La decisione della Grande Chambre sull’ergastolo ostativo non poteva che scatenare commenti durissimi se si pensa che le mafie hanno ucciso migliaia di volte e in ogni modo, hanno infiltrato le istituzioni. I fratelli dei magistrati uccisi nelle stragi del 1992 si dicono preoccupati insieme a un lungo elenco di persone che hanno fatto della lotta alla mafia un impegno civile e professionale.
“Desta preoccupazione la sentenza della Grande Chambre… Le mafie italiane hanno peculiarità tali da aver indotto il legislatore ad adottare normative come quella che nega i benefici agli ergastolani per reati di mafia che non collaborino con la giustizia. Un automatismo che – dice Maria Falcone, sorella del giudice ucciso a Capaci dalla mafia e presidente della fondazione che del magistrato porta il nome – deriva proprio dalla natura del tutto singolare della criminalità organizzata nel nostro Paese, una singolarità che purtroppo abbiamo imparato a conoscere in anni di violenze, morti, terrore e sopraffazione. La parola – aggiunge – passa ora al legislatore italiano che dovrà adeguarsi alle indicazioni della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Alla politica tutta, senza distinzioni di colore, rivolgo un appello a trovare una soluzione che non vanifichi anni di lotta alla mafia e che sappia contemperare i diritti con la sicurezza dei cittadini. Legare la concessione dei benefici carcerari a un generico ravvedimento, indipendente dalla collaborazione con la Giustizia del detenuto, è un concetto molto rischioso. – conclude Maria Falcone – Come pericoloso è concedere premialità che possono vanificare gli effetti del carcere duro, una misura nata dopo le stragi del ’92 che ha consentito di spezzare i legami tra i boss detenuti e i clan”.
“Un regalo che neanche l’Italia aveva mai fatto alla mafia – commenta Salvatore Borsellino – Era una richiesta che la mafia aveva fatto col papello ma non era riuscita ad ottenerla, ora ci sono riusciti con l’Europa. Falcone e Borsellino hanno fortemente voluto il carcere a vita per i mafiosi perché conoscevano bene la criminalità organizzata e i suoi meccanismi – aggiunge – . L’Europa non ha leggi avanzate come quelle italiane su questo tema e legifera su cose che non conosce, su cui non ha abbastanza esperienza. Purtroppo questa era una sentenza attesa e mi darebbe amarezza se non fosse che in 27 anni ne ho ingoiate tante di amarezze”. Magistrati come Nino Di Matteo, politici come Alfonso Bonafede e Nicola Morra, ex presidenti del Senato ed ex procuratore capo di Palermo come Piero Grasso hanno manifestato tutta la loro preoccupazione per il verdetto.
Dall’altra parte c’è chi, come lo storico avvocato del boss Bernardo Provenzano, accoglie con soddisfazione la decisione: “Meno male che c’è la Cedu” dice Rosalba Di Gregorio all’Adnkronos. “Per Provenzano – ricorda il legale – la Cedu ha riconosciuto una parziale responsabilità dell’Italia. Se la Corte europea fosse intervenuta prima della sua morte, quanto meno l’ultimo periodo di sofferenza disumana Provenzano se lo sarebbe evitato probabilmente. Certo, a morire, moriva lo stesso… ma almeno l’Italia avrebbe evitato una figuraccia”. Quella della Corte europea dei diritti dell’uomo, dunque, secondo l’avvocato Di Gregorio, è “una decisione senza dubbio giusta, anche perché non mi risulta che, nonostante il governo nuovo, abbiano abrogato la funzione rieducativa della pena dalla Costituzione. E se non l’hanno abrogata – conclude – vuol dire che siamo tutti incostituzionali”.
“Con questa ultima pronuncia viene nuovamente ribadito il concetto che per la nostra Costituzione in Italia non si marcisce in galera e che l’ergastolo è ammissibile nella misura in cui è consentito al detenuto, se meritevole, l’accesso ai benefici previsti dall’ordinamento penitenziario, nessuno escluso” dichiara all’Ansa l’avvocato Davide Steccanella, difensore sia di Renato Vallanzasca sia di Cesare Battisti, l’ex terrorista. Nei confronti di Battisti, lo scorso maggio, la Corte d’Assise d’appello di Milano, nel respingere la richiesta del legale di commutare la pena definitiva del carcere a vita in 30 anni, ha ribadito che nel caso dell’ex Pac, condannato per quattro omicidi commessi alla fine degli anni ’70 e arrestato dopo 37 anni di latitanza lo scorso gennaio in Bolivia, l’ergastolo non era ostativo alla richiesta dei benefici.
La normativa sull’ergastolo ostativo è “incostituzionale” e ora dopo la sentenza della Corte di Strasburgo il legislatore deve modificarla. Se non lo facesse rischierebbe “nuove condanne”, ma “penso che il problema sarà risolto dalla Corte costituzionale”, che sulla questione si pronuncerà a breve dice all’Ansa il presidente emerito della Consulta Valerio Onida, che ha fatto parte del collegio di difesa di Marcello Viola, l’ergastolano che con il suo ricorso ha portato alla pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo.