bulimia delle immagini da cui siamo invasi e pervasi”.