Una volta c’erano i Valli d’Adriano, le Muraglie Cinesi, le linee Maginot, le Cortine di Ferro. Adesso, il confine tra guerra e pace, tra giusto e iniquo, può essere labile e sottile come un tweet: tra quello con cui il presidente degli Stati Uniti Donald Trump annuncia il ritiro dalle truppe americane dalla Siria – perché è tempo di riportare a casa i ragazzi da quelle guerre “lontane e inutili” – e quello con cui, poche ore dopo, fa una capriola che sarebbe solo comica se non rischiasse di essere tragica e ridimensiona tutto. Nessun ritiro, ma il ripiegamento d’una cinquantina di uomini (su un migliaio).
Ora, sono 30 mesi e passa che il magnate presidente annuncia cose che non diventano mai vere perché semplicemente poi non le fa (o non ci riesce, o cambia idea). E quindi non dovremmo troppo stupirci della retromarcia, innescata dopo che consiglieri e militari di buonsenso gli hanno forse spiegato la situazione.
In Siria, la guerra “lontana e inutile” non è quella civile siriana, di cui, in fondo, agli americani è sempre importato poco – Barack Obama per primo la affidò a Vladimir Putin, dopo essersi incartato nella reazione, minacciata e non effettuata, a un attacco chimico dei lealisti di Bashar al-Assad.
La guerra cui Trump faceva riferimento era quella contro il sedicente Stato islamico, l’Isis dell’autoproclamato califfo Abu Bakr al-Baghdadi: un conflitto combattuto nei cieli dagli americani e dai loro alleati occidentali, ma sul terreno appaltato – in cambio di promesse comunque non mantenute – ai curdi, che difesero Kobane, riconquistarono Raqqa, presero Baghouz, ultimo baluardo dei miliziani jihadisti. E gli integralisti, più che nemici loro, erano nemici nostri.
Ritirare ora il migliaio di americani sul terreno in Siria significava lasciare che la Turchia entrasse in Siria senza imbarazzi e iniziasse, con la scusa di combattere il terrorismo, a combattere i curdi, che fin quando servivano erano eroi da cantarne le gesta e ora sono una minaccia per la democratura di Recep Tayyp Erdogan, con quel loro sogno folle di una patria curda a cavallo tra Turchia, Siria, Iraq e Iran – roba che lì hanno solo nemici.
Il primo tweet solleva le chiuse all’invasione (turca); il secondo le tiene giù. Perché se “neutralizzi”, come si dice nei comunicati, un po’ di curdi, non ti bada nessuno; ma se ti capita di accoppare qualche militare americano, poi lo senti il magnate showman.
We may be in the process of leaving Syria, but in no way have we Abandoned the Kurds, who are special people and wonderful fighters. Likewise our relationship with Turkey, a NATO and Trading partner, has been very good. Turkey already has a large Kurdish population and fully….
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 8 ottobre 2019
Il torto e la ragione? La giustizia e l’ingiustizia? Nei tweet di Trump e di Erdogan non c’è spazio per l’etica e la filosofia.