Daniele D’Alfonso, che chiamava "semina" la distribuzione delle mazzette ai politici, ha svelato agli inquirenti che il "pagamento" della bustarella per l'azzurro "avvenne attraverso l'emissione della falsa fattura"
Il 18 settembre scorso la Camera ha detto no all’arresto del deputato di Forza Italia, Diego Sozzani, ma dalle carte dell’inchiesta continuano ad arrivare conferme sull’ipotizzato pagamento di una mazzetta di 10mila euro. Così l’imprenditore della Ecol service Daniele D’Alfonso, quello che chiamava “semina” la distribuzione delle mazzette ai politici, ha svelato che il “pagamento” della bustarella per l’azzurro “avvenne attraverso l’emissione della falsa fattura” e le “modalità di pagamento mi vennero indicate prima” da Nino Caianiello, considerato il dominus del sistema di tangenti in Lombardia dalla procura di Milano, “poi da Sozzani che mi mise in contatto con Mauro Tolbar”, presunto collettore delle tangenti. Tra gli atti dei pm quel bonifico allegato c’è.
Il caso Sozzani, l’elezione la telefonata e il bonifico – Il caso Sozzani ha il suo inizio il 29 gennaio 2018. Le elezioni politiche sono alle porte e Sozzani parla al telefono con l’imprenditore per accaparrarsi appalti nel settore dei rifiuti e delle bonifiche ambientali. Spiega di essersi candidato “in un seggio sicuro”. Pochi giorni dopo, il 6 febbraio, il forzista chiama l’imprenditore e gli domanda fuori dai denti: “L’eventuale tuo aiuto quanto potrebbe essere? Perché devo fare il … la cifra finale”. A occuparsi della questione, secondo i magistrati, sarà appunto Mauro Tolbar, collaboratore dello studio tecnico di cui Sozzani è titolare. Sozzani viene eletto, il 5 marzo Tolbar chiama l’imprenditore: “Siamo dentro… Diego è passato…”. Quattro giorni dopo Tolbar alza di nuovo il telefono e illustra il modo in cui, secondo i pm, i soldi vengono versati. Lo hanno fatto attraverso l’amministratore della Estro Ingegneria di Milano, “il quale invierà via mail una fattura per operazioni inesistenti a D’Alfonso – che quest’ultimo pagherà come concordato con bonifico bancario – proprio al preciso fine di celare l’illecito finanziamento promesso al neo parlamentare”.
La fattura è datata 8 marzo. Il bonifico, eseguito da D’Alfonso, ammonta a 12.688 euro parte il 22 marzo. La dazione di denaro è di 10mila euro, annotano i magistrati, mentre i 2.500 costituiscono la quota concordata dal titolare della per la sua mediazione, “pari al 25% della somma complessiva”. I rimanenti 188 euro? “Aggiunti per non indicare una cifra tonda e rendere credibile il pagamento”. A quel punto il titolare di E.s.t.r.o, Alessandro Beniamino Crescenti, secondo la ricostruzione della procura, “monetizza l’incasso e lo consegna, in contanti ed in diverse tranche, a Tolbar che provvederà alla consegna al destinatario finale”. Ovvero Sozzani. Il 23 marzo Tolbar invia una mail al titolare della E.s.t.r.o. in cui scrive: “Ciao, in allegato il pagamento della fattura” ovvero, annotano i pm, “la contabile del bonifico bancario dell’importo di 12.688,00 euro”. Un documento finito nella richiesta di custodia cautelare: “Il P.M. nella propria richiesta ha riportato la scannerizzazione del documento relativo ai movimenti del conto corrente n. xxxxxxxxxxxx della Banca Popolare di Sondrio, intestato alla E.S.TR.O. Ingegeria Srl. (…) – scrive il gip nell’ordinanza – da cui si evince l’accredito di 12.688,00 euro a fronte di pagamento della sopra citata fattura da parte della Ecol Service Srl”.
È il passaggio di denaro che per la procura è alla base del reato contestato in concorso a D’Alfonso, Sozzani e Crescenti: il titolare della Ecol Service lo effettua “in assenza della prescritta delibera da parte dell’organo sociale competente e senza annotare l’elargizione stessa nel bilancio di esercizio“. In pratica, spiegano ancora i magistrati, “l’occulta erogazione di utilità a favore del pubblico ufficiale è stata dissimulata attraverso accordi con società di comodo formalmente giustificativi del pagamento”. Di qui la contestazione del finanziamento illecito. Che trova nella confessione di D’Alfonso un’altra conferma nell’ipotesi dell’accusa.
L’imprenditore: “Sozzani presentato da Caianiello” – D’Alfonso, davanti ai pm Silvia Bonardi e Luigi Furno, il 18 giugno scorso, l’imprenditore ha raccontato che il deputato Sozzani “mi venne presentato da Caianiello prima delle politiche del 2018, me lo presentò come referente di Forza Italia a Novara. Mi disse – ha aggiunto – che Sozzani aveva già lavorato con altre aziende che come la mia operavano nel settore delle bonifiche. Mi chiese di incontrarlo in modo tale da poter espandere la mia attività commerciale anche sul Piemonte”. E ancora: “Io spiegai a Sozzani l’operatività di Ecol service, Caianiello mi disse però che dovevo dare ‘una mano a Diego’ che in quel momento era impegnato nella campagna elettorale, e fu sempre Caianiello a quantificare in 10mila euro la somma del finanziamento poi erogato“. D’Alfonso ha ammesso che “è corretta la ricostruzione dell’ordinanza di custodia cautelare”. Fu sempre Sozzani, secondo D’Alfonso, “che mi mise in contatto con Gallina (Andrea, ndr)”, ex ad di Acqua Novara Vco, società municipalizzata, “dicendomi che lui era un suo uomo, nel senso che lui era particolarmente vicino nonostante fosse della Lega”. L’accordo con Gallina (indagato), ha messo ancora a verbale l’imprenditore, “era di ampio raggio” perché riguardava anche “altri futuri affidamenti da parte della municipalizzata”.
I presunti “fondi neri” di Caianiello sarebbero stati dirottati in Svizzera. Stefano Besani, avvocato che finì ai domiciliari per una presunta corruzione, ha raccontato il 25 luglio al pm Luigi Furno che, durante un incontro a Lugano con l’imprenditore Leonida Paggiaro, quest’ultimo “mi disse che in Svizzera” c’era tale “Rosiello” che “deteneva il nero di Caianiello”. In particolare, Paggiaro gli avrebbe detto: “non sente nell’aria l’odore dei soldi di Caianiello?”. Al pm che gli ha chiesto “di cosa pensava che vivesse Caianiello negli ultimi 8 anni”, Besani ha risposto: “Pensavo che vivesse di tangenti”. Il presunto “manovratore” del sistema, che avrebbe incassato soldi (“retrocessioni”) dalle persone che piazzava anche con incarichi professionali nelle società pubbliche, sta collaborando da settimane con i pm.
L’imprenditore: “Per Europee due bonifici per Tatarella” – D’Alfonso ha parlato anche di Pietro Tatarella. L’ormai ex consigliere comunale milanese ed ex vicecoordinatore lombardo di FI, “sapeva dell’ottenimento degli appalti” in Amsa, l’azienda milanese dei rifiuti, “per il tramite di De Cillis (Mauro, ndr)”, ex responsabile operativo dell’azienda, “sapeva che De Cillis era a disposizione per risolvere problemi e per chiudere determinate commesse”. Tatarella, ha aggiunto l’imprenditore nei passaggi degli interrogatori sugli appalti truccati dell’Amsa, “sapeva che io pagavo Salerno”, dipendente e sindacalista di Amsa, “con dazioni in denaro” e che “assumevo” i lavoratori che gli indicava. Tatarella, secondo l’accusa, sarebbe stato ‘a libro paga’ di D’Alfonso, che ha confermato: con quei “pagamenti”, ha spiegato, “mi avrebbe procurato ulteriori occasioni di lavoro”.
“Col nero – ha messo a verbale l’imprenditore – erano state pagate parte delle spese elettorali connesse alla stampa e spedizione dei santini di Tatarella nel 2016″. E “sempre in contanti pagai nel 2016 una somma di circa 70mila euro per far fronte alle spese della campagna elettorale di Tatarella a consigliere comunale”. L’imprenditore, infatti, riteneva che “facendo fronte a questi pagamenti avrei mantenuto ottimi rapporti con lui e mi avrebbe procurato ulteriori occasioni di lavoro, cosa che poi ha effettivamente fatto presentandomi Salerno e, grazie a lui, De Cillis”.
E così ancora “per quanto riguarda le Europee ho effettuato a favore di Tatarella due bonifici per circa 17mila euro, gli avevo dato l’uso di carte di credito e della carta carburante, senza limiti di spesa”. D’Alfonso ha confermato, inoltre, anche un presunto finanziamento illecito per Fabio Altitonante, consigliere lombardo ‘azzurro’, finito ai domiciliari e poi tornato libero, e “Tatarella era perfettamente a conoscenza” anche di questa “operazione”. In più, l’imprenditore ha ammesso anche il versamento illecito per Angelo Palumbo, anche lui consigliere lombardo di FI e indagato nella tranche della maxi indagine appena chiusa: “In una occasione elettorale mi ringraziò anche per il denaro che aveva ricevuto, e da lì ho capito che sapeva perfettamente della contribuzione“.
AGGIORNAMENTO
L’Avv. Giuseppe Iannaccone, a confutazione delle dichiarazioni rese dall’Avv. Stefano Besani, precisa che i dottori Vito e Luca Rosiello non hanno in alcun modo mai avuto a che fare con la gestione di presunti fondi neri del sig. Caianiello, né con quest’ultimo hanno rapporti, né soprattutto sono mai stati coinvolti nel procedimento che lo riguarda”